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lunedì 28 gennaio 2013

magie di sguardi



La dilatazione della pupilla rivela l'orientamento sessuale di una persona

Ho avuto in dono i tuoi occhi di bimbo
sconsolati e imploranti
fragile fremito d'ali di farfalla sulla pelle
ed il sorriso complice di quelli giocosi
talvolta sin troppo vispi e birichini

Ho avuto in dono gli occhi tuoi dèmoni
neri e profondi: senza tempo
incapaci di cancellare o corrompere minimamente
l'immagine di te marchiata a fuoco
quella che ho avuto in dono dall'infinito

Ma oggi tu mi doni
gli occhi d'un vecchio stanco
dell'uomo incurvato dalle prove
e cerco disperatamente la magia del tuo sguardo
dall'ultimo tuo viaggio non l'ho più trovato
no, non può essere fuggito per sempre
ti prego, dimmi dove s'è nascosto il tuo meraviglioso bambino.

Tutti i diritti riservati
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What movies make you cry?
L’amore è un elemento magico. L’amore è il fenomeno più strano e più potente che esista, perché è capace di contenere in sé anche tutto ciò che non è amore, ossia è disposto ad accogliere dentro di sé anche ciò che nega l’amore. Io posso amare chi odia e in questo modo lo cum-prehendo, lo prendo dentro di me, mentre chi odia è impotente, non può fare nulla per sopravanzarmi, può solo mettere un ostacolo fra me e lui, per proteggersi dal troppo amore. Se ci pensiamo bene, l’odio, il giudizio e la diffidenza sono sentimenti poco potenti, quasi ridicoli, perché per poter esistere devono essere necessariamente limitati; devono infatti tenere fuori da sé tutto ciò che non riescono ad amare, autoimponendosi dei confini. La conseguenza è che più proviamo fastidi... più è vasta la fetta di mondo che non possiamo cum-prehendere all’interno di noi... più diventiamo piccoli e impotenti noi stessi.
Poiché l’amore è negli occhi di chi guarda, se non amiamo è solo perché non abbiamo occhi per vedere, non perché qualcuno stia facendo qualcosa di male. La Bellezza è ovunque... ma noi non la sopportiamo, non abbiamo ancora gli organi adatti per percepirla. Siamo una specie in evoluzione.
Il nostro sguardo sul mondo stabilisce in quale genere di realtà vogliamo vivere il futuro. Il nostro livello vibratorio determina dapprima il modo in cui vediamo il mondo e in un secondo tempo gli eventi che ci accadono. Se cambia la frequenza delle nostre vibrazioni – ossia il nostro sguardo sul mondo – la vita ci apparirà completamente diversa. E come si cambia la frequenza delle vibrazioni? In realtà non c’entrano il contenuto della mente, il pensare positivo o la meditazione. La meditazione può aiutare, così come l’alimentazione o la musica da reiki, ma non sarà il fatto che io mangi solo tofu a farmi perdonare il tradimento del mio ex marito!
Che cosa può indurmi, con il tempo, a perdonarlo? Il fatto che cominci a realizzare che sono stato io a farglielo fare, sebbene inconsciamente. Se non partiamo da questo presupposto, nessun ulteriore passo avanti può essere compiuto, perché relegare all’esterno la causa delle nostre disgrazie significa far precipitare verso il basso le vibrazioni e perdere in tal modo potere magico.
Già... il potere della Magia risiede proprio in questo: il mago e la maga sanno che sono loro stessi a causare gli eventi che li circondano. E rispondono con l’amore a qualunque circostanza. Questo genere di amore riguarda la Magia, non la moralità o il sentimentalismo.
Le nostre vibrazioni saranno tanto più elevate quanto più amore ci sarà in noi. La realtà che percepiamo serve a darci un quadro esatto della frequenza delle nostre vibrazioni. Quando il mondo ci appare come un posto bello e sicuro, significa che stiamo vibrando molto intensamente. Quando ci appare come un posto tenebroso o deprimente, allora significa che le nostre vibrazioni sono su una frequenza molto bassa.
Il mago e la maga sono diventati veloci nell’aprirsi all’amore quando si accorgono che le vibrazioni stanno scendendo. In tal modo imparano a gestire la loro realtà.
NON DUCOR DUCO (non vengo condotto, conduco)
(di Salvatore Brizzi)






PaulaLaylagabriel moreno 2

sabato 26 gennaio 2013

"Poesia dei doni"



Ringraziare voglio il divino
labirinto degli effetti e delle cause
per la diversità delle creature
che compongono questo singolare universo,
per la ragione, che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto,
per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
per l'amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità,
per il saldo diamante e l'acqua sciolta,
per l'algebra, palazzo dai precisi cristalli,
per le mistiche monete di Angelus Silesius,
per Schopenhauer,
che forse decifrò l'universo,
per lo splendore del fuoco
che nessun essere umano può guardare senza uno stupore antico,
per il mogano, il cedro e il sandalo,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede,
per certe vigilie e giornate del 1955,
per i duri mandriani che nella pianura
aizzano le bestie e l'alba,
per il mattino a Montevideo,
per l'arte dell'amicizia,
per l'ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all'altra.
per quel sogno dell'Islam che abbracciò
mille notti e una notte,
per quell'altro sogno dell'inferno,
della torre del fuoco che purifica,
e delle sfere gloriose,
per Swedenborg,
che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in me,
per la lingua che, secoli fa, parlai nella Northumbria,
per la spada e Tarpa dei sassoni,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo,
per la musica verbale dell'Inghilterra,
per la musica verbale della Germania,
per l'oro, che sfolgora nei versi,
per l'epico inverno,
per il nome di un libro che non ho letto: Gesta Dei per Francos
per Verlaine, innocente come gli uccelli,
per il prisma di cristallo e il peso d'ottone,
per le strisce della tigre,
per le alte torri di San Francisco e dell'isola di Manhattan
per il mattino nel Texas,
per quel sivigliano che stese l'Epistola Morale
e il cui nome, come egli avrebbe preferito, ignoriamo,
per Seneca e Lucano, di Cordova,
che prima dello spagnolo scrissero
tutta la letteratura spagnola,
per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
per l'odore medicinale degli eucalipti,
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l'oblio, che annulla o modifica il passato,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l'illusione di un principio
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
o in una vecchia spada,
per Whitman e Francesco d'Assisi, che scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all'ultimo verso
e cambia secondo gli uomini,
per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
perché moriva così lentamente,
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
per due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per la musica, misteriosa forma del tempo.

Jeorge Luis Borges

venerdì 25 gennaio 2013

tous dans une chanson

Les mots, les mots tendres qu'on murmure
Les caresses, les plus pures
Les serments au fond des bois
Les fleurs qu'on retrouve dans un livre
Dont le parfum vous enivre
Un souvenir qui me poursuit
Sans cesse
Un paysage si bien caché
Et dans un nuage le cher visage



Parole tenere, solo lievemente sussurrate; (la magia dell'incotro)
caste carezze, le più pure e rare (l'innamorarsi dell'alterità)
e le promesse, i giuramenti, quelli veri (della mia essenza)

sono i fiori ritrovati tra le pagine del libro (della vita)
il cui profumo m'ubriaca, mi scuote nel profondo (sento che in questo c'è tutto il me stesso unito, l'androgino tanto agognato)

E' il ricordo lontano d'un paesaggio nascosto
-di un mè tanto, tanto più antico-
che mi perseguita senza sosta (talmente alto è il desiderio di verità)

in tutto questo TU SEI ! ché infine, mi appari:
(approdo, casa, bellezza eterna, infinito amore, divina luce, soffio di vita, il Nulla, il Tutto)
eppure, (con te e in te scopro che anch'io SONO)
ti celi agli occhi (che su questo 'piano' non sono ancora pronti, sono come ciechi, in attesa della Sophia,la "pietra bianca" della conoscenza che rende capaci di sollevare il velo del mondo invisibile)
ti nascondi dentro una nuvola
(non ti mostri ancora in tutto il tuo abbagliante splendore)
pudica dea, (scoprirsi nudi terrorizza e affascina al contempo, ma tu temi di mostrarti anche per la tua enorme potenza che annienta sconvolge chi non è preparato a ricerverla)
velato hai il caro volto. (la felicità terrena è sempre offuscata e, del resto, la tua divina forza é sovrumana:agisce nel mondo come un mare incandescente, con imprevedibile potenza; ma grazie a te, mia bianca pietra che porti inciso il sacro nome, un giorno sarò degna di incontrarti faccia a faccia).

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Toi qui, comme un coup de couteau,
Dans mon coeur plaintif es entrée;
Toi qui, forte comme un troupeau
De démons, vins, folle et parée,

De mon esprit humilié
Faire ton lit et ton domaine;
- Infâme à qui je suis lié
Comme un forçat à la chaîne,
Comme au jeu le joueur têtu,
Comme à la bouteille l'ivrogne,
Comme aux vermines la charogne,
- Maudite, maudite sois-tu!

J'ai prié le glaive rapide
De conquérir ma liberté
Et j'ai dit au poison perfide
De secourir ma lâcheté.
Hélas! le poison et le glaive
M'ont pris en dédain et m'ont dit:
«Tu n'es pas digne qu'on t'enlève
A ton esclavage maudit,
Imbécile! - de son empire
Si nos efforts te délivraient,
Tes baisers ressusciteraient
Le cadavre de ton vampire!»

Vampire - C. Baudelaire da I fiori del male (Spleen e ideale)
« Nessuno riesce a ottenere la perfezione mediante operazioni difficili e noiose;
 ma la perfezione si può acquistare facilmente mediante la soddisfazione di tutti
 i desideri » Guhyasamāja Tantra; citato in Mircea Eliade, Lo yoga, Op. cit., p. 197

“Se vai dal pensiero, porta il cuore con te. Se vai dall’amore, porta la testa con te. Vuoto è l’amore senza il pensiero, vuoto il pensiero senza l’amore.”(C. G. Jung, Libro rosso. Liber novus)   

La coppia divina è  intesa come l'unica divinità suprema, vista nei due aspetti trascendente (il maschile) e immanente (il femminile). La Śakti (Etimologicamente, śakti vuol dire "energia"), il polo femminile, altro non è se non la potenza del Dio, il suo aspetto immanente, la forza vivificante che opera nel mondo. Śakti è presente nell'essere umano come kuṇḍalinī, energia quiescente, che l'individuo può risvegliare e utilizzare per fini spirituali. Śakti è presente in ogni donna, nel senso che ogni donna è ritenuta rappresentare e possedere naturalmente l'energia divina. Da ciò deriva il posto in un certo senso privilegiato che la donna occupa nelle tradizioni tantriche. Secondo la tradizione vaiṣṇava del Sahajiyā  l'uomo e la donna sono ritenuti rappresentazioni concrete della coppia divina, in questo caso Kṛṣṇa e Rādhā, e l'unione sessuale ritualizzata è mezzo per il raggiungimento del samādhi. La kuṇḍalinī, forma concreta della Śakti, si trova normalmente inattiva nell'individuo, arrotolata (è questo il significato letterale del termine) nella zona perineale del corpo yogico. Secondo le dottrine yogiche del Tantra, questa kuṇḍalinī ha come meta suprema, proprio in quanto Śakti, il ricongiungimento con la controparte maschile, Śiva: è la riunione del maschile e del femminile, il ripristino dell'androginità originaria, la realizzazione nel microscosmo umano dell'Essere Supremo. Nei testi che spiegano le tecniche yogiche per la risalita della kuṇḍalinī, il linguaggio adoperato è ricco di metafore sessuali. Quando eseguito in accordo al Tantra il rituale sessuale culmina in una sublime esperienza di infinita consapevolezza, per entrambi i partecipanti. I Tantra specificano che il sesso ha tre finalità ben distinte - procreazione, piacere e liberazione. Coloro che cercano la liberazione evitano l'orgasmo frizionale per una forma più alta di estasi, e la coppia che prende parte al rituale si immobilizza in un abbraccio statico; diversi rituali sessuali sono raccomandati e praticati, comprendendo riti purificatori e preparatori elaborati e meticolosi. L'atto risulta in un equilibrio delle energie che scorrono nell'ida prāṇico nel corpo yogico di entrambi i partecipanti, il suṣumnā si risveglia e la kuṇḍalinī risale dentro di esso. Questo può infine culminare nel samādhi, dove le rispettive individualità di ciascuno sono completamente dissolte nella coscienza cosmica. I praticanti interpretano l'atto su molteplici livelli; i partecipanti maschio e femmina unendosi fisicamente rappresentano il Dio e la Dea, il principio maschile e quello femminile, e al di là del corpo fisico le due energie si fondono generando un unico indistinto.

« La fusione, quella della coppia Śiva e Śakti, è l'energia della felicità, da cui emana tutto l'universo: realtà al di là del supremo e del non-supremo, essa è chiamata Dea, essenza e Cuore [glorioso]: è l'emissione, il Signore Supremo. »

« Il corpo umano acquista nel tantrismo un'importanza mai raggiunta nella storia spirituale dell'India. Certo, la salute e la forza, l'interesse per una fisiologia paragonabile al Cosmo ed implicitamente santificata, sono valori vedici, se non prevedici. Ma il tantrismo porta alle estreme conseguenze la concezione secondo la quale la santità non è realizzabile che in un "corpo divino". »

« Per chi non sa questo, la propria consorte a cui deve unirsi giace incosciente, ma così conosce, sa che essa è la consorte interiore, ben desta, la shakti con cui compiere la propria unione. L'effluvio di beatitudine che è prodotto dall'amplesso della coppia divina del Supremo Shiva e la Suprema Dea, questo è l'unico e vero significato dell'unione sessuale. Chi in altro modo si unisce a una donna, non è altro che un animale che copula. »

giovedì 24 gennaio 2013

le vie

alchemiche: la via umida, la via secca la via mista o dell' amalgama e la via breve.
       
"Prega,leggi,leggi,leggi,rileggi,lavora e allora troverai" (Mutus Liber,XIV Tavola)
Secondo la Teoria generale alchemica,la materia grezza è assimilabile al concetto di caos indifferenziato,materializzatosi in un liquore minerale nelle viscere della terra,considerata un organismo vivente quale Grande Madre che nutre e matura i minerali e i metalli generati nelle sue viscere.Questa sostanza-principio,eterica e semimaterializzata,viene chiamata simbolicamente Mercurio dei Saggi o dei Filosofi . Dal Mercurio dei Saggi derivano tutti i corpi dell'Universo,ed è all'origine dei sette metalli primari,così come la luce bianca origina i 7 colori del prisma,che si possono ridurre ancora alla luce bianca.Quindi,anche i sette metalli si possono 'ricondurre'al Mercurio dei Filosofi. Ai sette metalli corrispondono i sette pianeti dell'astronomia e dell'astrologia antica. Per gli alchimisti,tutta la creazione evolve verso la perfezione:i metalli verso l'oro,che rappresenta la forma più nobile della loro specie,così come l'uomo tende verso la divinizzazione.Da un lato l'uomo,estraendo il minerale dalla terra,arresta questo processo lentissimo di trasformazione,ma dall'altro(grazie al 'dono'che gli è concesso da Dio) egli può accelerare questo processo grazie alle virtù della PIETRA.Variamente, alcuni teorizzano che per una causa imprecisa, ci fu qualcosa che 'bloccò'l'evoluzione dei minerali,così come l'uomo subì la 'caduta'simboleggiata dalla cacciata dall'EDEN e si allontanò dalla propria natura divina.L'alchimista viene allora inteso come colui che accelera il processo della Natura, 'restituendo'l'Originaria Perfezione. Dalla divina Unità,avviene il passaggio alla molteplicità multiforme.
Manifestazioni diverse della 'materia prima',cioè del Mercurio dei Saggi, sono i 4 elementi:TERRA, ACQUA, ARIA, FUOCO trasmutabili,secondo gli alchimisti,gli uni negli altri. Il filosofo greco Empedocle osserva che l'intero mondo del divenire,la natura e gli universi sono generati dall'attività di due principi divini,che ha chiamato con i termini simbolici di zolfo e mercurio,di opposta polarità i quali, a loro volta,attraverso l'azione del terzo principio,il sale,determinano l'incessante assemblarsi e dividersi dei 4 elementi primari.Terra-solidi; acqua-liquidi; aria-gas; fuoco-radiazione. Se di per sè questa teoria è irrazionale,ambigua e incongruente, si può cercare di trovarvi una logica:il passaggio dalla terra (stato solido)alla'acqua(stato liquido)all'aria(stato aereo,vaporoso)al fuoco(luce)segna le successive trasformazioni e 'sublimazioni'della materia che progressivamente si smaterializza fino a raggiungere l'eterea e luminosa consistenza della pietra filosofale.
le due vie...Partono dagli stessi principi. Esiste l’Ars brevis e l’Ars longa, comunemente definiti via breve e via lunga, oppure via secca e via umida. Tuttavia, nella simbologia ermetica, con via secca e via umida vengono anche indicati altri due procedimenti che sono propri della via lunga. E si riferiscono al tipo d’illuminazione. Poiché quest’incognita sorpassa i limiti dell’intelletto umano- spiega Fulcanelli - non può essere acquisita che mediante la rivelazione Divina.“Dio, procura la saggezza a chi gli sembra opportuno e la trasmette mediante lo Spirito Santo, Luce del mondo”». Questa è la via secca,cioè senza particolari rivelazioni e, laboristicamente, i Testi parlano di forni ad alte temperature,crogioli di terra refrattaria o porcellana e tempi di lavorazione di settimane(è difficile e pericolosa). E'quella seguita da quasi tutti gli Adepti. La via umida, invece, comprende la rivelazione totale, cioè sia il campo spirituale sia fisico.Essa opera,praticamente,a basse temperature in vasi e utensili di vetro pirex, usando oro e 'mercurio'e con tempi di cozione lunghissimi(interi anni)e ininterrotti,secondo i 'sette regimi'.La trasparenza del vaso permette all'artista di poter seguire le molteplici trasformazioni e le variazioni della gamma cromatica del 'compost': nel matraccio, mantenuto a temperatura costante e moderata, si susseguono le fasi di intense colorazioni:il nero,il bianco,il giallo...la coda di pavone...il rosso della maturazione...colori-dellopera.jpg (31649 byte) Miniatura dello Splendor Solis di S.Trismosin(1582),dal titolo "Regimen Veneris"=il Regime di Venere: sotto il segno di Venere(simboleggiato in alto dalla dea dell'amore), si realizza l'unione alchmistica simboleggiata dalla coda di pavone(compresenza dei colori)e dalla musica('armonia').La figura del pavone è equivalente a quella dell'arcobaleno.
Si è visto che il mezzo per rivitalizzare i minerali (e l'Uomo) è il Fuoco Segreto; bisogna individuare quali sono le condizioni e i metodi per incorporare di fatto questa radiazione'nei materiali iniziali.I Maestri ricordano che l'alchimia è chiamata anche "Agricoltura Celeste" perchè l'artista deve seguire la Natura e i suo cicli stagionali, solari e soprattutto lunari. Enigmaticamente, Atorene ci tramanda che le operazioni più importanti "avranno dunque luogo con la Luna crescente,quanto più essa è vicina alla sua pienezza,preferibilmente con un cielo sereno...la Luna non è soltanto l'evocazione della bellezza e la luce nell'immensità delle tenebre,essa costituisce anche un'emittente di onde.Così, come i raggi catodici divengono raggi X riflettendosi su una placca di metallo, i possenti raggi solari hanno delle proprietà molto diverse una volta che siano riflessi dal nostro satellite".
Le stagioni sono buone a secondo del simbolismo. Può essere il solstizio invernale o il solstizio estivo con l’emblematica figura di San Giovanni, battezzatore per eccellenza. L’autunno con la morte della natura e immagine della morte mistica; la primavera con il risveglio della natura e immagine del risveglio dell’intelligenza o iniziatica. «I Saggi sapendo che il sangue minerale di cui avevano bisogno il corpo fisso e inerte dell’oro, non era altro che una condensazione dello Spirito Universale, Anima di tutte le cose, sapendo che questa condensazione avveniva soltanto di notte, col favore delle tenebre, del cielo puro e dell’aria calma; sapendo, infine, che la stagione in cui essa si manifestava più abbondantemente corrispondeva alla primavera celeste, i Saggi, per tutte queste ragioni, le diedero il nome di rugiada di maggio».

È durante la notte ermetica (nostro buio) che si possono catturare o condensare le illuminazioni, che però necessitano della calma e purezza della psiche. Queste illuminazioni possono essere più abbondanti soltanto nel mese di maggio, il mese della Madonna o del mercurio filosofico, cioè nello stadio della terza operazione filosofale, quando è stata realizzata la base del Magistero e la psiche non è più vittima di confusioni.
Nella IV Tavola del Mutus Liber,appaiono l'Ariete e il Toro per fare capire quale stagione sia propizia.

Dopo i lavori preliminari, si affronta la Prima Opera,la separazione." Dio vide che la luce era buona cosa e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte"( Genesi I,4-5). Per giungere a questo, l'alchimista assiste all'attrazione dei 'tre protagonisti',al loro metaforico 'combattimento',alla loro calcinazione(separazione vera e propria del 'fisso'dal 'volatile',della luce dalle tenebre,dello spirito dalla materia). Allegoria ermetica, tratta dall' "Aurora Consurgens",del XIV -XVsec.(Biblioteca Centrale di Zurigo,codex rhenovacensis 172):incontro-scontro tra le due opposte nature: solforosa e fissa(simboleggiata dal leone,dal cavaliere, e dal Sole,maschile,penetrante,igneo,la 'psiche'), mercuriale e volatile(simboleggiato nel grifone,leggero,sottile,femminile,lunare,l'Intelligenza Universale).Il 'sale'-il mediatore tra le due-si associa volentieri sia al fisso che al volatile. Il principio maschile(zolfo) dovrà attirare verso di sè la parte solforososa contenuta nella natura mercuriale,e viceversa.

Otterrà,al termine di questa prima fase, una sostanza che viene chiamata calamita dei saggi,specchio dell'arte,l'aimant, che sarà in grado di incorporare il nostro 'sale' e allo stesso tempo caricare il 'sale'di energia. E'questo uno dei 'passaggi' cruciali alchemici:questo racchiude il verbo dimissum, la parola perduta,il verbo creatore...l'incarnazione di Dio nella materia. Dal vecchio drago nero,solfureo,si otterrà la Bianca Vergine,
(statuetta egizia di epoca romana che rappresenta idealmente la nostra 'calamita',il mercurio dei saggi),che recherà una stella o 'artiglio del grifone'(e indicherà all'artista che sta procedendo sulla strada giusta).
E' paragonabile al motto "in hoc signo vinces". Vediamo ora i nostri due protagonisti iniziali sublimati,la vergine e il prete,ma dov'è finito il prode cavaliere,che -armato della sua spada di ferro- aveva affrontato il drago nero e aveva attirato su di sè lo zolfo arsenicale liberando la vergine metallica? Il fatidico 'lingotto'ottenuto,separato in due da un colpo di martello,rivela una parte bassa,lucente e più pesante,quindi raccolta sul fondo dello stampo che raccoglie la fusione e una parte più alta,nerastra,uno scarto solforoso che è chiamato caput mortuum, che è più leggera ed occupa la parte più alta del cilindro...il principio maschile,igneo,si è installato nella terra (caput). Esso non è inservibile,anzi costituirà uno dei punti cruciali delle successive operazioni. Le due nature dovranno essere nuovamente unite. Dalla testa di morto dovrà rinascere lo Spirito divinizzato. Allegoricamente, l'Horus egizio nascerà dal dio Osiride morto; dal sacrifico di Gesù sulla croce,dipenderà la sua divinizzazione e la Redenzione dell'umanità.La croce è simbolo del crogiolo alchemico,dove la materia viene purificata e spiritualizzata.A queste operazioni, lungamente ripetute,gli alchimisti danno il nome di aquile o sublimazioni:allegoria della potenza dell'aquila che porta la preda fin sopra le alte vette,così il potente 'cavaliere' ha saputo portare in superficie la Bianca Vergine che si nascondeva all'interno del Drago Nero Solfureo(ovvero ha separato la Luce dalle Tenebre,lo Spirito dalla Materia).La separazione della prima opera deve ora divenire unione delle due opposte nature per dare origine all'androginia,la perfetta fusione tra maschio-femmina,tra Dio e l'uomo, che provoca la morte della nostra dimensione materiale.Questo nuovo 'prodotto',che in alchimia si chiama rebis (regolo), la cosa duplice,è il risultato della seconda Opera.
Allegoria tratta dal "Rosarium Philosophorum",di Amsterdam: rappresenta l'androginia. Notare i neri corvi,l'aquila delle sublimazioni,la lepre terrestre e il pipistrello volatile...Allegoricamente è il bambino divino,partorito dalla Vergine mercuriale,chiamato in molti modi: remora,Hermes,pesce,mercurio filosofico (da distinguersi dal mercurio dei saggi che lo ha generato)...Ora,il nostro prodotto,chiamato anche uovo filosofico,deve essere sottoposto alla terza prova,quella del fuoco. Incessantemente,la nostra materia continua ad incorporare l'energia 'radiante'perciò aumenta notevolmente di peso. L'alchimia è chiamata anche Arte della Musica perchè in questa fase si producono sette suoni,sette sibili in scala armonica crescente che indicano il buon andamento delle operazioni. Su di esse l'artista deve modulare il 'fuoco'adattandolo in perfetta armonia con il cambiamento delle note. Visivamente,gli è impedito di vedere cosa accade nel suo 'composto' poichè sulla superficie è comparsa una sorta di crosta calcarea,il 'guscio dell'uovo'appunto.Il discepolo di Fulcanelli,Eugene Canseliet così descrive l'emozione della fase finale:"Dunque, grazie a queste note, voi seguite il procedere della grande cozione fino alla pietra al rosso. Voi seguite così il passaggio dei pianeti, dei colori...l'uovo si apre, il guscio si spezza e allora appare, tra le ceneri...il rubino centrale. E' la pietra. La sua forza può essere molto differente. In seguito la si moltiplica, per aumentare la sua forza, con il mercurio che si è messo da parte a questo scopo". I collegamenti con i quattro elementi,le quattro stagioni,i quattro momenti del giorno,le quattro età dell'uomo suggeriscono la ciclicità dell'opus alchemico,che ha per simbolo la RUOTA o l' OUROBOROS,il serpente che si morde la coda,come osserviamo in questa iconografia tratta da Synosius, trascrizione di Theodore Palecanos(1478), Parigi, Biblioteca Nazionale: con questo simbolo l'immaginario pagano volle rappresentare il perpetuo moto del mondo, l'unità del Tutto (il cerchio) che si dispiega nella molteplicità delle trasformazioni cicliche( per le sue spire,il serpente è simbolo delle fasi lunari) per tornare poi sempre in sè stessa(la congiunzione della coda con la testa), conciliando così l' apparente contraddizione tra l' "uno" e il "molteplice". Le fasi dell'opus'alchemico sono -a seconda dei trattati-da tre a cinque,ma più comunemente quattro: nigredo('putrefacio')=fase della materia al nero,grezza,assimilabile al piombo,all'uomo materiale; albedo=contrassegnata dal colore bianco(la vergine bianca,la mente nobilitata); la fase 'citrinitas',contrassegnata dal giallo(l'uovo filosofico); 'rubedo'=corrisponde al rosso e all'oro o pietra filosofale;talvolta è la 'viriditas',corrispondente al verde,colore della vegetazione e della vita. Le quattro fasi simboleggiano un 'sistema'simbolico e ciclico,di cui l'alchimia diventa il cardine,compendiando in sè, e a sè subordinando, ogni altra quadripartizione antropologica e cosmica. Alla 'nigredo' corrisponde l'elemento terra, la notte, l'inverno, la vecchiaia e la morte,la malinconia. All' "albedo" corrisponde l'elemento acqua, l'alba, la primavera, la fanciullezza e l'umore flemmatico. Alla 'citrinitas' corrisponde l'elemento aria, il meriggio,l'estate,la giovinezza. Alla rubedo l'elemento fuoco, la luce limpida dell'autunno e del tramonto,la maturità,la luce dell'illuminazione
L'impresa va sempre ripresa da capo e ripetuta: dalla maturità(il culmine)si ricade nel punto più basso,nell'inverno, la notte,la vecchiaia e la morte,l'interramento e la putrefazione. Ma questa ciclicità è garanzia rasserenante perchè dall'inverno si risalità alla primavera,dalla notte all'alba,dalla morte ad una nuova rinascita(Martin Lutero vedeva nell'opus alchemico il simbolo stesso della resurrezione).
Gli alchimisti concordano da migliaia di anni che il Grande Magistero porta all'acquisizione di una triplice corona regale, al conseguimento supremo,cosiddetto donum dei(ottenuto da pochissimi Adepti nel corso dei secoli),all'ottenimento della pietra filosofale,detta anche rubino dei saggi,una polvere rossa e granulosa che viene ottenuta al termine della Terza Opera dopo un procedimento lungo e difficoltoso.
Il donum dei o pietra filosofale contiene in sè tre proprietà per colui che la consegue:-la panacea o medicina universale(la pietra disciolta in un liquore alcolico produrrebbe l'elisir di lunga vita che,ingerito,è in grado di guarire qualsiasi malattia e di conferire l'Immortalità); la seconda è l'acquisizione dell'onniscenza o scienza innata che gli permette di prendere consapevolezza del passato,del presente e del futuro, del bene e del male(cogliere esattamente il biblico frutto dall'albero della Conoscenza, secondo le regole): il raggiungimento di questo stato è lo scopo supremo della creazione, ovvero l'incarnazione dello spirito divino nella densità della materia; la terza proprietà della pietra è quella trasmutativa, la meno importante ma quella più ricercata dagli avidi e che ha colpito maggiormente l'immaginario popolare: è la capacità della pietra di trasmutare -a sua volta-altre porzioni di metallo in oro.La forma assunta a questo scopo viene chiamata polvere di proiezione,la pietra viene anche chiamata tintura per il suo potere di tingere i metalli vili.Da ciò deriva l'enorme potere di arricchimento detenuto dall'Adepto,che egli userà per scopi strettamente umanitari, avendo egli sviluppato un senso morale parallelo all'elaborazione della pietra e costituendo anzi una conditio sine qua non per la riuscita finale.
XV Tavola del Mutus Liber: l 'apoteosi. La coppia rappresenta le due nature,sole e luna,che unendosi hanno dato vita allo stato divinizzato,alla 'pietra'.La metafora ricalca le vicende di ERCOLE,che è rappresentato imberbe ed inesperto giacente a terra(sotto).Attraverso le dodici fatiche si è trasfigurato(in alto) nel saggio barbuto e chiaroveggente (la scritta dice 'Oculatus abis') che ha raggiunto la coscienza divina e la vita eterna.In mano tiene due rose:bianca e rossa del magistero,mentre la scala è distesa a terra poichè inservibile,ormai: egli ha scalato la vetta e raggiunto lo stato Supremo di Coscienza
l'immagine di apertura mostra la coppia di Adepti che ha ottenuto la 'pietra',simboleggiata dal Mercurio dei Saggi ( nella fiala centrale); la loro raccomandazione è contenuta nella scritta:leggere, rileggere molte volte i Testi; dopo aver lavorato, alla fine si potrà trovare la 'pietra' , sul segreto della quale occorre tacere. Perchè solo chi persevera con pazienza e onestà morale alla vera Conoscenza di sè stesso, potrà riuscire nell'Impresa, guidato dall'Illuminazione Divina.
Leggende, miti universali, fiabe...nascondono un significato alchemico specifico,le cui chiavi le detiene solo colui che è in grado di decifrarlo. Così, perfino l'ingenua fiaba di Biancaneve assume un'interpretazione del tutto 'diversa' da quella cui siamo abituati.Biancaneve incarna la giovane Vergine,la miniera d'oro.I sette nani o gnomi(dal greco gnosis=conoscenza) sono l'aspetto della materia minerale nei suoi sette prolungamenti(i 7 metalli planetari)ed ognuno ha l'aspetto e il carattere del pianeta che lo domina:Saturno, la Luna,Venere,ecc.Ma è il saturnino (Brontolo)a fornire i maggiori servigi al gruppo e a salvare la situazione in molti casi.Biancaneve è consegnata dalla malvagia regina al cacciatore Verde perchè la faccia morire.Ma si tratta di una morte apparente causata dall'ingestione della mela avvelenata e in seguito la giovane Vergine sposerà il Principe dei suoi sogni che è giovane e bello.Egli incarna il nostro Mercurio Filosofale(negli antichi miti, Mercurio aveva come attributo una eterna giovinezza nel volto e nel corpo).Dall'unione del Mercurio e della Vergine(il principe e Biancaneve) nasce la conclusione di tutte le fiabe: vissero felici e contenti ed ebbero molti bambini...La moltiplicazione ermetica ottenuta grazie alla Pietra, risponde all'insegnamento della Genesi"Crescete e moltiplicatevi".

tratto dalla Ricerca Raccolta da Marisa U. in www.duepassinelmistero.com

 
Matrimonio alchemico (da "Le dodici chiavi della filosofia",di Basilio Valentino -Sesta Chiave):in questa allegoria sono criptati altri significati ermetici: l'unione regale dello zolfo e del mercurio. I due sposi simboleggiano le due nature mentre il vescovo allude al sale o fuoco segreto.Al di sopra,il flusso celeste rende canonicamente valide le operazioni alchemiche.In questa scena si possono ravvisare precise valenze simbolico-operative. L'energia del Fuoco Sacro che si sviluppa nella sessualità è sicuramente la forza più potente. La Divina Madre Kundalini che si alza e ricostruisce i nostri "corpi solari" che hanno la funzione di accogliere e contenere l'energia Cristica che stiamo incarnando. Esiste la via della sessualità Sacra che induce l'uomo e la donna a non raggiungere l'orgasmo per contenere e sublimare l'enorme energia Spirituale che si sprigiona nell'atto sessuale di due persone che si amano. Il piacere fisico non diminuisce, ma l'atto diventa sacro poichè lo si fa per riconnettersi a DIO. Utilizzando le tecniche Tantriche nella coppia si può lavorare insieme all'eliminazione dell'IO, raggiungendo stati di trance e contatti con la nostra essenza Divina. La via secca è la sublimazione dell'energia sessuale tramite tecniche tantriche e di respirazione, per esempio i monaci tibetani utilizzano quest'ultima. La via umida è la via della Sessualità Sacra, il Tantra sessuale.Shiva e Parvati...
Da un manoscritto del XVII sec.,conservato presso la Biblioteca Civica di Trieste, Ms.2-27: Il Dragone alchemico inteso come paradigma dell'intera Arte: i tre simboli sopra le le tre teste del mostro ermetico indicano Mercurio, Zolfo e il Sale,i tre protagonisti della Via Secca o Breve (materia prima grezza,cavaliere armato e sale mediatore o Fuoco segreto). 
Gli alchimisti usano varie allegorie per criptare il messaggio Ermetico: questa è la III figura dello Splendor Solis(Fons Duplex):Il guerriero corazzato simboleggia il principio maschile. La spada indica sia il metallo con cui si deve colpire il drago (la materia grezza)sia il 'fuoco'segreto.Le due fonti sul piedistallo indicano le due nature opposte che dovranno essere unificate.      

Le due vie nei tarocchi...Tra le disposizioni classiche dei ventidue Arcani Maggiori dei Tarocchi una delle più conosciute è quella su due file sovrapposte: la prima inizia con il Mago, Arcano n.1, e finisce con l’Arcano n. 11, la Forza nei Tarocchi di Marsiglia o la Giustizia nei mazzi che si rifanno alla società Ermetica Golden Dawn. Questa è la cosiddetta Via Secca, attiva, maschile; la via della costruzione e del rafforzamento dell’IO attraverso il confronto con gli archetipi personali, l’Animus e l’Anima, il Padre e la Madre, l’Insegnante, l’Amore, il Viaggio dell’Eroe e la sua Solitudine, il Destino.
La seconda fila, posta al di sotto della prima, comincia con l’Appeso, Arcano n. 12, e finisce seguendo un percorso a ritroso o enantiodromia, con il Matto, Arcano n. 0: questa è la via Umida, passiva, femminile. Qui non vi è più uno sforzo dell’IO verso un qualche conseguimento, anzi è lo stesso IO che sembra perdere progressivamente d’importanza. Nella raffigurazione degli Arcani posti su questa via la figura umana non ha più quella centralità che aveva nella prima via; in alcune carte scompare del tutto, per lasciare spazio a quelle forze, a quegli archetipi, che possiamo chiamare collettivi o universali. Sembra che il povero IO erculeo, come lo chiama più volte James Hillman (che nelle nostre carte potrebbe essere raffigurato dalla Forza che doma il leone e che secondo molti studiosi dei Tarocchi richiamerebbe proprio uno dei miti di Ercole), volente o nolente, debba ridimensionarsi per poter accedere a una Realtà più vasta, più complessa e più completa. Perché questo ridimensionamento si possa avviare, come prima cosa dobbiamo lasciare la luce del sole, il nostro solido appoggio sulla terra, il nostro senso di superiorità e rivolgerci al buio, alla fluidità, all’inferiorità. Bene, di questa inferiorità o infernalità, in una parola di questo rapporto tra Tarocchi e Mondo Infero, tratta l’opera dello psicologo James Hillman e, in particolare, il suo libro “Il sogno e il mondo infero”. Ma cosa hanno in comune i sogni e i tarocchi? Entrambi parlano per immagini, anzi potremmo dire che entrambi sono soprattutto immagini. Questa correlazione è rafforzata dall’uso del Tarocco Rider-Waite, dipinto ai primi del ‘900 dalla pittrice Pamela Colman Smith sotto la guida di Arthur Edward Waite, già membro dell’Ordine Ermetico della Golden Dawn e studioso della Cabala e della Rosa+Croce. In questo mazzo tutte le carte, non solo quindi i 22 arcani maggiori ma anche i minori, cioè le carte numerali, presentano una particolare scena, un’immagine. E’ un Tarocco altamente immaginale e, anche se l’immagine di ogni singola carta è stata fissata una volta per tutte dall’artista, la combinazione delle 78 carte (22 Arcani Maggiori, 40 carte numerali, 16 figure o carte di corte) crea continuamente nuove storie. Sicché potremmo considerare ogni singola carta equivalente a quelli che Freud chiamava, nell’analisi dei sogni, “i residui diurni”, mentre l’insieme di tutte le carte occorrenti per ogni singolo gioco ci darà la stessa struttura del sogno. E’ vero che nei sogni la creatrice, “la filatrice” (o il 'tessitore' nelle interpretazioni volte al maschile), di ogni storia è la psiche che utilizza le nostre proprie immagini: Mio Padre, La Mia Vecchia Auto, Il Cane Della Mia Infanzia e cosi via. Invece le 78 carte dei Tarocchi sono uguali per tutti: la Regina di Coppe ha sempre quello sguardo un po’ assente, il Re di Spade è sempre seduto nella stessa rigida posizione, l’Otto di Coppe ha sempre quel viandante che si allontana; sta ad ognuno di noi ascoltare, osservare e sentire quali associazioni ne vengono fuori.
“L’Imperatore che ostacola l’avanzata del Sei di Bastoni rappresenta forse mio padre, o una equivalente e potente figura maschile che si frappone al raggiungimento dei miei successi? Oppure è il mio padre interiore, i miei bisogni di solidità, sicurezza e potere (il quattro, il cubo) che sono di ostacolo all’ambivalenza del Sei, alla voglia di fare qualcosa insieme agli altri in contrapposizione ad una rigida, e un po’ senex, strutturazione individuale? Oppure (anche), come suggerisce James Hillman a proposito delle persone del sogno, dovremmo leggere quell’Imperatore come un eidolon attraverso cui un Dio si manifesta e ci ostacola e nostro compito è scoprire a quale divinità sono invisi i nostri progetti’” Sono così riassunti i tre livelli di lettura che riguardano ogni singola carta dei Tarocchi in accordo con la tripartizione dell’uomo: corpo - anima - spirito. E sono, in qualche modo, richiamate tre diverse interpretazioni dei sogni: per Freud il sogno è la via regia verso l’inconscio, con attenzione quasi esclusiva all’inconscio personale, il regno del rimosso; per Jung i sogni danno informazioni sul processo di individuazione e vanno letti a livello soggettivo-oggettivo; per Hillman i sogni appartengono al mondo infero e ai suoi dei, Ade in primo luogo, e all’intimo rapporto tra anima e morte. Il mondo infero non è il sottosuolo, esso non ha a che fare con la terra, anche se ci sono luoghi sulla Terra attraverso i quali le varie tradizioni affermano si possa scendere agli inferi; esso corrisponde a quello che i Greci chiamavano ctonio, anche se poi le stesse divinità della Terra (Demetra e Gea) hanno un aspetto ctonio, come del resto lo steso Zeus, fratello del signore degli inferi Ade-Plutone. Secondo Hillman: “il mondo infero è psiche” e poco prima: “il mondo infero è una comunità innumerevole di figure” (op. cit. p.40).  Come si collega tutto questo con i Tarocchi? Andiamo a farci leggere le carte perché soffriamo d’amore, perché siamo preoccupati per la salute, vorremmo sapere qualcosa sul lavoro, il destino cosa ci riserva? Seduti attorno ad un tavolo osserviamo quelle carte che abbiamo scelto, o siamo noi scelti dalle carte? Cerchiamo di trarne un senso, un significato, a volte una conferma, altre volte una previsione o, addirittura, una predizione. In quei momenti stiamo parlando della nostra realtà eppure in maniera così irreale. Alla fine, a volte facilmente, a volte faticosamente, quasi sempre una storia esce fuori anche se, per quanto ci si sforzi, c’è sempre un qualcosa in più che non entra completamente in quella storia, che rimanda a qualcosa d’altro, a un altrove. E’ in questo altrove che sperimentiamo l’anima, il mondo infero e il loro rapporto. Fra gli Arcani Maggiori alcuni si rifanno direttamente a questo mondo. Essi. ad eccezione della Papessa (da collegarsi al mondo infero) sono collocati sulla cosiddetta Via Umida.
(tratto da 'tra mondo infero e mondo notturno'di Dario Distefano)


« L'energia sottile e suprema è addormentata, attorcigliata come un serpente; essa racchiude in sé il bindu, e insieme l'universo intero, il sole, luna, astri e mondi. Ma essa è incosciente, come obnubilata da un veleno. »  (La kuṇḍalinī o l'energia del profondo)

ci si deve rialzare con quello che ci fa cadere

 lo stesso veleno che uccide diventa l'elisir della vita


« Dies irae, dies illa, dies tribulationis et angustiae, dies calamitatis et miseriae, dies tenebrarum et caliginis, dies nebulae et turbinis, dies tubae et clangoris super civitates munitas et super angulos excelsos. »

Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.

Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla

Judicandus homo reus.
huic ergo parce, Deus:

Pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.
Il giorno dell'ira, quel giorno che
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da Davide e dalla Sibilla.

Quanto terrore verrà
quando il giudice giungerà
a giudicare severamente ogni cosa.

La tromba diffondendo un suono stupefacente
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono.

La Morte e la Natura si stupiranno
quando risorgerà ogni creatura
per rispondere al giudice.

Sarà prodotto il libro scritto
nel quale è contenuto tutto,
dal quale si giudicherà il mondo.

E dunque quando il giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà invendicato.

In quel momento che potrò dire io, misero,
chi chiamerò a difendermi,
quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?

Re di tremendo potere,
tu che salvi per grazia chi è da salvare,
salva me, fonte di pietà.

Ricorda, o pio Gesù,
che io sono la causa del tuo viaggio;
non lasciare che quel giorno io sia perduto.

Cercandomi ti sedesti stanco,
mi hai redento con il supplizio della Croce:
che tanto sforzo non sia vano!

Giusto giudice di retribuzione,
concedi il dono del perdono
prima del giorno della resa dei conti.

Comincio a gemere come un colpevole,
per la colpa è rosso il mio volto;
risparmia chi ti supplica, o Dio.

Tu che perdonasti Maria di Magdala,
tu che esaudisti il buon ladrone,
anche a me hai dato speranza.

Le mie preghiere non sono degne;
ma tu, buon Dio, con benignità fa'
che io non sia arso dal fuoco eterno.

Assicurami un posto fra le pecorelle,
e tienimi lontano dai caproni,
ponendomi alla tua destra.

Una volta smascherati i malvagi,
condannati alle fiamme feroci,
chiamami tra i benedetti.

Prego supplice e in ginocchio,
il cuore contrito, come ridotto a cenere,
prenditi cura del mio destino.

Giorno di lacrime, quello,
quando risorgerà dalla cenere

Il peccatore per essere giudicato.
perdonalo, o Dio:

Pio Signore Gesù,
dona a loro la pace. Amen.


Mozart Directing His Requiem
Nel Requiem di Mozart, tra i momenti di maggiore ispirazione drammatica, spicca sicuramente il Lacrimosa.Con l’utilizzo di brevi frasi di crome ascendenti e discendenti assegnate ai violini contornate da una scrittura corale di ampio respiro, Mozart riesce a creare un effetto di pianto a stento trattenuto, di preghiera umile e devota con un Amen conclusivo in forte che esprime tutto il fervore religioso dell’autore. Il Lacrimosa è per questi motivi da sempre considerato un banco di prova importante per direttori d’orchestra.


Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.
Huic ergo parce, Deus.
Pie Jesu Domine,
dona eis requiem!
Amen!

Giorno di lacrime, quel giorno,
quando risorgerà dal fuoco
l’uomo reo per essere giudicato.
Ma tu risparmialo, o Dio.
Pietoso Signore Gesù,
dona loro riposo!
Amen!

dai 'sotterranei dell'anima' vibra la 'luce nera' della poesia




«Al tempo in cui la psicologia era legata alla filosofia e alla religione, essa esisteva sotto forma di Arte. Poesia, Tragedia, Scultura, Danza e la stessa Architettura erano mezzi di trasmissione della conoscenza psicologica». (Pëtr Demianovic Ouspensky)
«Obbligare se stessi a vedere questo è molto doloroso. Questo non significa che io soffro, ma che qualcosa che desidera nascondersi non può sostenere di trovarsi sotto la luce. Essere in grado di vedere se stessi in maniera che qualcuno rimanga sotto i nostri occhi, sotto osservazione, questo è una punizione per l'eternità (riferimento alla parabola della divisione delle pecore e capre nei vangeli). Una cosa è se non abbiamo completamente tradito la ragione della nostra esistenza o completamente sprecato i "talenti" (parabola dei talenti nei vangeli) nelle nostre mani, ma figuratevi in voi stessi qualcuno che ha, e che sempre ha rifiutato di vedere ciò che ha, ma che un giorno si troverà "avendo rifiutato di vedere" costretto a vedere la realtà"».(John Godolphin Bennett)
«Ma l'uomo che dorme non può "fare". In esso tutto si fa nel sonno...Innanzitutto, l'uomo deve svegliarsi. Una volta sveglio, si accorgerà che, così com'è, non può "fare". Dovrà morire volontariamente. Se muore, potrà rinascere. Ma l'essere appena nato dovrà crescere e imparare. Quando sarà cresciuto e avrà imparato, allora potrà "fare"». (Georges Ivanovic Gurdjieff)
“…La ferita mi preesisteva, sono nato per incarnarla…” (J. Bousquet)
max ernst
(Max Ernst, The eye of silence)

“Tutta la densità del suo essere sembra trasferita a due facoltà intatte: la visione e il linguaggio. Linguaggio visivo, muto, e luogo invisibile in cui la realtà si riflette e si ricompone; non espressione della ragione né dell’esperienza, ma rivelazione. Non strumento di comunicazione, ma voce che si parla.
L’opera, nata dall’ombra del silenzio, porta con sé la relazione con una luce che, esprimendosi in un effetto di contrasto, sdoppia l’immagine di questo silenzio, interiore ed esteriore.
A partire da questo vissuto, rianimato dall’immaginazione e dal sogno, Bousquet si dispone ad apprendere i gesti e i movimenti che lo dispongono verso il Silenzio che risuona interiormente come non-suono. La scrittura non può che gridare l’incomunicabile, perché questo silenzio è segnato dalla contraddizione stessa del linguaggio: “aprire una via” per avvicinarsi all’irraggiungibile”
(dalla postfazione a “Tradotto dal silenzio” di Bousquet)

"l’uomo è in se stesso più grande e più forte di tutto ciò che è. E’ la grandezza, il divenire e la morte delle verità e delle cose, di cui è anche la sorgente." (op. cit., pag. 54-55 “Tradotto dal silenzio” Joë BOUSQUET)

***
Madrigale
Dal tempo che era amata stanca di se stessa
Lei aveva giurato d’essere questo amore
E ne fu l’incanto lui ne fu il poema
La terra è leggera a promesse passate
Il vento piangeva gli uccelli migranti
Cullando i mari sulle ali di sale
Prendo la stella con una bella nuvola
Se la pagina bianca ha consumato il cielo
Nell’aria che fiorisce al suo riso
C’è un vecchio cavallo color del cammino
Capisci al suo passo la morte che m’ispira
E che va senza me a chiederne la mano
Poema della sera
Su un giaciglio sfinito
Il lampo che oscura un istante
Mette la veste di fumo
E segue il vento distante
Su terre senza memoria
Ogni piede ha la sua scarpa
L’ala è bianca l’ala è nera
Il giorno è solo metà
E su una trama di cenere
Dove l’uomo non è che i suoi passi
Il cuore palpitò per cogliere
Ciò che uno sguardo non vede
E’ la speranza che un mondo a venire
Abbia fatto buio con la nostra ombra
E sorridendoci alla finestra
Abbia solo i nostri occhi per vedersi
Dietro le quartine che lei ispira
Ai giorni che dubitano di te
La vita ha i suoi denti per sorridere
Di ciò che una volta era già stata
L’ombra gemella
Varca la notte senza sponde
Se tu sei solo vagamente
L’oblio restituirà il tuo volto
Al cuore da cui nulla è assente
Il tuo silenzio nato da un’ombra
Che a tutto il cielo l’ha unito
Schiude l’amore dove ti abbandoni
Alle braccia di un doppio infinito
E annullandoti sotto i tuoi veli
Presi alla notte da un fiore
Concede occhi alla stella
Di cui la tua ombra è il cuore
Le galant de neige
Même un  désir menteur de son deuil se chagrine
l’istant qui n’a pu naître est pleuré dans tes jours
ou ta chair trompait-elle un tourment d’orpheline
au néant maternel d’un amour sans amour

 (poesie tratte da "La conoscenza della sera"di Joë BOUSQUET )


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Il linguaggio non è una vana sequenza di parole, è l’atmosfera stessa dell’anima, un’alba che s’illumina, non certo del sole, ma di ciò che la terra dischiude in noi, sul fianco oscuro dello sguardo.
*L’uomo non è, ma nasce. La sua esistenza è l’analogia interiore dei suoi istanti più alti; egli non è questa assonanza ma colui che la guarda. E’ spirito, e la sua vita è il segno di questo spirito.
*
La coerenza della nostra vita trova la sua immagine nello stampino di sabbia del nostro corpo, l’io non è che l’intuizione di una compiutezza in cui ci è impedito di perderci, come nell’immaginazione universale…
*
Sono taciturni i sogni. La visione vi supera i suoni: la si direbbe portata su ali d’uccello. Isolate, delle voci vi seguono. E anche, mi sembra che esse conducano e riconducano al sogno; sempre udite un po’ di lato, come quelle voci che percepisco a metà nella corte che mi separa da mia madre.
*
Non sono dove mi si vede. Ho tutta l’altezza del giorno che ci rischiara insieme e che dovrebbe essere così vasto e illimitato da reggere la notte calda e vitale che mi colma. Questo giorno è più alto del cielo: vede nei miei occhi, deve vedere nei miei occhi la strada che fa percorrere a chi viene da me, a chi mi accosta per donare i giorni sgorgati per me dalla terra, dalla cenere fredda in cui ogni mattino s’interroga prima di appartenermi.
*
L’esperienza del sogno m’aiuta a vivere senza annullare la mia persona: previsione oscura, segreta, che si sostituisce alla conoscenza dell’avvenire, che mi dissuaderà dal vivere e amare. Non conosciamo l’avvenire, non ne riceviamo il colpo: ce lo nascondiamo, ma ci culliamo con lui, entriamo da sonnambuli in questa vita smisurata… Quale grandezza, di cui non siamo che l’eco, ci rende quel che siamo?

*

Ogni grande opera è vocazione. E’ per ogni uomo un modo di concepire se stesso, un modo che gli spiana la strada… Quel che crediamo di essere non è che la nostra volontà, la vita che realizzeremo è tutta la sua ombra. Assieme a questo corpo fragile, anch’essa calcola gli ostacoli con cui si farà grande, per renderci infine interamente presenti alla coscienza, sorgente di tutto il nostro essere.
*
Non ho potuto donare un nome a quel giorno prezioso in cui la mia donna in lutto è venuta a visitarmi, purificata dalle sue lacrime.
*
La donna che amo mi dona il risveglio. Credo di immaginare il suo corpo: è l’acqua profonda dei miei occhi che assume toni di pelle, al fine di tuffarmi nel mio stesso sguardo. Ma come riconoscerla subito ogni giorno, quando, per trovarla, sotto il cappello bianco, tra la tenda e il muro, è necessario che esca dall’ombra in cui la sua bionda chioma m’avvolge e rende ogni cosa un sogno, la mia casa, le stanze, tutto ciò che ella calpesta per giungere a me nel suo livido tailleur. Voglio che mi faccia scordare perfino il nome dell’amore. E’ un prodigio, è un incantevole dono che ella possa apparirmi e ridestare i miei giorni, senza destarmi dal sogno in cui la sua figura mi apparve.
*
L’amo sempre di più. Mi sono serviti anni per nascere da lei. Il suo corpo, davanti a me, si spoglia della mia ombra, diventa tutto il mio sguardo e me ne fa un rifugio.
*
Come morire? Assorbito ciascuno dalla propria notte viva… Così un uomo immobile diventerà una stella; l’occhio del gatto che un bambino aveva creduto vedere al posto del suo sguardo.  (da “Il silenzio impossibile"di  Joë BOUSQUET)
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 « Elle était comme une étoile tombée dans la neige. Le silence éternel de tous les endroits où elle irait danser…Elle n’aurait plus été en ce monde qu’un rayon perdu si la lumière ne s’était faite chair pour la toucher…J’ai compris…je sais que certains instants sont la forme accessible de l’absolu. » (Traduit du silence)

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« La vie connaît mieux que la joie ou la lumière tout ce que l’on peut obtenir en cette vie » Maître Eckhart  
« Je voudrais être votre amour, vos yeux, votre voix. »Joë Bousquet




***
Il quaderno nero (1938 - 1945) è costituito da una sorta di tema e variazioni sul rapporto amoroso sadico, masochistico, sodomitico, fisico e mentale a un tempo. Ed appunto tutto lo scritto è un tentativo di rendere la complessa unitarietà tra corpo e mente, tra passione, emozione, fisicità, tenerezza, crudeltà. I gesti ricorrenti, le note che costituiscono la parte riconoscibile della diverse angolature da cui è ascoltata la melodia, sono la sodomizzazione, la sculacciata, la flagellazione, il sorprendere la donna nell’intimità in pose oscene e la luce che sempre promana dai corpi. L’incipit è d’una bellezza sconvolgente. Già il titolo del primo capitolo: Poesia del corpo nell’amore. E le prime frasi:  Adoravo quella ragazza. Il volto era la coscienza del suo sguardo. S’alzava in volo nei suoi tratti gettandomi nell’ombra che si diffondeva dietro di lui. Non so dirlo più chiaramente.
Appena mi appariva, l’oblio del reale prendeva il mio posto
Il gioco tra reale e quello che sarà definito come «il bagliore raggiante della sua [della donna] nudità» è costante. Ma non è solo la nudità a fondare l’esistenza del narratore; il volto stesso, la figura, anzi l’immagine della donna lo proiettano in una certezza più certa che l’esistenza di sé e del proprio pensiero: Vieni da ciò che di più oscuro è in me, a guidarmi gli occhi verso il tuo volto. Sei bionda. In me sei la necessità della tua esistenza. Non so ma è certo che ti ho incontrata. Questa certezza si forma altre la mia fede nella realtà delle cose. Sei tutta la forza della mia vita in una fragilità che mi fa pensare all’infanzia Quando fa capolino uno scorcio di narrazione, tra tutto il vortice di sensazioni e illuminazioni, si è preda di un’angoscia verso la propria esistenza stessa. Tutto dipende da lei, dal suo corpo; i fiori stessi appassiscono al suo ritardo. Se ella non verrà, l’esistenza stessa sarà meno certa: Musica affinché tutta l’oscurità sia nella musica che me la ricondurrà dalla festa. È tardi: è da molto che l’aspetto: mi sembra che i fiori disposti in suo onore abbiano perduto un poco del loro splendore. Tutti i rumori della città si caricano della mia angoscia per dilaniarmi dentro coi suoi morsi. Forse lei rinuncerà a venire come mi aveva promesso. Per incantare l’attesa ho suonato le arie che piacciono a lei, attraverso le quali mi sembra di entrare nella realtà della sua angoscia di donna, di trarla dalle mie tenebre come una tenebra più profonda che la ricopre della sua carne solo seppellendomi sotto il brivido della mia E quando ella arriva, tutto si modula secondo la musica. Tutto è colmato dalla sua presenza musicale ed infine splende la bellezza della donna che ancora una volta conduce all’oblia delle sensazioni, per far giungere ad una dimensione più profonda: Appena ho sentito i suoi passi salire spediti le scale mi è parso che il mio sguardo ricadesse con tutto il suo peso a terra e ci fosse sotto la realtà che ci univa un intero mondo musicale che la bellezza della luce stava per ricoprire sotto la scia silenziosa in cui le immagini s’illuminavano di tutta la mia presenza. [...] Allora si rivelò in lei un silenzio in cui la sua bellezza era tutto: mi parve che d’un tratto si fosse aperto sotto la mia emozione un baratro nel quale si compenetravano di uno strano oblio tutte le mie sensazioni E, ancora una volta, il sentirsi, per mezzo del sorriso, degli occhi, della danza di lei, parte di un mondo altro, di un mondo dopo il mondo: Prima di ogni pensiero c’è la fine del mondo nella suprema bellezza di un volto… Tu la bambina che danza e sorride: oh! i suoi occhi azzurri dove brucia tutta la luminosità cui la mia anima si ispira affinché non sia altro che tenebra in fondo al mio sguardo che la scopre vivente in questo mondo Così, lungo il vortice, il fluire indistinto di pensieri e sensazioni che infine si concludono col ricondurre la donna «presso la sua dimora dove si radica tutta pensosa», come se anche il pensiero fosse scandito e distinto solo col cessare dell’atto erotico, atto che invece abbatte le distanze soggettivo-oggettive e la distinzione tra “io” e “tu”. V’è anche una dialettica tra luce e tenebra: la luce del corpo giunge da lontananze tenebrose, l’oscurità si compenetra della luce e solo in ciò vi è la sveltezza delle essenza, l’oblio del reale a favore di una nuova certezza fondata nell’unione profonda con l’altro. Parimenti, uomo e donna si sintetizzano nel rapporto sessuale al limite dell’androginia; le prospettive biologiche e cosmologiche sono risolte in passi come questi: La profondità della carne è sotto l’influsso del fuoco terrestre. La profondità degli occhi è nell’irradiazione del sole. Il sole e la terra girano in senso inverso l’uno all’altro. L’uomo è sempre nell’utero della donna che ama. E attraverso la sua carne sonda la profondità della propria. Nato dalla donna, e uscito da lei, ho il centro fisico della carne nella cellula del suo sesso. E forgiato a partire da quel germe, il mio sesso d’uomo può solo creare la sua forma intorno alla mia se vuol rammemorarsi di tutta la sua vita animale. E in questa vita animale che riluce nella rammemorazione, torna in mente l’animalità rilkeana dell’ottava elegia udinese: Poiché vicino a morte più non si vede morte, si guarda fisso fuori, forse con sguardo grande d’animale. Gli amanti, se non ci fosse l’altro che la vista preclude, sono prossimi a questo e hanno stupore….Anche qui qualcosa di diverso dalla realtà comunemente intesa, ossia l’Aperto (das Offene), che gli animali vedono con tutti gli occhi e che il morente e gli amanti intuiscono regredendo all’animalità. Una nota di tenerezza, in cui ben riluce l’unione tra la mera carnalità ed il sentimento amoroso. L’unione è l’Erotico: Sollevato al di sopra del sedere, il vestitino incorniciava come un fogliame quel tenero frutto di luce e d’amore. Sottovoce, attraverso lo spessore dei cuscini, lei pronunciava parole d’amore e dovetti chinarmi per coglierle. Il ferito, l’infermo, l’immobile è riuscito a mettere in opera l’erotico a cui non può più accedere se non in ciò che lo rende tale: il ricordo immaginoso. La memoria lavora sulle immagini e le rende reali oltre il reale. La percezione del proprio corpo che non si percepisce più, sconfina nel corpo ricordato o osservato delle donne. Dalla penombra della stanza, dal confine immobile del letto, fondato oltre la fede nella realtà delle cose, impera l’erotico svelato nella sua essenza visiva e immaginale.
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(bibliografia:
J. Bousquet: Il quaderno nero - Tradotto dal silenzio - Il Silenzio Impossibile - La conoscenza della sera;
A. Carotenuto, I sotterranei dell’anima. Tra i mostri della follia e gli dèi della creazione;
A. Marchetti, La luce della carne  in J. Bousquet, Il quaderno nero;
 R. M. Rilke, Ottava Elegia, in Poesie, Einaudi)

I have been lucky, that my condition has progressed more slowly than is often the case, Stephen Hawking said. File Photo
...per me Stephen Hawking, anche oggi settentenne, è  un 'mito' di vera, autentica bellezza:
è genio, è arte, è musica...
è colui che non si risparmia,
che mostra il suo bambino magico con gli occhi colmi di autentica poesia...