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giovedì 26 settembre 2013

musiche e parole ...

rubate a Carlo Klimt - curiosidelmare:


Non c’è altro fra i giorni
che un instancabile andare...quel filo d'arcobaleno
...nella promessa ....di strade bianche da camminare.
Nelle ciliegie strofinate contro la maglia
per farle brillare, fino a immaginare
....uno sguardo compagno.....
Negli occhi che hai domani .

Infine, la sera, prendi posto/ sulla barca di un sonno rifugio/
 Tremola appena la scena/
 Vai incontro alla notte
....Ma ascolti? Senti? Guardi davvero?/
Il tuo passo, chissà, se è quello/
di chi ora finalmente ha capito.


Sempiterno Amore Trascende Ogni Rosa

Sator è la prima parola dell’omonimo palindromo, costituito dalle cinque parole “SATOR - AREPO - TENET - OPERA – ROTAS”, ritrovato sia in forma di quadrato che in forma radiale o circolare su molti reperti archeologiciin Europa e in Italia, le cui prime tracce risalgono a oltre 2.000 anni fa. Essendo formato da parole di 5 lettere ciascuna, è possibile scrivere la frase entro un quadrato di 25 caselle, che rimane leggibile dall'alto, dal basso, da destra e da sinistra.Discreto e spesso nascosto alla vista, un simbolo antichissimo, ripreso quale talismano nel rinascimento, occhieggia sfidando i secoli: è il Quadrato Magico del SATOR, presente in chiese e castelli, noto ai romani ed ai costruttori medievali. Nella Provincia dell’Aquila vi sono tre esemplari- a San Pietro ad Oratorium presso Capestrano, a Santa Lucia a Magliano dei Marsi, nella cripta della chiesetta della Madonna Apparente a Campotosto - del misterioso Quadrato custode di una iscrizione palindroma che ha attraversato i secoli custodendo il suo segreto forse ora almeno parzialmente svelato. Nel Quadrato magico sembrerebbe celarsi il più grande dei segreti, quello del creato, quello che ha indotto gli scienziati a tentare di riprodurre le condizioni da cui è scaturita la prima scintilla nel vibrante vuoto primordiale. Chi e come ha saputo rinchiudere in un simbolo di straordinaria potenza una conoscenza che la moderna fisica sembra confermare? L’enigma del quadrato di Sator è stato oggetto di molteplici interpretazioni, tuttavia ancora oggi alcuni ritengono che esso custodisca un significato nascosto. Proprio la molteplicità dei luoghi e dei testi in cui ritorna ne hanno resa particolarmente controversa l’interpretazione, soprattutto perché il termine AREPO, in esso contenuto, risulterebbe non strettamente di origine latina, e indicherebbe probabilmente un tipo di carro in uso presso le popolazioni galliche. Difficile quindi stabilire il significato letterale della frase. Ad esempio, se si leggesse il palindromo da sinistra verso destra, si otterrebbe la frase “SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS”, che secondo una prima interpretazione potrebbe tradursi con: “Il seminatore, col suo carro, tiene con cura le ruote”. Una interpretazione più recente, vedrebbe nel palindromo un significato astronomico o cosmologico, e pertanto la traduzione sarebbe “il Creatore con il carro tiene in moto le orbite”. Tale interpretazione risulterebbe coerente con il modello di universo accettato nel basso Medioevo, che identificherebbe con la figura del Sator-Creatore il motore ultimo dell’universo. Viceversa, se si leggesse il palindromo cambiando verso di percorrenza alla fine di ogni riga o di ogni colonna, si otterrebbe la frase “SATOR OPERA TENET AREPO ROTAS”, in cui il termine SATOR indicherebbe il SEMINATORE, AREPO rappresenterebbe una contrazione di AREOPAGO (nel significato di tribunale supremo), e il palindromo potrebbe essere tradotto con: “Il seminatore decide i suoi lavori quotidiani, ma il tribunale supremo decide il suo destino”; tale interpretazione attribuirebbe pertanto un significato morale al quadrato magico secondo cui: “L'uomo decide le sue azioni quotidiane, ma soltanto Dio decide il suo destino”. Ciascuno di noi gestisce le proprie attività e svolge le proprie mansioni, ma al di sopra di tutti noi c’è un destino che ci governa. Per raccogliere è necessario seminare, per costruire il proprio successo è essenziale lavorare con impegno. E saper essere in armonia con il mondo. Dunque moltissimi sono stati i tentativi di spiegazione delle cinque parole che si rincorrono in un giocoso girotondo, ma la traduzione letterale, che ho trovato nel testo "Il Quadrato Magico del SATOR - Il segreto dei Maestri Costruttori" di Maria Grazia Lopardi, penso sia la più precisa e pertinente: • SATOR = Il Creatore • AREPO = verso Cui tendo (forma contratta di ad-repo) • TENET = sostiene • OPERA = con la Sua azione • ROTAS = le sfere celesti. Le lettere dell’iscrizione sono alternativamente vocali e consonanti come a tracciare una scacchiera che, nella tradizione Indù rappresenta il campo di combattimento delle due forze opposte dei Deva e degli Asura che esprimono il dinamismo del creato, mentre unite tra di loro individuano un reticolo. Riferiscono i miti che con il suono il Grande Architetto dell’universo tutto dispose secondo misura, numero e peso (Sapienza, XI, 20) sì da indurre Bernardo di Chiaravalle a così definirlo: Cosa è Dio? Egli è lunghezza, larghezza, profondità e numero. Testi sacri e miti dei popoli della terra riconducono la creazione dell’universo ad un suono: "In principio era il Verbo/Ed il Verbo era presso Dio/Ed il Verbo era Dio tutto è stato fatto per mezzo di lui" (prologo - Vangelo di Giovanni) "Io sono l’Eterno, io sono Ra/colui che ha creato la Parola/Io sono la Parola" (tradizione egizia) "In principio era VAC(la voce moglie di Brahaman)/VAC era presso Brahman (Assoluto)/C'era Brahman" (Rig Veda in India) Mistero sommo è quello della creazione che ha portato quel che i miti chiamano vuoto o notte infinita, abisso o oceano, informe campo di energia a vibrare secondo un ritmo che è musica e danza. Con quel primo suono, grido o risata divini - secondo le varie tradizioni - il caos primordiale, l’infinito campo di possibilità, viene scosso da una vibrazione e la prima “stringa” per usare un termine della più recente fisica, prende a vibrare come la corda del famoso monocordo di Pitagora. “Un essere ancora immateriale dalla quiete del non essere improvvisamente risuona, a poco a poco convertendosi in materia e così diventa il mondo creato”(M. Schneider). Il mistero dell’armonia cosmica è in quel suono primordiale che conferisce forma alle galassie ed agli esseri più piccoli. Il diffondersi di quel suono tesse la tela, il velo di cui si ammanta il volto femminile di Dio per generare l’intero, armonioso cosmo ed oltre il velo che non dato ai mortali di sollevare, l’immanifesta fonte alimenta infinita la danza della vita. Nei miti dei popoli dee tessitrici sono le depositarie dei misteri della vita e della conoscenza del creato: Nonna Ragno degli Hopi, Atena, Proserpina, Methis, Iside tessono e si ammantano generate dal figlio che generano, dal principio ordinatore che si esprime nella loro stessa tela da cui, scendendo di frequenza, emerge il creato: è la rete del Tao cinese, del Wirth dei Celti, di Indra nella tradizione Indù, di Osiride o Ptah in Egitto, è la veste, velo o manto che avvolge il volto femminile di Dio che nel creato è Presenza. In quel reticolo è il mistero della creazione, il suono primordiale che si diffonde dando forma alla terra già informe, rendendo luminosa la matrice già oscura e silenziosa, trasformando la vergine nera, radice universale, in irradiante ed incoronata Aurea Matrix. Allora nel vuoto quadrato, simbolo della manifestazione come il cerchio lo è dell’immanifesto, grembo fecondo e sempre vergine, una prima polarizzazione consente ad una corda invisibile di vibrare e dal primo suono si sviluppano i relativi armonici così formando il reticolo della legge ordinatrice degli universi. La griglia ottenuta unendo le lettere del Quadrato Magico esprime esattamente il diffondersi del suono creatore con i suoi armonici, delimitando il cerchio inscritto nel quadrato l’ottava ed il suo diametro la corda pizzicata dal divino musicista, mentre i cerchi mano a mano di minore grandezza, indicano i rapporti musicali pitagorici: 1 a 2, 2 a 3, 3 a 4, dividendo quella corda in due parti (una ottava superiore), in tre (rapporto di quinta) in quattro (una ulteriore ottava su) ecc. I maestri costruttori avevano la conoscenza profonda del più grande dei misteri ed uno strumento semplice ed efficace, la magica scacchiera con la sua Matrix divina, consentiva loro di rigenerare il cosmo attraverso l’architettura, perché ogni costruzione rispettava e reiterava le leggi del creato divenendo strumento musicale che il suono creatore rendeva vivo e vibrante. Come suggeriva Pitagora l’uomo è misura di tutte le cose e così dal corpo umano vennero prese le misure utilizzate dai Maestri d’opera, vale a dire la Palma, il Palmo, la Spanna, il Piede, il Braccio o Cubito, occultati nello strumento misterioso che si unisce ai tradizionali squadra e compasso e consentire ai maestri costruttori di realizzare le straordinarie costruzioni che ancora suscitano ammirazione ed emozione. La squadra dei maestri costruttori presentava nel lato lungo la misura del cubito, in quello corto il piede e cubito e piede sono tra di loro in rapporto aureo come in successione le ulteriori misure che un simbolo di straordinaria potenza racchiudeva: la stella a cinque punte, sacro sigillo dei Pitagorici, custode dell’Armonia divina. Nel reticolo aureo l’occulto simbolo scaturisce dal rapporto di quinta musicale, il più significativo nell’ordine del creato disponendo i pianeti, informando fiori e foglie, mentre cristalli di ghiaccio, atomo del berillo, celle degli alveari ecc. rispondono ad altri rapporti armonici, quelli che disegnano il Sigillo di Salomone, la stella a sei punte in cui il triangolo del maschile e quello del femminile si incontrano, armonia scaturente dalle nozze sacre degli opposti. Frequenze del suono divino, i simboli geometrici riconducono agli archetipi che, come in alto così in basso, danno forma al creato ed alle costruzioni che ne reiterano l’Armonia. Segreto sommo trasmesso da maestro a discepolo, lo strumento sacro appare custodito nel cuore della diverse tradizioni dato che chiese romaniche e gotiche, sinagoghe, templi indù, moschee e persino le costruzioni dell’Imperatore Federico di Svevia risultano realizzate con la matrice aurea del Quadrato Magico custode degli arcani del cosmo e che conferisce loro la valenza di musica pietrificata. Con il magico strumento diviene semplicissimo tracciare le piante delle costruzioni secondo rapporti armonici:Le immagini che seguono rappresentano la pianta di Santa Croce a Firenze e la facciata di San Francesco ad Assisi. Unendo le lettere del Quadrato Magico del SATOR è possibile ricavare parole significative, come ROSA per l’imperatore Federico II, dato che ad una misteriosa donna di nome Rosa erano dedicate le poesie d’amore della corte palermitana: "Della rosa fronzuta/Diventerò pellegrino;/ch’io l’aggio così perduta"(Federico II) Ebbene dalle linee ottenute unendo le lettere RO e SA e dal fiore della vita emergente dal cuore della Matrice inizia la traccia del progetto di Castel del Monte di Puglia. La pietra che suona e risuona del canto del creato, trova il suo segreto nello strumento che, quale arca racchiude in sé i principi informatori della creazione per cui ogni costruzione sacra è essa stessa la custode di quelle leggi così navigando nelle acque primordiali da cui tutto emerge. Nel verificare presso le diverse tradizioni la conoscenza dello strumento segreto dei maestri costruttori, da solo in grado di permettere ogni realizzazione architettonica, dalla struttura ai singoli elementi e simboli, emerge con meraviglia che il percorso si traduce in una avventurosa cerca della conoscenza primordiale oltre la differenziazione delle lingue: le stesse radici delle parole si ripetono presso popoli diversi e lontani a suggerire la suggestiva ipotesi di una origine comune di un sapere straordinario. La radice STR di SaToR, per esempio, compare nell’ebraico SeTeR=segreto, nel greco SoTeR= salvatore, nell’indù SiTaR, lo strumento musicale che reitera il suono primordiale che conferisce salvezza rigenerando l’universo. Segreto salvifico che ricollega agli archetipi, alle forme scaturite dal suono creatore… Trasmesso gelosamente da maestro a discepolo, il sacro segreto è pervenuto a Leonardo da Vinci. Il famoso Cenacolo, anch’esso custode del segreto della creazione, dove il Cristo-sole è contornato dai 12 apostoli-segni zodiacali, in gruppi di tre secondo i quattro elementi costituenti il creato, a colpo d’occhio scaturisce dalla Aurea Matrix. SATOR Custode del mistero del creato/ per cui la Luce infinita/ divenendo grembo/ risuonò del Verbo/ e Matrice incoronata/ vibrando manifestò il cosmo/ in basso come in alto.../ da Maestro d'Opera a discepolo/ nel silenzio dell'Architettura sacra/ in cui si informa il canto del creato/ perviene Scrigno degli Arcani.../ nella forma e nelle cifre/ Potenza ed Armonia/ Fortuna e Sapienza.../ ...il Segreto dei Segreti/ (M. G. Lopardi -L'AQ.- solstizio d'inverno 2008)

martedì 24 settembre 2013

equinozio a due mani

le parole ritmano musica quando è lei a farsi vento… vibra d’armonia il giorno greve nel felice incastro di foglia che si culla

lunedì 16 settembre 2013

In cielo c’è una danza

Oggi c'è necessità di semplicità, di leggerezza. C'è una nostalgia di qualcosa di più originario, sembra che si cerchi un nuovo inizio e che si tentino altre strade. Si cerca di nuovo il non detto e il non dicibile, oltre il senso stesso della realtà. Non si tratta della «nostalgia del totalmente altro»; è una nostalgia più 'umile', che nasce dall’humus, dalla terra che noi siamo. È il desiderio di essere noi stessi semplicemente, sinceramente. È la necessità di sopravvivere ricominciando daccapo. In un mondo in cui regna sempre più la citazione, il gioco dell’arte combinatoria, la simulazione, l’affabulazione e ultimamente il nulla, si sente il bisogno di leggere ciò che non è mai stato scritto, di recuperare una lingua originaria, quella delle viscere della terra, proveniente forse dalle stelle o dalle danze: forse è il bisogno più semplice e immediato di ritornare soltanto alla spontaneità, per raggiungere un paesaggio spirituale nuovo che la nostra lingua è incapace di scoprire dietro il chiacchiericcio che ormai sovrasta e consuma ogni realtà. L’originalità del pensiero di Schneider si afferma compiutamente nella nozione di “simbolo sonoro”. Le idee e gli oggetti più diversi, riuniti grazie a un ritmo comune, finiscono col formare in noi un insieme semi cosciente che è linguisticamente inesprimibile, ma caratteristico dell’esperienza simbolica. Pur non avendo un significato concettuale, tale insieme possiede un senso espresso dal ritmo che li riunisce e che la musica può riprodurre più di ogni altro linguaggio, perché la manifestazione più alta e essenziale del ritmo è il ritmo sonoro. Se ciò evidentemente già supera ogni idea di simbolismo musicale che la storia della musica occidentale conosca (per lo più nient’altro che immagini trasferite sul piano acustico), Schneider vi aggiunge quella differenza che gli sta a cuore tra cultura primitiva e alta cultura. Così, in evidente consonanza con le nozioni junghiane di “simbolo vivo! ” e “simbolo morto”, distingue il ritmo-simbolo dell’uomo primitivo, in quanto ritmo percepito fuggevolmente ed espresso da un simbolo vivo (da lui chiamato “grido-simbolo”) dal ritmo-simbolo dell’uomo delle alte culture che lo raffigura come oggetto morto, scolpito in pietra, e che, nonostante finga un ritmo di vita, è in realtà un oggetto inanimato. Ancora una volta ad un ritmo direttamente esperito col proprio corpo si oppone un ritmo fissato nello spazio, addirittura materializzato nella pietra. Invece di operare dentro la Natura, ci si pose di fronte ad essa; invece di cantare o emettere gridi-simboli, si fabbricarono strumenti con forme o ornamenti di animali per fare musica. Non solo, ma, al pari di Carl Gustav Jung per il quale il simbolo getta un ponte tra l’io cosciente e l’inconscio, per Schneider il simbolo sonoro getta un ponte fra un mondo primordiale puramente acustico e subcosciente e un mondo materiale perfettamente conscio. In altri termini, al simbolo sonoro viene a corrispondere il mondo semi cosciente del suono luminoso (è evidente qui la coincidenza di tale regno intermedio con ciò che Henry Corbin ha chiamato l’”Immaginale”), che funge da mediatore tra il cielo e la terra e che ha il compito, attraverso il rituale, di far risuonare il ritmo del tempo primordiale sino ai confini della visibilità, risvegliando nelle figure materiali della terra la coscienza della loro originaria sostanza acustica. Così facendo, il rito imbeve di divino ciò che è terreno, di spiritualità acustica ciò che è soltanto fisiologico, e al tempo stesso rende vero il falso e falso il vero, alterando ogni conoscenza fondata sul principio di non contraddizione, per il quale una cosa è solo questo e non altro. Qui si tocca un punto decisivo e finale: una musica “naturale” (così come ogni attività “naturale”) non è il rispecchiamento di un ordine delle cose fissato una volta per sempre e codificato da una Scienza (antica o moderna che sia), ma piuttosto un rituale che, “riconduce” ciò che è materiale verso ciò che è immateriale, giungendo infine in un luogo che non né materiale né immateriale, ma da sempre disponibile alla coscienza dell’uomo: il Sé o fondo dell’Anima. Il moderno ha declassato i simboli e ha schiacciato la trascendenza verso il basso riducendo il discorso religioso a discorso etico e assegnando alla musica soltanto un compito formale e vuoto. La razionalità, l’ambito razioide –come lo chiamerebbe Musil– ama la musica soltanto come sintassi e come struttura grammaticale. Per esso la musica è soltanto un codice e le note musicali una alterazione strutturale di movenze in vista di un riequilibrio. E in questo nuovo incipit il linguaggio musicale resiste, almeno come il bunraku giapponese, come il teatro delle bambole, per il bisogno di esprimere –se non altro– le nostre emozioni, i nostri slanci, le paure, i traumi. Sembra che una incipiente riorganizzazione di un qualche positivo orientamento avvenga all’insegna del linguaggio musicale, di quel linguaggio che non dice e non nomina le cose, ma le evoca soltanto, le annuncia quasi volando al di sopra di esse. Se c’è una crisi dell’oggettività e anche della soggettività, in questa caduta dei due referenti –oltre la povertà espressiva dei simboli– sembra che l’unico aspetto fungente del nostro modo di comprendere e di abbracciare il mondo sia quello estetico-musicale che ha il suo risvolto più immediato a livello religioso nel misticismo chiamato a ergersi sulle ceneri del positivismo e dello scientismo. C’è così un incamminamento verso ciò che è nascosto e ciò che è possibile, c’è il bisogno di «tra-guardare» al mondo attraverso il liminale e il sub-liminale, attraverso l’estasi, il sogno, il mondo onirico, il virtuale, il paranormale, l’irreale. In questa tensione dove l’estremo desiderio è che l’irreale diventi il vero reale assegniamo alla musica il compito di sottrarci all’insipienza del principio di non contraddizione e di compiere un’opera di «sconnessione» dei legami di causa/effetto per farci percepire concretamente il potere che abbiamo di immaginarci diversi da quello che siamo. Si ritorna così al «mistico» dopo la religione e si ritorna in concomitanza a un senso primitivo della musica, si ritorna all’estetico, come a un «campanello d’allarme» del bisogno di recupero del pre-verbale, appunto come nel Bunraku giapponese, dopo i diversi linguaggi musicali e aldilà di essi. Abbiamo bisogno di dare forma alle emozioni non ai discorsi, visto che non crediamo più alla logica delle idee. E se la religiosità di oggi è di carattere essenzialmente emotivo, pare che ci sia il bisogno di recuperare una «musica emotiva», musica discontinua, cifrata, sottomessa a un’opera di auto-ironia dove, se di significati ancora si parla, si è pronti a confessare anche la propria prostituzione a significati multipli e dissonanti. Il senso religioso allora appare ancora strettamente connesso al fatto musicale, ma l’uno e l’altro sono sottomessi a uno stato di usura e di fibrillazione dove occorre ripensare il legame originario che unisce i due modi di sentire per non perdere gli archetipi stessi di un rapporto immemoriale e pre-categoriale. Nel mito di Dioniso la musica è concepita come un suono che prorompe dall'intimo dell'animo umano; nel mito di Apollo è, invece, un suono esterno, che la divinità manda agli uomini per ricordare loro l'armonia dell'universo. Nella concezione legata ad Apollo, la musica è esatta, serena, matematica, collegata alle visioni trascendenti dell'utopia e dell'Armonia delle Sfere. È l’anahata dei teorici indiani. Il suono del silenzio. Nella Cina antica, ad esempio, tutto l’ordine del mondo si modulasulla scala pentatonica indicata dagli intervalli kung (fa), shang (sol), chueh (la), chih (do) e yu (re). Questa scala veniva poi trasposta ogni mese affinché la musica si trovasse sempre in armonia con il suono fondamentale della natura, il quale variava di mese in mese. Ma la teoria musicale di incontro tra natura società e momento religioso si trova nel Li Chi dove la musica non è altro che la sostanza dei rapporti armonici che devono regnare tra cielo e terra. Per tale motivo gli antichi re facevano della musica uno strumento d’ordine e di buon governo. Quando infatti i cinque suoni sono alterati, le categorie sconfinano le une nelle altre e ciò viene chiamato «insolenza». Dunque la musica era correlata all’ordine ad ogni livello: ordine cosmico, ordine stagionale, ordine astrofisico e soprattutto ordine sociale. A loro volta queste armonie particolari erano cooptate nel grande concerto dell’armonia universale che si faceva carico allora e sovranamente del significato religioso in senso pieno. I buddhisti tibetani ritengono che la musica prepari la mente all’illuminazione spirituale e danno molto risalto al suono in rapporto al rituale e alla meditazione. Il mondo si trasforma e si unifica attraverso il suono, un suono che può essere costituito da un «mono-tono», basso, viscerale, ma che esprime l’intensità dell’esperienza ed è il rispecchiamento di una visione originaria, non contaminata, non deturpata dalle cose, dalla dispersione caotica del nostro vivere come cose in mezzo a oggetti. Seduti in fila a gambe incrociate, nei loro abiti variopinti, i monaci tibetani ancora oggi intonano e cantano i loro canti e inni quasi in un gesto di suprema e sovrana libertà dal mondo, dimenticando i segni e penetrando oltre la maya, quel velo che ci nasconde la vera realtà, maya come indice di ogni classificazione, moltiplicazione, come espressione di tutti gli epifenomeni mondani. «Il mondo fu generato dalla sillaba OM, che costituisce l’essenza del saman (canto) e del soffio. Ma oltre questo suono originario, che ricorda quel suono primordiale che ha dato origine al big bang si possono enumerare le differenti tappe che segnano la progressiva materializzazione del mondo a partire da una musica originaria: il mondo sarebbe l’essenza della musica tradotta in metro poetico, il metro è l’essenza del linguaggio, il linguaggio è l’essenza dell’uomo, l’uomo è l’essenza delle piante, le piante sono l’essenza dell’acqua e l’acqua è l’essenza della terra». La pratica del canto armonico non ricerca il torpore indifferenziato di tanta «musica per rilassamento», tanto è vero che non è possibile praticare sdraiati.L'energia degli armonici, convogliata dal sistema auditivo, contribuisce alla formazione e al mantenimento della postura con la colonna vertebrale eretta e distesa, tanto che la serie degli armonici appare come un paradigma dell'evoluzione umana, come il monolito nel film di Kubrick 2001 Odissea nello spazio. Attraverso la pratica del canto armonico, si partecipa fisicamente della natura paradossale della serie degli armonici. L'informazione che se ne deriva non è di natura personale, e pertanto facilita non tanto la soluzione dei problemi, quanto il salto di coscienza ad una percezione completamente diversa dei problemi stessi. Del resto, millenni di saggezza di Oriente e Occidente ci ripetono che i problemi non vanno «affrontati» o presi sul serio, perché in tal modo si da loro troppa importanza e si rafforzano: essi cessano semplicemente di essere tali soltanto in un'altra dimensione, che non è quella del pensiero discorsivo a cui il mondo dell'opinione e della falsa informazione vorrebbero condannarci. Soltanto allora si può capire Wittgenstein quando scrive che coloro a cui il significato della vita appare chiaro non sono in grado di esprimerlo, moderna riformulazione del detto taoista «colui che parla non conosce, colui che conosce non parla». Musica ed esperienza religiosa non appaiono perciò scindibili nella preistoria della nostra comprensione del mondo, in quella realtà iniziale in cui abbiamo incominciato a prendere coscienza del mondo e di noi stessi in una totalità senza distinzioni, senza dicotomie, senza effrazioni, senza specchi. Forse il più grande antropologo che prestò attenzione alla musica ai nostri tempi è stato Lévi-Strauss, secondo il quale c’è un legame stretto tra musica e mito -potremmo omologare il mito al «mondo religioso»– in quanto sono tutti e due strumenti per «dimenticare il tempo». Il suono (inteso come oscillazione periodica) ha il potere di spostare fisicamente la materia e di strutturarla secondo forme precise, dipendenti dalla costellazione dei suoni armonici, tanto che con le conoscenze adeguate e un po' di pratica diventa possibile leggere le forme dei suoni come una partitura. L'osservazione più stupefacente è però che, nel contesto della figura geometrica determinata dal suono, abbiamo a che fare con un sistema dinamico. Ciò significa che la forma permane, mentre i singoli granelli di sabbia sono in costante movimento: Si formano delle correnti. La sabbia viene spostata continuamente come se fosse un fluido. Tuttavia l'organizzazione dei campi vibrazionali persiste in quanto queste correnti di sabbia si muovono nella stessa direziono o in direzioni opposte. Naturalmente, la funzione della sabbia è semplicemente di servire da indicatore. Gli eventi reali nei piatti e nei diaframmi in vibrazione sono di straordinaria complessità. Ad esempio, nei campi appaiono delle aree che l'indicatore rivela essere in movimento rotatorio. I granelli si aggregano in piccole aree circolari che continuano a ruotare con regolarità finché la nota viene suonata. La musica, ancora per Lévi-Strauss, è il mistero supremo delle scienze dell’uomo. Questo appare significativo anche se in fondo si tratta di uno sguardo gettato dall’esterno al senso che la musica ha in rapporto all’uomo e all’esperienza religiosa. Infatti «dimenticare il tempo» significa anche «trascendere il tempo» entrare in una dimensione mistico-religiosa appagante. E tutto ciò che cosa significa se non ritornare all’integrità originaria, incamminarsi verso il paradiso perduto? Non è un caso infatti che nel mondo sciamanico si ritrovino in unità tutto ciò che altrove è in qualche modo più o meno disgiunto, disarticolato, dislocato o distribuito in tempi diversi. Lo sciamano, infatti, quando si è travestito con apposite maschere prendendo posto all’interno dell’ambito rituale a cui è deputato, incomincia a battere il suo tamburo producendo suoni e ritmi che sono religiosi e che coinvolgono il corpo, la mente, lo spirito, creano una performance totale, dove si ritaglia lo spazio come axis mundi e si condensa il tempo, il mondo visibile e il mondo invisibile. Non batte certo l’aria, ma crea un suono originario chiama a raccolta tutte le forze positive e gli spiriti protettori mentre i suoi canti vengono accompagnati con movimenti, grida, imitazione della voce delle diversi suoni del mondo. Le divinità del cielo, della terra, i regni animali e vegetali sono chiamati in causa per far parte dell’armonia del mondo, di quell’armonia che guarisce e che restituisce la realtà nella sua trasparenza originaria. In definitiva ogni esperienza giocata sul pentagramma dell’universo e ogni armonia che nasce dalla fusione di orizzonti totalizzanti di significato non sono altro che la trascrizione più vera dell’esperienza religiosa stessa. È un’esperienza di totalità unica e indissolubile dove momento musicale e momento religioso si fondono e si confondono. Ma tutto ciò vale anche a livello etnografico per molti popoli presenti oggi sul pianeta terra. Il nostro mondo occidentale – pur avendo poca dignità da attribuire al mondo – esige che ogni cosa abbia un nome e «inumidisce» di senso ogni realtà come una religione autoritaria che voglia imporre il battesimo all’intera popolazione. In fondo, gli oggetti del nostro linguaggio che cosa sono se non dei «battezzati» di diritto o dei convertiti di diritto attraverso il senso e il significato loro attribuito? Il non senso è considerato come un’infamia. Ora non sembra così per la musica, per l’etnomusica, che ancora più in là della poesia, può rinunciare al legein, al mettere insieme in funzione della ragione, può rinunciare alla connessione per un più immediato rapporto «contemplativo» del mondo, come avviene, ad esempio, in un haiku giapponese. L’haiku giapponese è un tipo di condensazione dell’esperienza difficilmente accessibile al nostro mondo occidentale in quanto non si cura di creare legami di senso, ma crea semplici e immediati rispecchiamenti come in esempi di questo tipo: «Quante persone sono passate attraverso la pioggia d’autunno Sul ponte di Seta». «Vengo attraverso il sentiero di montagna. Ah! che meraviglia! Una violetta!». Descrittivismo? Impressionismo? Espressionismo? La vita è musica: ha la sua trasparenza e non ha bisogno di niente altro. Abbiamo bisogno ancora del senso delle parole per vivere? Non ci basta il senso della vita? C’è un senso immediato, non logico, non riflesso, non fatto oggetto ancora dei criteri di verità o di falsità, forse è questo l’originario verso il quale inconsciamente ma decisamente ci muoviamo. In questo luogo o meglio in questo «non-luogo» musica ed esperienza religiosa si incontrano ancora e in modo originale. È la teologia apofatica che deve regnare nell’insignificanza che ci circonda. È la musica «spoglia» che deve ritornare, ridotta al suono originario, al nada:suono e nulla ad un tempo. L'uomo moderno necessita di entrare in un Tempio del silenzio dove nella contemplazione del silenzio totale può riscoprire l’anāhata, il suono “non percosso”, che riempie chi lo riceve di musica e di luce. "Quando la rota, che tu sempiterni Desiderato, a sé mi fece atteso, Con l'armonia che temperi e discerni, Parvemi tanto, allor, del cielo acceso De la fiamma del sol, che pioggia o fiume Lago non fece mai tanto disteso". (Par I, 76-81) "O graziosa, suono/gioca. L'universo non è che una conchiglia vuota nella quale la tua mente fa capriole all'infinito" "Ma che suono è questo, così intenso e armonioso, che riempie le mie orecchie?". "È il suono che sull'accordo di intervalli regolari, eppure distinti da una razionale proporzione, risulta dalla spinta e dal movimento delle orbite stesse e, equilibrando i toni acuti con i gravi, crea accordi uniformemente variati; del resto, movimenti così grandiosi non potrebbero svolgersi in silenzio e la natura richiede che le due estremità risuonino, di toni gravi l'una, acuti l'altra". La musica è l'arte e la scienza dei suoni, combinati secondo determinate regole; l'insieme armonico di suoni prodotti da strumenti musicali o da più voci. Una vera e propria scienza, che basa le sue fondamenta su leggi matematiche e fisiche incontrovertibili, mentre Il diapason di 440 vibrazioni non ha alcuna valenza scientifica. Nell'Universo l’energia è vibrazione. Il ritmo vibratorio di un oggetto, compreso il corpo umano, si chiama risonanza. Se rimane un punto fermo l’oscillazione a 432 Hz, la sua logica di accordatura (in sostanza, come arrivare ad ottenere i 432 Hz...) non è per niente scontata. Tutto parte dall'ottava. E non è un caso che l’infinito si indichi con un otto... perchè parte tutto dagli 8 Hz . Il nostro pianeta “batte” a otto cicli al secondo (8 Hz, conosciuto anche come la “Risonanza fondamentale di Schumann” 8 Hz sono il ritmo dell’onda Alfa del cervello, alla quale i nostri emisferi cerebrali sono sincronizzati per operare insieme in modo uguale. E gli esempi sarebbero infiniti proprio come gli 8 Hz, un livello a cui si arriva alla Super Coscienza. Tutto è geometricamente perfetto. Ma da cosa dipende l’importanza di questo numero e dei numeri che lo compongono? La sostanza è questa: il 432 è la precisa sintesi del tutto, in armonia con ogni principio del macro e del microcosmo universale. La regola base per l’armonia è sempre la stessa: “come in alto, così in basso” (e viceversa). www.matematicabinaria.it/11-il-numero-quantico-137 - “ La lingua musicale è universale: perché dunque la nota che ha nome LA a Parigi o a Milano dovrebbe diventare un SI bemolle a Roma?” Verdi, in una sua lettera datata 1884, non usa mezzi termini per denunciare che qualcuno in Vaticano ha voluto di fatto sopprimere il diapason a 432 Hz.

venerdì 6 settembre 2013