...l’intera impalcatura sociale il cui equilibrio era stato fondato sulla religione e sulla legge oggi vacilla; perciò sarà ridotto in modo considerevole il numero degli abitanti del pianeta: ci sarà una vasta ecatombe cui seguirà un nuovo inizio...
L'area dell'Aquila era sacra, probabilmente fin dalla fine del Pleistocene. L'Aquila deve il suo nome a "Locus Accula" o "Acquili", un luogo ricco di fonti d'acqua situato sul declivio di un colle a quota 720 metri, slm ai piedi del Massiccio del Gran Sasso nei pressi della valle attraversata dal fiume Aterno. L’Aquila si trova intorno ai 42° di latitudine, proprio dove vi è uno dei più importanti nodi magnetici terrestri. Una delle linee che lo attraversa parte da Giza (Egitto) , passa per Castel del Monte in Puglia (dove Federico II ha edificato il suo castello ottagonale), attraversa il Gran Sasso (sede dell’Istiituto Nazionale di Fisica nucleare), prosegue per Chartres (grande cattedrale gotica) e Stonehenge fino ad arrivare a Terranova. La zona fu abitata durante il Neolitico dalla tribù di Liburni una popolazione di ceppo Cro-Magnon originaria dell'area adriatica dell'Istria e della Dalmazia, che ha popolato anche la costa italiana fino alla Puglia prima di cedere il passo ad altri popoli di stirpe indoeuropea. Il loro nome originario era Libui chiamati Libu dagli Egizi. Essi facevano parte dei cosìdetti popoli del mare una lega che invase l’Egitto intorno al 1750a.c. stabilendovisi e governando il basso Egitto da una città chiamata Avaris. Il fondatore della città dell’Aquila, come è noto fu Federico II re di Sicilia, ultimo re latino di Gerusalemme, imperatore del Sacro Romano Impero, nonché monaco cistercense. Federico II nel 1233, decise di costruire l'Aquila ad immagine di Gerusalemme “come simbolo del suo governo universale, ‘per regnare sul piano esoterico e temporale grazie alla realizzazione della Grande Opera’. Il simbolismo che ne è derivato, è confluito integralmente nell'Esoterismo e nella Massoneria. La similitudine con Geusalemme risiede nell’orientamento dell’impianto urbanistico della città lungo una direttrice che ha origine sul Monte degli Ulivi, attraversa per lungo il tempio di Salomone , forma l'arteria principale di Gerusalemme e punta diritta verso Aquila (la "Nuova Gerusalemme" voluta da Federico II) per poi in appresso attraversare una località nei pressi di Toronto, dove nacque la massoneria del nuovo continente. ed una australiana denominate "King Stone" (Pietra del Re): Si tratta del famoso asse messianico da cui il Messia secondo tradizione farà la sua attesa comparsa alla fine dei tempi? Tale linea invisibile intende richiamare la "Strada della Vacca", che il sacerdote percorreva per raggiungere il Monte degli Ulivi dove aveva luogo il sacrificio rituale della giovenca rossa. Durante il rito Il sacerdote spargeva sette volte il sangue della giovenca dinanzi la tenda del convegno, che era allineata con la porta principale del Tempio di Salomone. Secondo il giudaismo tradizionale,la purezza originaria poteva essere recuperata soltanto con il sacrificio di una giovenca rossa ("Dì ai figli d'Israele che ti menino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti, che non abbia mai portato il giogo", Numeri 19:1-10). I profeti affermano che in corrispondenza dell'avvento della giovenca rossa, la Nuova Gerusalemme dell'Apocalisse di Giovanni aprirà le sue porte. L'Aquila è il trionfo del numeo 9, la città infatti per la tradizione fu creata dall'unione di 99 (18=9)villaggi e possiede 99 pozzi, 99 castelli, 99 piazze, 99 chiese (che a dire il vero sono una sessantina) che effettuano 99 rintocchi. Il cuore di tutto è rappresentato dalla Fontana delle 99 Cannelle, un incredibile piazza di forma trapezoidale in cui, da 93 mascheroni e da sei bocche separate, fuoriescono 99 getti d'acqua. Costruita nel 1272, la fontana ebbe inizialmente solo una trentina di bocche da cui scaturiva purissima acqua sorgiva. Nel 1580 furono aggiunte le altre sessanta bocchette, a cui alla fine dell'800 si aggiunsero le ultime sei cannelle senza mascherone per completare il numero sacro. Questo era il "Locus Accula", il centro su cui sorse la città: ma la Fontana delle 99 Cannelle ha la sua peculiarità per essere la copia esatta di un'importantissima fonte gerosolimitana, la Piscina di Siloe situata ai piedi del Monte Ophel, citata tanto da Isaia nella Bibbia quanto presente nei Vangeli (Gesù vi curò un uomo cieco dalla nascita bagnando i suoi occhi con quell'acqua sacra). Straordinaria per questa fonte è la forma della vasca, trapezoidale, richiamando in tal modo un simbolismo antichissimo legato alla Madre Terra. I principali antichi monumenti aquilani riproducono, i luoghi santi e mitici di Gerusalemme , specchiati e capovolti. L’Aquila fu edificata non solo secondo la pianta di Gerusalemme, ma con la disposizione dei principali monumenti sacri volti a ridisegnare in terra la costellazione della costellazione dell’Aquila. La corrispondenza è stupefacente, la costellazione si specchia sulla città, e le sei stelle principali combaciano perfettamente con le cinque chiese più importanti e la Fontana delle 99 cannelle. Il filo invisibile che congiunge L'Aquila a Gerusalemme è legato al timone dalle otto braccia, significativo riferimento al numero che indusse Federico II di Svevia ad applicarlo nelle sue costruzioni. Al timone della barca c'è una giovenca rossa che la manovra attraverso una ruota con otto raggi verso un "nuovo mondo", rigenerato su cui svetta radiosa, imperiale, Aquila; la costellazione Aquila, la stella e segna l'approdo della linea spirituale e messianica, un attracco catartico della giovane sacra vacca rossa. Anche le misure architettoniche del Tempio di Salomone a Gerusalemme, erano ricavate da un codice cosmico trasformato in rapporti geometrici e proporzioni. Il tempio, quindi, era il compendio dell’edificio iniziatico, anzi era esso stesso una forma di iniziazione, grazie ai misteriosi contenuti simbolici, la valenza cosmica, l’espressione di potenza, l’aspirazione di rigenerazione e di salvezza. Il tempio era un libro di pietra, il luogo di conservazione dei codici di interpretazione biblica sigillati all’interno dell’arca, assolvendo allo stesso ruolo del complesso delle piramidi d’Egitto nonchè per la celebrazione di riti antichissimi di fertilità, e creazione dell’uomo. Esso era un ricevitore capace di captare la potenza e l’energia dell’universo. E non solo. L’edificio attraverso l’appropriato utilizzo dei materiali edilizi e la loro corretta disposizione, accostamento e decorazione, dalla pietra al mattone e al vetro, per mezzo di disegni evocatori con simboli magici, diventava capace di amplificare le reti fittissime di correnti energetiche che percorrono la Terra, trasferendole agli uomini. Il Tempio di Salomone era la riproduzione di quello dedicato a Iside in Egitto, il quale a sua volta era la copia di quello consacrato a Ishtar e a Ur in Sumeria; ne aveva le stesse arcane funzioni e i medesimi significati simbolici. Il tempio, con i suoi misteriosi rituali, era stato eretto a culto della madre terra e del tempo, la cui rappresentazione numerica è il nove.
"A L'Aquila ho le mie radici"
Moltissimi sono i significati simbolici, mitologici, spirituali e guerrieri legati all’aquila. L'aquila reale, formidabile predatrice, possente e maestosa mentre nel volo descrive ampi cerchi a grandi altezze, è un grande uccello rapace diurno dal becco robusto e uncinato, dal collo guarnito di piume lanceolate e dalle ali molto ampie. Le sue lunghe zampe sono fornite d’artigli lunghi, affilati e adunchi, con i quali afferra e lacera le sue prede. E' universalmente considerata come un simbolo celeste e solare. Regina degli uccelli, ne completa il simbolismo generale che, sotto certi aspetti, è il medesimo degli angeli e degli stati spirituali superiori. In certe culture religiose fu paragonata allo stesso sole. Nella mitologia greca e latina l’aquila è l’uccello sacro a Zeus, dio del fulmine e delle nuvole, suo attributo specifico ed è spesso identificata con lo stesso padre degli dèi. Ritroviamo l’Aquila in Cielo raffigurata nella Costellazione e presentata con le sue stelle in note leggende.
L’identificazione dell’aquila con le supreme divinità è riscontrabile anche nelle antiche tradizione degli indiani d’America. Del resto, proprio nel corso delle loro danze rituali era operata attraverso l’estasi religiosa la personificazione tra i danzatori e questo volatile, sia sotto il profilo spirituale sia in quello propriamente fisico. Il fischietto d’osso e il mitico casco di penne d’aquila, il leggendario “War bonnet”, indicativo del massimo riconoscimento a cui loro aspiravano, .erano usati nella propiziatoria e spesso sciamanica, “danza del sole”. comune a molte etnie pellerossa, azteche e perfino nipponiche. L’affinità tra sole e aquila fu riproposta altresì nella mitologia greca. Qui fu convinzione che quest’uccello, partito dall’estremità del mondo, si fosse fermato sulla verticale dell’ omphalos di Delfi (zona considerata solare per eccellenza) per seguire poi la traiettoria del sole (cfr. astronomia “geocentrica”) dal suo sorgere fino allo zenit, tragitto che avrebbe coinciso con l’estensione dell’asse del mondo.
Nella mitologia, il Prometeo incatenato ha il fegato continuamente divorato da un’aquila. L’aquila, animale sacro del Dio olimpico, associato alla folgore stessa che abbatte i titani, ci appare qui come una figurazione equivalente allo stesso fuoco che Prometeo voleva far suo. Si tratta cioè di una specie di castigo immanente. Prometeo non ha la natura dell’aquila, che può fissare impunemente e “olimpicamente” la luce suprema. La stessa forza che volle far sua, diviene il principio del suo tormento e del suo castigo. E qui si aprirebbe una via per comprendere la tragedia interiore di vari esponenti moderni della dottrina di un superuomismo titanico, ossessi e vittime della loro stessa idea, partendo da Nietzsche e da Dostojewskij, e con particolare riguardo, anche, agli eroi caratteristici dei romanzi di quest’ultimo.
Tornando al mondo del mito ariano, troviamo nell’antica tradizione indù una variante di quello prometeico. Agni, sotto forma di aquila o di sparviero, strappa un ramo dell’albero cosmico, ripetendo il gesto, che nel mito semita Adamo compì per “rendersi simile agli dèi”. Agni, che a sua volta è una personificazione del fuoco, viene colpito. Dalle sue piume cadute al suolo sorge però il seme di una pianta che produrrà il “soma terrestre”. Ma il soma è un equivalente della ambrosia, è la sostanza simbolica che indìa, che propizia una partecipazione allo stato “olimpico”. La struttura del mito ario, benché in forma più involuta, ripete quella che già abbiamo analizzata nel mito egizio (offuscamento di Osiride, resurrezione per mezzo di Oro). Si può parlare di un tentativo prometeico fallito in un primo tempo, poi “rettificato” e fatto seme di una giusta realizzazione dello stesso fine.
Il rito dell’apoteosi imperiale romana è una prima testimonianza ed una precisa conferma dell’aderenza della romanità all’ideale olimpico. In tale rito proprio il volo di un’aquila dalla pira funeraria simboleggiava infatti il trapasso allo stato di “dio” dell’anima dell’imperatore morto. Ricordiamo i particolari di questo rito, che fu ripetuto sull’esempio di quello originario celebratosi alla morte di Augusto. Era credenza aria e romana, che nei capi fosse la vera forza decisiva per la vittoria; cioè, non tanto nei capi come persona, quanto nell’elemento sovrannaturale, “olimpico” ad essi attribuito. Per questo, nella cerimonia romana del trionfo il duce vincitore assumeva i simboli del dio olimpico, di Jupiter, e al tempio di questo dio andava a rimettere i lauri della vittoria, volendo con ciò esprimere il vero autore della vittoria, ben distinto dalla sua parte semplicemente umana. Nella decursio avveniva una “remissione” analoga: i soldati e i capi restituivano le ricompense che ricordavano il loro coraggio e la loro forza vincitrice all’imperatore come a colui che, nella sua potenzialità “olimpica”, ora sul punto di liberarsi e di transumanarsi, ne era stato la vera origine. L'aquila germanica è semplicemente l’aquila romana. Fu Carlomagno nell’800, che nel punto di dichiarare la renovatio romani imperii ne riprese il simbolo fondamentale, l’aquila, e ne fece l’emblema del suo Stato. Storicamente, è dunque null’altro che l’aquila romana quella che si è conservata fino ad oggi come simbolo del Reich. Ciò non impedisce però che, da un punto dì vista più profondo, superstorico, nel riguardo si possa pensare a qualcosa di più che ad una semplice importazione. L’aquila infatti nella mitologia nordica figurava già come uno degli animali sacri ad Odino-Wotan e come questo animale fu aggiunto nelle insegne romane delle legioni, così esso apparve anche nei cimieri degli antichi capi germanici. Si può dunque concepire che mentre Carlomagno nell’assumere l’Aquila a simbolo del risorto impero aveva essenzialmente in vista Roma antica, egli simultaneamente, senza rendersene conto, riprendeva anche un simbolo dell’antica tradizione ario-nordica, conservatasi solo in forma frammentaria e crepuscolare fra i vari ceppi del periodo delle invasioni. In ogni modo, nella storia successiva l’aquila finì con l’avere un valore semplicemente araldico e il suo significato simbolico e morale più profondo e originario fu dimenticato. Come molti altri, divenne un simbolo che sopravviveva a sé stesso e che quindi fu perfino suscettibile a servir da base ad idee molto diverse. Sarebbe quindi assurdo supporre la presenza, sia pur “sonnambolica”, di concezioni, come quelle qui ricordate, dovunque oggi si siano viste aquile in segni ed emblemi europei. Le cose potrebbero stare diversamente per noi, eredi dell’antica romanità, e poi pel popolo, che oggi ci sta a fianco, erede dell’imperio romano-germanico. La conoscenza del significato originario del simbolismo ario dell’Aquila, risorto emblema di entrambe le nostre genti, potrebbe controsegnare anzi il significato più alto della nostra lotta e connettersi con l’impegno, che in questa si ripeta, in una certa misura, la stessa vicenda, nella quale l’antica gente aria, nel segno olimpico ed evocando la forza stessa olimpica sterminatrice di entità oscure e titaniche, potè sentirsi come la milizia di influenze dall’alto ed affermare un superiore diritto e una superiore funzione di dominio e di ordine.
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