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mercoledì 27 maggio 2020

“Gli uomini di più ampio intelletto sanno che non c’è netta distinzione tra il reale e l’irreale, che le cose appaiono come sembrano solo in virtù dei delicati strumenti fisici e mentali attraverso cui le percepiamo.” (H. P. Lovecraft, “La Tomba”)

venerdì 9 settembre 2016

Evvai...a braccetto con Thanatos


Esiste un detto: "Se incontri il Buddha uccidilo” ed è vero, semplicemente perchè il divino è dentro di te. Aggrapparci a colui che identifichiamo come maestro ci porta a venerarlo come un idolo, a concentrare i nostri sforzi nell'imitarlo, a non smettere di seguirlo dappertutto. Diventa per noi la 'copertina di Linus' che ci conforta, ci aiuta a stare bene; è il nostro placa ansia sin che c'è non ci preoccupiamo e, in fondo, non del tutto viviamo la nostra vita, deleghiamo e così finiamo per non trovare mai la nostra strada.
 La rara e difficile via dell'illuminazione è assolutamente personale e, dopo aver frequentato un maestro, qualunque esso sia, bisogna abbandonarlo. Arriva un momento in cui sei costretto a dire a te stesso: BASTA! È la tua anima che te lo chiede e ti implora. L'uccisione metaforica del Buddha deve avvenire all'interno della nostra mente (che si chiama mente perché mente), non necessariamente nel cuore. Significa superare il mito del maestro, il mito del guru, il mito dello psicoterapeuta o della guida spirituale. Significa essere finalmente adulti autonimi e consapevoli. Occorre abbandonare (sempre in senso metaforico) anche i genitori e tutte quelle figure paterne e materne di cui ci siamo circondati. Significa saper rinunciare al comodo ruolo di figlio, di discepolo e di eterno studente. Significa smettere di essere un Peter Pan (di cui è giusto mantenere solo l'aspetto ludico nel prendere la vita come un gioco e lo sguardo aperto alla meraviglia tipico del bambino) ma è opportuno distruggere la speranza che qualcun altro, all’infuori di noi, possa essere il nostro mentore e padrone. Perciò, se incontri un Buddha, uccidilo. Se incontri un tuo antenato, uccidilo. Non avere legami, non essere schiavo di nessuno. Vivi semplicemente la tua vita e lascia tutte le zavorre: del passato, delle religioni, delle imposizioni, degli schemi precostituiti. Abbandona tutti i tuoi attaccamenti, tutti i tuoi lagami e sii finalmente libero e leggero. Tu sei unico e inimitabile; perciò non attaccarti a niente e a nessuno, neppure ai sentimenti -che anche quelli fanno parte della matrix- perché tutto è vanità, l'unico amore possibile è quello che trascende ed è libero, autentico e incondizionato. Lo riconosci facilmente perchè non è geloso, non è possessivo, non chiede mai, anzi, dona senza sforzo e ciò gli basta; tutto il resto è fuffa: è tutto un trucco! Non cercare l'anima gemella, il compagno/a della vita. Piuttosto ama te stesso e tutto verrà di conseguenza. Hai tutto dentro di te, se ti ami sei anche in grado di amare il tuo prossimo e ciò basta e avanza. Soprattutto impara a guardare la morte come la compagna che viaggia poco dietro di te, che ti segue da quando nasci ed è lì, alla tua sinistra (il lato del nagual) da sempre. Perciò non devi temerla; piuttosto danza con lei, gioca a scacchi con lei, parla con lei, renditela amica e alleata chè tu sei eterno e immortale proprio grazie a lei.

domenica 28 agosto 2016

difendiamoci dagli dei*


Nella maggioranza delle religioni questi esseri sono generalmente definiti “spiriti”,sia pure con tanti nomi diversi e tipologie differenti, in quanto sono  sempre tenute in considerazione le grandi differenze esistenti fra di essi.  I Greci e i Romani sono stati coloro che più si sono avvicinati alla realtà nel chiamarli semplicemente “dei”, sebbene riconoscessero che questi spiriti potevano assumere forme corporee e che ci fossero anche tutta una serie di deità minori, soggette agli dei maggiori.
Le mitologie di tutti i popoli non sono altro che i ricordi deformati  di fatti accaduti migliaia di anni fa. 
L’Universo è come una scala infinita che parte da esseri elementari, imperfetti,   fino ad arrivare ad esseri perfetti; alla base troviamo la “materia”,  e alla cima il “regno dello spirito”, sopra il quale ci dovrebbe essere l’Entità che gli uomini chiamano, infantilmente, Dio.
Dio non  può essere definito, spiegato, dissezionato, reificato; è qualcosa di diverso da tutto ciò che la mente umana possa concepire o immaginare.  Se non fosse così, l’essenza stessa di Dio sarebbe  svuotata della sua Unicità.
Possiamo pensare a più scale nell’Universo per la moltitudine degli esseri che vi vivono.  L’uomo è un gradino di una di queste, mentre gli dei sono ad un gradino superiore molto probabilmente di un’altra e, per quanto si evolva o si reincarni su questo o su un altro pianeta, secondo varie credenze,  non  potrà mai passare alla scala di questi dei che, nel corso della storia,  hanno interferito e continuano ad interferire nelle vicende umane.
Sulla stessa scala dell’uomo, ai gradini inferiori, troviamo altri componenti e regni della Natura, il minerale, il vegetale, l’animale, l’organico, l’inorganico, ecc. e possiamo notare  che fra di essi vi è una gradazione, un passaggio modulato.  Infatti, ci sono molte creature che danno l’impressione di appartenere a due regni diversi o di essere una specie di ponte tra i due; è il caso degli aminoacidi, di certi funghi, dei coralli, delle proteine.
La composizione fisica del corpo umano non è che un compendio delle sostanze della Natura; dagli elementi semplici studiati dalla fisica e dalla chimica, fino alle profondità psichiche studiate dalla psicologia o alla grandezza mistica di cui ci parlano le religioni.
L’umanità ha sempre creduto e continua a credere che esistano esseri misteriosi, intelligenti, che si manifestano agli uomini in determinate occasioni con innumerevoli sembianze e modi di agire.  Questi esseri, provenienti  da altre dimensioni o piani di esistenza, appartengono ad altre scale cosmiche, diverse da quella umana; la loro evoluzione e ascensione verso  gradi di maggiore  maturità  e intelligenza si svolge su percorsi diversi, seppure in qualche modo paralleli a quelli umani. Questa, probabilmente, è la ragione per cui, a volte, avviene un certo contatto reciproco fra il nostro e il loro mondo,  le nostre e le loro vite.
Si è detto che gli dei sono esseri che, sia pure nella loro particolare scala evolutiva, sono ad un gradino superiore, o più elevato,  degli uomini; tuttavia ciò non vuole dire che siano superiori a noi in tutto. Certo lo sono in alcune manifestazioni di intelligenza, di forza o di potere; ma, per quanto riguarda l’etica, quella che definiamo “moralità” è tutta da riconsiderare  criticamente.
I valori fondanti delle specie viventi sono molti e molto diversi fra loro; possono addirittura esistere e funzionare in una determinata scala cosmica ed essere totalmente sconosciuti e incomprensibili ai componenti di altre scale.
Il termine “superiori”, quindi parlando degli dei, va inteso in modo relativo.  Superiori in conoscenze, in poteri fisici e psichici, in energia, ecc., ma non in virtù o valori morali vigenti tra gli esseri umani perché, spesso, le loro intromissioni sono molto negative per noi.
In sostanza,  questi “dei” sono molto lontani dalla perfezione; sono anch’essi creature dell’Universo in evoluzione.
Fra il loro mondo e il nostro o, detto in altro modo, fra la loro dimensione e la nostra, o fra il loro piano di esistenza e il nostro vi sono delle barriere fisiche per cui, molto spesso, il loro agire appare strano e incomprensibile per noi ed una di queste è sicuramente il nostro tempo, al quale si adeguano con grande difficoltà.
Non sono immortali, nel senso che noi diamo a questa parola, anche se i Greci e i Romani li ritenevano tali.  Sembra che la  permanenza “in vita” al loro piano cosmico sia molto più lunga della nostra terrestre; tuttavia anche per loro, giunge il momento in cui muoiono o abbandonano lo stato di dei, dovuto, probabilmente, ad una legge generale del Cosmo.
Nel  Cosmo tutto si rinnova costantemente, secondo una tendenza ascendente - non in senso geografico o geometrico - bensì dal “materiale” allo “spirituale”, dal meno “intelligente”, al più “intelligente, dal “ piccolo, imperfetto e debole” vero il “grande, perfetto e forte”.  Quando un essere vivente, nel corso della sua evoluzione, giunge  al gradino della coscienza o della intelligenza deve volere responsabilmente andare avanti nell’ascesa e il non farlo invece, sembra che comporti un arretramento sulla sua scala o addirittura qualche forma di sanzione.
Il movimento di ascesa non è sempre costante e uniforme, ma sembra realizzarsi, almeno in molte occasioni, a scale, a tappe, ad impulsi, tanto che si potrebbe dire che sia  ondulatorio o a spirale e che, a periodi di massimo avanzamento, se ne susseguano altri di stasi o di apparente retrocessione. Ciò potrebbe essere una valida spiegazione della morte che, dall’uomo è considerata come un male, ma che dal punto di vista cosmico è un passaggio al gradino superiore della scala di un essere soggetto alla legge di ascensione ed evoluzione. Considerata nel contesto cosmico, la morte è solo un sintomo della costante pulsazione della Vita  nell’intero Universo.
Quando un essere umano ha una visione reale di qualsiasi tipo, la sua psiche subisce profonde alterazioni, non sempre visibili.  Sarebbe meglio dire che,  quando  è vittima di un’apparizione,  per quanto lui si senta invaso dalla presenza divina, subisce una violazione psichica e forse anche fisica.
L’alterazione più profonda che il suo cervello registra si trasforma spesso in una forma depressiva mascherata che lo spinge sovente ad abbandonare la famiglia, la professione e, nei casi più gravi, al suicidio, anche se all’inizio si era presentata come una esperienza positiva che ampliava la sua intelligenza e le sue qualità mentali e psichiche.
Se possedessimo strumenti sufficientemente sensibili, potremmo percepire nel cervello di questo “prescelto” delle onde elettromagnetiche che non sono presenti nel cervello umano normale.
Le persone definite psichiche dalla parapsicologia, mistiche dalla religione, medium dallo spiritismo, contattati dall’ufologia, o con il termine generico illuminati, emettono tutti, senza eccezione con una potenza superiore al normale, un tipo di onde di frequenza e lunghezza specifiche che hanno il potere di alterare, anche incoscientemente, il meccanismo cerebrale dei discepoli e dei seguaci in genere.
 Il cervello del “maestro” o del “veggente”, quale potente emittente, in modo totalmente automatico e incosciente, invia nell’aria le sue onde che producono l’effetto di un vero e proprio bombardamento cerebrale, condizionando i seguaci.
E' importante però ricordare che gli dei non sono i "creatori dal nulla" del fenomeno della irradiazione straordinaria della mente degli illuminati poichè tutti gli esseri umani, in minore o maggiore misura, hanno la capacità di emettere determinate onde cerebrali captabili dai loro simili ed anche da certi animali, come dimostrato dalla parapsicologia in molte occasioni e in molti esperimenti.
Quando il cervello umano vibra ad un ritmo di 10 cicli al secondo è in grado di influenzare, a livello subatomico, qualunque materia vivente; il fatto è che questa capacità è atrofizzata e del tutto sconosciuta agli umani, mentre per gli dei è molto facile sfruttarla e potenziarla al massimo. E, se non la ritengono sufficiente, forniscono al soggetto prescelto, con mezzi a noi sconosciuti, altri poteri con i quali sarà più facile attrarre alla loro causa gli ignavi esseri umani. I grandi taumaturghi di tutte le religioni e i grandi Avatar sono esempi di questa attenzione.
Un contatto soft, in sordina, è  "l'ispirazione" o "suggestione", cioè quando gli dei usano mezzi più normali, meno invasivi della mente umana, magari subliminali, per "convincere" la persona prescelta, ispirandole in modo  più o meno marcato e costante, qualche idea, sistema o riforma da attuare e, se l'eletto non ha una posizione rilevante nella società in cui vive, sempre discretamente e "naturalmente" gli aprono le strade che lo portano a raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il solo fatto di essere "dei", ovvero una specie di superuomini, come noi non siamo altro che super animali, dà loro il diritto di usare gli uomini come meglio ritengono, anche con la privazione della vita, se questo soddisfa le loro esigenze e il loro gusto.
Noi siamo stati illusi e ingannati dagli dei stessi, tramite le religioni, di essere i re del creato, sicuramente i personaggi centrali, i padroni del pianeta, sicché siamo del tutto disarmati e impreparati ad affrontare la verità della loro esistenza e del loro dominio. Il nostro piano materiale di vita non interferisce minimamente con il loro in quanto essi si trovano al di fuori del nostro spazio fisico, in una dimensione altra di questo immenso condominio che è il pianeta Terra.
Nel momento in cui qualcosa di vivo muore, gli elementi fisici materiali che la compongono tornano alla terra, dove continuano i loro interminabili cicli di disintegrazione, fusione, trasformazione.  Altri elementi, anch'essi fisici, ma non materiali, a livello quantico o subatomico, non entrano in questi ciclo, ma si liberano come energie e si aggregano con altre energie che vibrano alla stessa  o simile frequenza e dimensione.  Orbene, creature del Cosmo più evolute di noi, come gli dei, sono capaci di captare, per lo meno in parte,  queste energie, onde o vibrazioni che si liberano quando si disintegra la materia viva.
Pare che questa energia procuri loro un immenso piacere e, per questo, la cercano oggi come l'hanno sempre cercata, avvalendosi di mille stratagemmi.
Quando la materia viva, sia animale che vegetale, muore lentamente dopo un processo naturale di invecchiamento, questa energia vitale si va disperdendo a poco a poco prima del momento finale e, per questo, è molto più difficilmente captabile ed utilizzabile da chi ha l'interesse a farlo; però, quando un essere vivente è nel pieno delle sue forze e, per una causa o per l'altra, muore di morte naturale, come accade ad un animale sgozzato, o si disintegra rapidamente, allora tutta l'energia vitale sgorga come torrente impetuoso e diventa sostanziosa.
Il modo più facile e normale per disintegrare la materia viva è la cremazione e, l'energia che si libera, può essere generata sia dal mondo animale, sia dal mondo vegetale che, essendo meno potente, deve essere di proporzioni enormi per risultare "fruibile" (estesi incendi boschivi che durano giorni e giorni, per esempio).
Dobbiamo ricorrere alla Storia e ricordare che gli dei, in tutte le religioni dell'antichità, invece di esigere atti di pentimento collettivo emozionali, preghiere razionali da parte dei loro popoli, il massimo contributo religioso che esigevano era "l'olocausto", ovvero cerimonie nelle quali dapprima si sacrificava la vittima animale o umana, poi la si bruciava integralmente in modo che nessuno ne potasse trarre profitto.  Doveva ardere fino a consumarsi, come indica il termine "olocausto" che deriva da due parole greche che significano "tutto bruciato".
Nelle grandi solennità greche e romane si facevano grandiosi sacrifici animali, soprattutto di bovini bruciati su enormi pire, che si chiamavano "ecatombe", altre due parole greche che significano "cento buoi".
Queste cerimonie, che culminavano con grandi falò, erano il modo perfetto che gli dei avevano per "spremere" tutta l'energia vitale di quelle creature viventi: in primis mediante lo sgozzamento delle vittime, con conseguente spargimento di sangue, ottenevano l'energia sottile che apprezzavano maggiormente, quella emanata dai corpi agonizzanti, in particolare dai cervelli tormentati e terrorizzati; in seguito, già morta cerebralmente la vittima, il fuoco si faceva carico di liberare in modo rapido  l'energia vitale ancora racchiusa nelle cellule di tutto l'organismo.
Queste onde di energia che si sprigionavano dai corpi fumanti delle vittime costituivano, come già si è detto, una specie di droga, un aroma per i sensi degli dei.  Nel Pentateuco si parla ripetutamente di questi "sacrifici di arrosti" che erano "cibo tranquillizzante per Yahvè", o che salivano a lui come "aroma calmante".
Riassumiamo ora le diverse cose che gli dei cercano fra di noi.
- In primo luogo, le onde che sono prodotte da un cervello eccitato;
- le "onde della vita", ovvero le onde che sono sprigionate da un corpo vivente stroncato da morte violenta;
- le onde sprigionate da tutte od ognuna delle cellule che vivono per un certo tempo anche dopo la morte dell'animale o uomo che sia;
- il sangue versato perchè, quando è fuori dal corpo, libera un'energia molto ambita da loro
Oltre a ciò, ci sono altre cose che  cercano e trovano nella nostra dimensione che noi con notiamo o non percepiamo e che, probabilmente, anche se ci fossero spiegate, non saremmo in grado di capire.
Se gli dei cercano il dolore, l'eccitazione e il terrore perché il cervello umano produca in abbondanza le onde che interessano loro, e ancor meglio, le vite umane stroncate violentemente con spargimento di sangue, allora dobbiamo convenire che la guerra è lo strumento perfetto.
La diversificazione delle lingue, il "non capirsi", ossia l'assenza di comunicazione, facilita enormemente la separazione non solo fisica, ma anche animica, il ché può degenerare in odi, malintesi e guerre, come infatti è sempre avvenuto in quest'epoca storica giudaico-cristiana.  Come le religioni, anche le lingue da un lato sono strumenti per unire i popoli, dall'altro occasioni di divisione, incomprensioni e ostilità verso gli "altri da sé".
L'esperienza dell' Esperanto è venuta a cadere perchè non c'è mai stato interesse da parte dei potenti a sostenerla; anzi vi è sempre stata indifferenza e disattenzione.  Questi personaggi si guardano bene dal fare qualcosa di veramente utile all'umanità tutta; preferiscono continuare con il loro "politicare", nella bella vita a spese del popolo, nei  giochi di potere nei quali danno briglia sciolta alle loro paranoie.
Dal canto nostro, noi esseri umani abbiamo selezionato e manipolato le specie animali e ottenuto cani con zampe corte o  lunghe da sfruttare nei vari tipi di caccia, cani da guardia o di compagnia.  I cani non sono coscienti di queste manipolazioni e, disgraziatamente, nemmeno noi umani  siamo coscienti di essere stati manipolati a nostra volta.
L'Africa è il continente dei Neri; l'America è il continente dell'uomo dalla pelle ramata; nella maggior parte dell'Asia il tratto comune sono gli occhi a mandorla; in India abbiamo un diverso colore di pelle e tratti caratteristici; nel Mediterraneo esistono almeno un paio di razze diverse e, per ultimi e senza preistoria, i Biondi del Nord Europa che sembrano essere l'ultima creazione degli dei e molto simili a loro, almeno come ce li hanno descritti i Greci e i Romani e come si presentano alcune volte quando scendono dalle loro navi UFO e che, come razza, sono gli attuali dominatori del mondo.
E lo sport? Abbiamo più volte detto che, per ottenere ciò che cercano, tendono ad adunare gli uomini e  ad eccitarli, in modo che i cervelli producano quell'energia da loro tanto ambita.  Immaginiamo gli stadi nel pomeriggio della domenica, gremiti di gente urlante arrabbiata o esaltata;  diffusi a tappeto in tutte le regioni, gli stati e in tutti i continenti; immaginiamo questi esseri invisibili che, come api che volano di fiore in fiore succhiando il nettare,  suggono le sottili vibrazioni emanate dagli eccitati cervelli di tutte queste masse umane domenica dopo domenica, anno dopo anno con o senza crisi economica, sociale o politica; superando tutte le difficoltà climatologiche perchè lo spettacolo deve continuare in ogni caso.
Dalla lettura dei testi biblici appare come gli dei esigessero anche la cremazione di determinati vegetali "squisiti", tipo cedro e issopo,  in quantità e metodi specifici in quanto potevano costituire un condimento adatto alla cremazione dell'animale che era il pezzo forte del sacrificio.   Yahvè pretendeva anche  quotidianamente "l'offerta di cereali", secondo minuti particolari di quantità, tipo e modi di cottura,  in rapporto alla carne bruciata.  Questi cereali dovevano essere sempre "senza lavaggi", arricchiti con incenso e olio d'oliva, salati, ma mai si doveva aggiungere del miele.
Curiosamente, queste particolarità le ritroviamo anche nelle offerte che gli dei mesopotamici esigevano dai loro popoli, il che ci fa supporre che Yahvè sia uguale a tutti gli altri "falsi dei" e spiega anche le sue tremende gelosie nei loro confronti.
Come ci dicono le scritture, la sua impazienza di sentire il "soave odore tranquillizzante" era tale per cui, a volte,  scendeva lui stesso ad arrostire le offerte per captare da vicino ciò che bramava, in forma di nube, ossia nella "sua gloria"...Questa è la legge dell'olocausto; l'olocausto arderà sul focolare dell'altare dalla sera alla mattina e dalla mattina alla sera; il fuoco dell'altare dovrà sempre restare acceso...."
Il 2° Libro delle Cronache della Bibbia ci descrive la consacrazione del tempio di Salomone, circa 300 anni dopo la morte di Mosé:
"... Quando i sacerdoti uscirono dal santuario, la casa si riempì della nube, la stessa casa di Yahvè... e i sacerdoti non poterono continuare nel servizio a causa della nube, perchè la gloria di Yahvè riempiva la casa di Dio... Quando Salomone finì di pregare, scese fuoco dal cielo che divorò l'olocausto e i sacrifici e la gloria di Yahvè riempiva la casa....  Il re Salomone offrì in sacrificio 22000 buoi e 120000 pecore così inaugurarono la casa di Dio il re e il suo popolo... "
La presenza di Yahvè era fisica, non simbolica; il popolo vedeva la nube, esattamente come ai giorni nostri molta gente ha visto piccole nubi fare cose strane e inspiegabili. 

Dobbiamo difenderci dagli dei perchè, a lungo andare, il contatto con loro è nocivo per noi.
I credenti nello spiritismo, come i fanatici religiosi e i devoti degli UFO credono che le loro "guide", i loro "santi", i loro "protettori extraterrestri" non ingannino mai, ma  che solo gli spiriti meno evoluti lo facciano.
La realtà, però è che con i tre fenomeni: religione, spiritismo e Ufo bisogna andare con i piedi di piombo perchè l'inganno è all'ordine del giorno; nè i "santi" sono sempre stati santi quanto lo abbiano creduto i religiosi; nè i "buoni fratelli dello spazio" siano sempre stati buoni come credono i loro sostenitori; nè le "guide spirituali" guidino sempre come credono gli spiritisti.
Tutta la storia umana è stata sottilmente guidata dagli dei in modo che noi facessimo esattamente ciò che conveniva loro.  La razza umana ha visto ripetutamente frustrata la sua ascensione verso livelli di coscienza più alti, più evoluti, a causa degli interventi degli dei, interessati a che l'uomo non maturasse e continuasse a servirli senza averne alcuna consapevolezza. Per questo hanno usato tutti i trucchi e i falsi valori di patria, lingua, guerre e, soprattutto religioni e dogmi che hanno tenuto incatenato lo spirito umano per millenni.
I grandi avatar o fandatori di religioni, malgrado normalmente ci vengano presentati come esseri "divini", "figli di Dio" o "inviati dal Cielo", ecc:, in realtà sono esseri umani che gli dei hanno preparato per una straordinaria missione fra i loro fratelli, gli esseri umani.   Li hanno dotati di facoltà psichiche e poteri sulla materia tali da apparire, agli occhi degli altri mortali, "dei autentici"
Le religioni per i popoli e i "poteri" per gli individui, in un primo tempo sono utili, ma poi a lungo andare, generano disastri.
Questa paralisi della mente, in persone poco dotate intellettualmente, degenera spesso nel nefasto fanatismo che tanto male ha arrecato all'umanità nel corso dei secoli.  Il fanatico è un individuo che, convinto di possedere l'unica assoluta verità, rifiuta ogni   ragionamento e usa qualsiasi mezzo, anche la violenza, per affermare la supremazia del suo dio.
Ci dobbiamo difendere dagli dei perchè non ci lasciano essere uomini liberi e razionali e la prova sta nell'orrenda storia umana, vogliono che continuiamo ad essere loro schiavi incoscienti e sottomessi perchè ci temono come rivali nel dominio del pianeta.
Perciò:
Non invocare nessuno. Non evocare nessuno per adorarlo.  Non prostrarti davanti a nessun dio-persona o dio-cosa per rendergli culto o celebrare riti
Il vero Dio dell'Universo, la Suprema Intelligenza, totalmente inconoscibile nella sua interezza dalla mente umana, non esige che le sue creature gli rendano costantemente adorazione; continua nella sua interminabile impresa di creare, compiacendosi nel veder evolvere le sue creature secondo la loro natura, senza l'obbligo che si rivolgano continuamente a Lui per ringraziarlo o per supplicarlo di non essere condannate ad un castigo eterno.
Eliminare il trauma: Liberare l'anima da tutte le paure, le angustie e le deformazioni che le erronee credenze religiose (in ultima analisi, gli dei) ci hanno inculcato nel corso dei secoli e nel corso della nostra vita
Einstein parla ripetutamente dell'argomento che definisce "religiosità cosmica", difficile da comprendere perchè da essa non scaturisce un concetto antropomorfico di Dio.  "... E' uno stadio dell'esperienza religiosa che riescono a superare solo certe società e certi individui particolarmente dotati"  da: "La mia visione del futuro".
Dio pulsa nell'Universo che ci circonda ed è troppo grande per essere recepito dalla nostra mente; tuttavia dobbiamo concepirlo in noi stessi come Onnipotenza, Ordine, Grandiosità, Luce, Bellezza e Amore: noi siamo suoi figli e partecipiamo alla Sua Divinità.
"Sarete come dei" Questa famosa frase biblica, che ci fu sempre presentata come una menzogna con la quale Satana, nell'Eden, tentò di ingannare l'uomo, alla luce di questo nuovo modo di vedere le cose, risulta essere una grande verità e una indicazione da seguire se l'umanità vorrà superare il pericoloso stato in cui si trova attualmente.
Evolviamo razionalmente senza paura. Dobbiamo evolvere intellettualmente, ampliando ogni giorno le nostre conoscenze per poter comprendere meglio il nostro mondo e l'universo che lo circonda; moralmente, migliorandoci ogni giorno, essendo più rispettosi dei diritti di tutti e del retto ordine della Natura;  cooperatori  della giustizia e del bene per tutta l'umanità; esteticamente, cambiando i nostri gusti primitivi e materialisti con altri degni di menti più evolute.  Non solo si deve amare la Bellezza, ma si deve anche cercare di crearla, ognuno secondo le proprie forze e la si deve godere.  Infatti, questo mondo è un gradino dell'infinito ascendere di tutto l'Universo, dal meno perfetto al più perfetto; abbelliamo pertanto il nostro mondo e la nostra vita, godiamone come rendimento di grazie alla grande Intelligenza dell'Universo.
* estrapolato dal libro di Salvador Freixedo - Rissveglio Ed.

di vita in vita...di tantra in tantra...di chakra in chakra


… L’uomo vede la donna come una Dea. La donna vede l’uomo come un Dio……Non c’e’ alcuna adorazione oltre a questa…” – (Candamaharosana Tantra)
 
Se sei in un percorso di crescita interiore per te è importante sapere chi è colui o colei con il/la quale ci ti appresti ad avere un incontro erotico/sentimentale o sessuale. Ovvio che non ti si richiede di conoscerlo a 360°altrimenti non avrebbe senso l'incontro, ma almeno ti si richiede di 'sentire' il suo potenziale energetico-vibrazionale poiché lo stato di coscienza del compagno/a viene unito al nostro e pertanto ne viene estremamente influenzato ovvero contaminato e, siccome è importante amarci in primis è altrettanto importante scegliere tra ciò che può rappresentare il meglio per noi che aspiriamo naturalmente alla felicità.
L'atteggiamento interiore dovrebbe essere quello dell'apertura totale del cuore nei confronti dell'altro. Non si può incontrare il partner se si hanno resistenze, rancori o chiusure di qualche tipo; l'energia sacra così non scorre. È necessario essere disposti ad aprirsi totalmente in un abbraccio profondo nel quale abbandonarsi fino in fondo, mantenendo quel tenero sguardo assolutamente non giudicante, che permette di svegliare sempre più la consapevolezza di Sé. È il cuore aperto che rende appagati e permette di fluire con la vita; nessun partner sarà mai in grado di renderci liberi e felici. L'errore più grande è infatti quello di credere che il proprio compagno/a possa sostituirsi a qualcosa che potremmo paragonare a D-io o al sacco amniotico, piuttosto che al seno della mamma e che possa quindi saziare ogni nostro bisogno d'amore. Se il nostro cuore è chiuso, non scorrerà in noi né l'amore né la felicità! Per entrare nella sacralità del sesso occorre, innanzi tutto, essere disposti ad aprirsi totalmente all'altro, a tutti i livelli, senza inibizioni e senza paura di doversi difendere con la chiusura del cuore. Cercando di essere sempre più naturali e spontanei, quindi si può permettere all'apertura del cuore di chiamare il sacro fuoco (Vril) che richiede poi tutto il nostro ascolto e tutta la nostra accoglienza per riuscire a procedere nel suo percorso. Il secondo passo è riconoscere il divino che c'è nell'altro e fare l'amore proprio con il suo aspetto illuminato e risvegliato. A tal fine immaginate il corpo del vostro partner completamente di luce, come un vero Dio. Di fronte a voi avete la manifestazione della piena potenzialità illuminata del vostro compagno/a e quella abbracciate abbandonandovi totalmente.  Non vi devono interessare i difetti e le mancanze dell'altro ora, altrimenti è con l'energia di questi che vi unirete. Richiamando la vera natura divina dell'altro, sarà con questa che farete l'amore e questa avrà il potere di formare quel circuito sacro che serve per innalzare le energie che altrimenti rimarrebbero a livello basso. Naturalmente anche voi dovete immaginarvi e sentirvi luminosi e risvegliati nel vostro aspetto divino! Per realizzare l'unione sacra è necessario che non abbiate paura di fondervi con l'altro fino a sparire, una parte di voi resta comunque consapevole e vi guarda, è il testimone. Importante è la resa dell'ego al divino di entrambi che è di fatto Uno: una sola Presenza d'Amore. Devono venir coinvolti in seguito tutti i punti energetici, proprio partendo da quello sessuale, quindi il fuoco sacro dev'essere liberato - grazie al corretto atteggiamento interiore - da quel punto, per poi salire lungo gli altri chakra. Vi sono ovviamente delle tecniche che aiutano a realizzare questo risveglio dell'energia, ma affinché siano efficaci occorre allenarsi prima a sviluppare innanzitutto gli atteggiamenti interiori. La tecnica, senza lo stato di coscienza appropriato, può anche essere pericolosa e creare scompensi anziché aiutare. Ecco perché è così importante dedicare un lungo periodo di tempo a sviluppare e allenare insieme al partner l'apertura del cuore senza paura, l'abbandono presente e totale a livelli sempre più profondi, il riconoscimento del proprio aspetto divino e di quello dell'altro, la resa totale a quella divina e tenera presenza che chiama gli amanti a Sé, proprio perché sono stati capaci di aprire gli stretti e miseri confini dell'Io fino a divenire Uno.

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sabato 27 agosto 2016

E' poesia

Luz
 
Inseguendo le tue gambe ho imparato a camminare,
osservando le tue impronte ho contato tutti i passi
fino a dove non si distingueva nulla più.
Lì, poi, ho conosciuto il volo… seguendo il leggiadro andare
della tua minuscola ed eccessiva gonna,
gonfia come orgogliosa nuvola di donna.
Storia difficile da raccontare senza sudare,
ancor più complicata l’immagine da ricordare.
C’eri tu, e poi ancora tutta te…
con la tua pelle a far cimasa attorno al grande bivio
che disgiunge il sogno dalla ragione e…
che tu sia per me il coltello oppure un manico d’ombrello,
la mia storia è racchiusa tutta dentro quell’osso piccolo
che fa rinascere la mia anima tra i petali carnosi della tua.
Questo è il nocciolo segreto dell’immortalità,
e splende di luce non immorale, calda quanto una pioggia sole
sulle mie labbra, tra le tue labbra… in congiunzione intima…
embrione di quel costante inseguire l’idea che non ha tempo,
che non ha modo… un’idea che mi sale addosso tra pieghe piccole
ed io mi sento così eccitato da esser sempre “sul punto di”…
senza mai toccare l’apice della bellezza.
Questo pone me sempre sulla via di mezzo,
così lontano dal non riuscire nemmeno ad immaginarti,
così vicino e inaccessibile dal riuscire a perderti.
La vita affiorerà luminosa e in abbondanza
dal tuo sacro monte, alla fine di tutti i miei miseri preamboli,
diafane danze esoteriche scaturite dallo spirito magico del luogo
ove nessuna voce, alcuna lingua, potrà mai infiggere piacere
se non le mie mani giunte sulla tua pace arcana, a stimolare
l’ultima cosa che sarebbe rimasta in vita di me, dopo di me!

©blu
(bludinotte wordpress)
 
 
 
"...l'amore fa guerra agli idioti
agli arroganti pericolosi
fa bellissima la stanchezza
avvicina la fortuna quando può
fa buona la cucina
l'amore è una puttana
che onora la bellezza
di un bacio per regalo..."

venerdì 19 agosto 2016

"Che tu sia per me il coltello"


è il titolo del libro di David Grossman
 "Nascondi a Maya il mondo della tua immaginazione e a me quello della tua realtà. Come fai a destreggiarti fra tutte quelle porte che si aprono e si chiudono? E qual è il luogo in cui vive veramente, una vita completa?” 
Questo tagliare, questo scalfire il rivestimento, la corazza, il carapace invisibile che ci portiamo addosso e riuscire a mostrarci finalmente nudi ma solo a distanza è l'espressione di quanto sia difficile affrontare l'interazione,  il rapporto umano con gli altri e, soprattutto, con noi stessi.
Che tu sia per me il coltello” è una famosa citazione di Kafka da cui Grossman estrapola il titolo di questo incantevole romanzo epistolare. Folgorato da un suo gesto apparente insignificante, Yair individua Myriam tra la folla “Ma sei tu quella che ho visto stringersi nelle braccia con un cauto sorriso”, certo che lei possa accettare un rapporto particolarmente intimo ma così unico e inusuale... l’esigenza di raccontarsi scrivendo vivendo in lontananza una lacerante vicinanza di anime... “Non che la mia vita sia così interessante ma mi piacerebbe darti qualcosa che altrimenti non saprei a chi dare”….”Non voglio incontrarti e interferire nella tua vita…” Con la sola forza dell’immaginazione Yair riesce a toccarla a incontrarla e sentirsi appagato anche solo grazie al fascino delle parole che assumono sfumature irreali e seduttive. Il tema è affine a quello scritto da Kafka in “Lettere a Milena”, da cui Grossman si è ispirato non solo per il titolo. In “Lettere a Milena” i protagonisti si incontrano più volte, la loro storia d’amore fondava più radici nella realtà, la storia di Yair e Myriam è fatta di sogno e immaginazione. Un rapporto a scadenza, segreto e intimo. “Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre”……”Myriam, questa è l’ultima lettera ….non ti scriverò più…. Se non fossi un tale idiota avrei potuto essere felice con te, non importa come, il mondo ce l’avrebbe permesso”.  A volte in una relazione epistolare o a distanza ci si può conoscere in maniera perfino più profonda, mettendo in luce frammenti più intimi dell’anima, di quanto potrebbe rivelare un incontro reale. E del resto non usiamo anche noi la comunicazione scritta attraverso l’uso di sms e chat? E a quanti di noi è capitato di sentire affinità d'anima con chi è al di là dello schermo e che non conosciamo di persona ma ci sentiamo profondamente uniti e legati da uno speciale affetto perché abbiamo condiviso intimità?
Ed ecco qui di seguito la storia di Kafka e Milena:

 

« E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso » questo scriveva Franz Kafka a Milena Jesenská
che e troviamo appunto nel suo libro "lettere a Milena"
Il loro fu un amore intenso sebbene durato solo tre anni e fu grazie a lei se scrisse La Metamorfosi.

Fu Milena che capì la sofferenza e la grandezza di Kafka, che gli diede le poche ore serene, che lo aiutò a comprendersi: «Milena, tu sei per me il coltello con il quale frugo dentro me stesso». Quando la conobbe, aveva trentotto anni e «i capelli bianchi delle vecchie notti»; lei era sposata, scriveva sui giornali («Era bella come un angelo» mi ha detto un' amica), era molto giovane, ventitré o venticinque anni; lui si stava consumando, lei era fresca e coraggiosa.

L’amore, usava l’amore, quell’amore che, una volta raggiunto un certo grado di intesa e di condivisione, necessita di mezzi di espressione così minimi, così fiacchi, da essere del tutto incomprensibili a un ascoltatore esterno. Franz e Milena si capivano perché pensavano alla stessa cosa, sempre alla stessa cosa, e pensavano alla stessa cosa perché amavano e, amandosi, erano l’uno e l’altra insieme. « Ieri ho sognato di te. Non ricordo più quasi i singoli fatti, so soltanto che di continuo ci trasformavamo l’uno nell’altro, io ero tu, tu eri io ».

Franz definisce con un’immagine straordinaria il suo rapporto con Milena:
« Credo, Milena, che noi due abbiamo una particolarità in comune: siamo tanto timidi e ansiosi, quasi ogni lettera è diversa, quasi ciascuna si spaventa della precedente, e, più ancora, della risposta. Lei non lo è per natura, lo si vede facilmente, e io, forse, nemmeno io lo sono per natura, ma ciò è quasi diventato natura, e si dilegua soltanto nella disperazione, tutt’al più nell’ira, e, da non dimenticare, nell’angoscia.
Talora ho l’impressione che abbiamo una camera con due porte, l’una di fronte all’altra, e ognuno stringe la maniglia di una porta e basta un batter di ciglia dell’uno perché l’altro sia già dietro la sua porta e basta che il primo dica una sola parola, il secondo ha già certamente chiuso la porta dietro di sé e non si fa più vedere. Egli riaprirà, sì, la porta, perché si tratta di una camera che forse non si può lasciare. Se non fosse esattamente come il secondo, il primo starebbe tranquillo, preferirebbe, in apparenza, non guardare neanche verso il secondo, metterebbe lentamente in ordine la camera, quasi fosse una camera come qualunque altra, ma invece fa esattamente la stessa cosa presso la sua porta, talvolta persino tutti e due sono di là dalle porte e la bella camera è vuota. »

Il perché di queste oscillazioni tra il desiderio e il pudore va cercato nella personalità di Kafka. Franz è afflitto da un senso di colpa atavico, quasi razziale (l’ebreo che è in lui ruggisce a ogni cantone), che lo previene nei rapporti con l’altro, costringendolo a interagire a un livello sempre di inferiorità e di lordura. « Milena, non si tratta di questo, tu non sei per me una signora, sei una fanciulla, non ho mai visto nessuna che fosse tanto fanciulla, non oserò porgerti la mano, fanciulla, la mano sudicia, convulsa, unghiuta, incerta e tremula, cocente e fredda ».
Milena, nella sua generosità di donna, vede, pazienta e sa. E soffre.
L’affievolirsi e poi lo spegnersi del carteggio è una naturale conseguenza derivata dalle premesse. Nella tortura auto-inflittasi e inflitta a Milena, Franz è un esecutore implacabile, logico, spietato, mai una deviazione dal regolamento. ‘Ho deciso che non posso essere felice? Così sia. Non posso essere felice neanche se la felicità mi sta a tre centimetri dalle dita. Ho deciso che felice non posso esserlo, se lo fossi tradirei me stesso, se tradisco me stesso sono perduto per sempre. E allora perché venir meno alla coerenza allungando le dita? Resti pure dove sta, questa felicità. Io non me la merito.’
...domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi.” Franz e Milena si incontrarono più volte, sia nel sogno sia nella realtà. Cosa accadde durante questi incontri al lettore è lasciato soltanto immaginare. Se ne parla in più missive, ma mai in modo esplicito.
«O il mondo è ben piccolo, o noi siamo gigantesche, in ogni caso lo riempiamo» scriveva Franz a Milena, e ognuno cerca di riempire, come può, il vuoto che c' è dentro di noi.
Kafka diceva di sé: «Sono brutto, mal vestito», e anche: «Sono spiritualmente incapace di sposarmi». Anche Milena rimase un' ombra nei suoi sogni impossibili e disperati. «Cara signora Milena», comincia l' ultima lettera, «per favore non mi scriva più». Non c' è neppure un' ora per il dialogo, bisogna che l' uomo Kafka si prepari all' addio. È la fine. Ma aveva detto una volta: «Non prendo commiato. Come potrei farlo se tu sei viva?».  "Tu mi appartieni, anche se non dovessi vederti mai più"

Scriveva Kafka:“ Oggi sono arrivate due lettere. S' intende che hai ragione, Milena, per la vergogna delle mie lettere quasi non ho il coraggio di aprire le tue risposte . Le mie lettere però sono vere o almeno sulla via della verità, che cosa farei mai davanti alle tue risposte se le mie lettere fossero mentite? Facile la risposta: impazzirei. Questo esser veritiero non è dunque un grandissimo merito, è anzi ben poco, io cerco sempre di comunicare qualcosa di non comunicabile, di spiegare qualcosa di inspiegabile, di parlare di ciò che ho nelle ossa e che soltanto in queste ossa può essere vissuto. In fondo non è forse altro che quella paura, della quale si è parlato tante volte, ma paura estesa a tutte le cose, paura delle cose più grandi come delle più piccole, paura, convulsa paura di pronunciare una parola. E' vero che questa paura non è forse soltanto paura , ma anche nostalgia di qualche cosa, e ciò più di tutto ciò che suscita paura.
“O mnè rozbil”*, ciò è qualcosa di perfettamente assurdo. Io solo ho colpa e questa consiste in troppa poca verità da parte mia, ancora troppa poca verità, ancora menzogna nella maggior parte dei casi, menzogna per paura di me e per paura degli uomini! Questa brocca era già infranta molto tempo prima che andasse alla fontana.
E ora chiudi le labbra per rimanere soltanto un poco nella verità. La menzogna è orribile, non esistono peggiori torture spirituali. Perciò ti prego: lascia ch'io taccia, in lettere adesso , in parole a Vienna.
Tu scrivi: o mnè rozbil* , ma vedo soltanto che ti tormenti, che, come scrivi, trovi pace soltanto nelle vie, mentre io sto qui in veste da camera e pantofole, nella stanza riscaldata, tranquillo quel tanto che mi concede la mia “molla d'orologio” (perché devo ben “indicare il tempo”)…..
Potrò segnalare il giorno della mia partenza solo………
“O mnè rozbil”* ancora ci ripenso, è altrettanto inesatto come il pensiero del possibile contrario.

*Egli si spezzato contro di me

"E' già tanto tempo che non le scrivo, signora Milena, e anche oggi Le scrivo soltanto per caso: Veramente non dovrei neanche scusarmi se non scrivo , Lei sa come odio le lettere. Tutta l' infelicità della mia vita - e con ciò non voglio lagnarmi, ma soltanto fare una costatazione universalmente istruttiva - proviene, se vogliamo, dalle lettere o dalla possibilità di scrivere lettere. Gli uomini non mi hanno forse mai ingannato, le lettere invece sempre, e precisamnete non quelle altrui, ma le mie. Nel caso mio si tratta di una disgrazia particolare, della quale non voglio dire altro, ma nello stesso tempo anche di una disgrazia generale.
La facilità di scrivere lettere - considerata puramente in teoria- deve aver portato nel mondo uno spaventevole scompiglio delle anime. E' infatti un contatto fra fantasmi, e non solo col fantasma del destinatario,ma anche col proprio, che si sviluppa tra le mani nella lettera che stiamo scrivendo, o magari in una successione di lettere, dove l' una conferma l' altra e ad essa può appellarsi per testimonianza. Come sarà nata mai l' idea che gli uomini possano mettersi in contatto fra loro attraverso le lettere? A una creatura umana distante si può pensare e si può afferrare una creatura umana vicina, tutto il resto sorpassa le forze umane..."
«se tu volessi venire da me, se dunque volessi abbandonare tutto il mondo per scendere da me...non dovresti scendere, bensì sorpassare in modo sovrumano te stessa, in alto, oltre te stessa, talmente che dovresti forse dilaniarti, precipitare, scomparire (certo anche io con te). E tutto ciò per arrivare in un punto che non ha niente di allettante"
«ciò che tu sei per me, Milena, per me al di là di tutto il mondo in cui viviamo, non è detto nei quotidiani brandelli di carta che ti ho scritto» ...«decisiva è la mia incapacità di arrivare al di là delle lettere...e decisiva è la voce irresistibilmente forte, come dire la voce tua che mi esorta a stare zitto».
«È all'incirca come quando uno, prima di ogni passeggiata, dovesse non solo lavarsi, pettinarsi ecc - già questo costa fatica - ma siccome prima di ogni passeggiata gli mancano sempre tutte le cose necessarie, dovesse anche cucirsi il vestito, farsi le scarpe, fabbricarsi il cappello, tagliare il bastone e così via».
"Amavo una ragazza, che mi riamava, ma dovetti lasciarla.
Perché?
Non so. Pareva che fosse circondata da un cerchio di armati... appena mi avvicinavo a lei, urtavo nello loro cuspidi, restavo ferito e dovevo indietreggiare...
Non aveva nessuna colpa la ragazza? Credo di no, o meglio, so che non l'aveva. La similitudine precedente è incompleta, in quanto anche io ero circondato da una cerchia di armati che tenevano le lance contro di me... E' rimasta sola quella ragazza?
No un altro è giunto fino a lei, con facilità e senza ostacoli. E io, esausto dai miei sforzi, sono stato a guardare con assoluta indifferenza..."
Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre.”



Amici e amiche così descrivevano Milena: «... fu prodiga di tutto in misura incredibile: della vita, del denaro, dei sentimenti», «. . . non considerava vergogna avere sentimenti profondi. L'amore era per lei un che di chiaro, di ovvio» e Kafka ne completa il ritratto: «Lei è un fuoco vivo come non ne ho mai visti». Prima di Milena ci furono altre donne nella vita di Kafka, ma nessun'altra riuscì a scandagliare così in profondità l'animo di un uomo costretto all'ascesi non per vocazione o come scelta di un atto eroico, bensì per la sua incapacità di scendere a compromessi. Queste Lettere a Milena sono la cronistoria di un amore complesso, profondo e che già prima di iniziare sembrava destinato a finire. Una donna generosa, sino all'eccesso, in amore e in amicizia valori che anteponeva a tutto. Ma soprattutto, una donna coraggiosa che seppe trasformare il forte individualismo dei giorni migliori in responsabilità sociale e politica.

E così Milena descriveva Kafka:
"Era timido, timoroso, dolce e buono, ma scrisse libri crudeli e dolorosi. Era lungimirante, troppo saggio per poter vivere e troppo debole per combattere: ma la sua debolezza era quella degli uomini nobili che non sanno misurarsi con la paura, i malintesi, la mancanza di amore e le menzogne intellettuali. Aveva una conoscenza degli uomini che è data soltanto a quelli che vivono in solitudine, agli uomini dotati di così estrema sensibilità che da una semplice mimica facciale riescono a cogliere, con atto quasi divinatorio, un essere umano nella sua interezza.....
Ci si domanda come mai Frank abbia paura dell'amore e non abbia paura della vita. Io penso invece che non sia così. La vita è per lui qualcosa di totalmente diverso che per tutti gli altri uomini. Soprattutto il denaro, la Borsa, l'ufficio di Cambi, una macchina per scrivere sono per lui cose mistiche (e lo sono realmente, tranne che per noialtri), insomma sono enigmi stranissimi di fronte ai quali lui non ha assolutamente l'atteggiamento che abbiamo noi. Il suo lavoro di impiegato è forse il comune assolvimento di un dovere? Per lui l'ufficio – anche il suo ufficio – è una cosa enigmatica e ammirevole come la locomotiva per un bambino piccolo. Non riesce a capire le cose più semplici di questo mondo. E' stato qualche volta con lui in un ufficio postale? Quando stende un telegramma e scotendo il capo cerca uno sportello che gli piaccia più degli altri, e poi, senza capire assolutamente perché e a che scopo lo fa, passa da uno sportello all'altro finché arriva a quello giusto, e quando paga riceve il resto in spiccioli, conta ciò che ha ricevuto, vede che gli hanno dato una corona di troppo e allora la rende alla signorina dello sportello. Poi s'allontana lentamente, conta ancora una volta e, giunto all'ultimo gradino, s'accorge che la corona restituita spettava a lui. Ebbene, lei rimane perplesso accanto a lui che s'appoggia ora su una gamba ora sull'altra e pensa al da farsi. Tornare indietro è difficile, lassù c'è un mucchio di gente. “Allora lascia correre” dico io. Lui mi guarda atterrito. Come si fa a lasciar correre? Non che gli dispiaccia per la corona. Ma non sta bene. Qui manca una corona. Come si può far finta di niente? E di questo ha continuato a parlare a lungo. Ed è rimasto assai scontento di me. E la stessa cosa si ripete continuamente, in ogni negozio, in ogni ristorante, con ogni mendicante, in diverse varianti. Una volta diede due corone a una mendicante e ne voleva una di resto...”

giovedì 11 agosto 2016

Mamma mia, non mi lasciare...

 


Seduto in mezzo alle fronde,
tra i possenti rami dell’antico gelso,
gentile mi appare:
giovane e largo,
sorriso di perla
affacciato
all’orlo di due occhi lucidi di pece,
intensi,
 eppur velati d’incerta malinconia;
 
siamo qui,
 in silenzio,
io e te,
ad ascoltare il vento
teneramente abbracciate,
 
 col sapore di more che si scioglie:
dolcissimo, insostenibile
 ancora strette nella bocca
che -ora per allora- vorrebbe,
 al cielo, all’unisono
gridare a squarciagola:
 
mamma mia,
non mi lasciare...!

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