Translate

martedì 24 dicembre 2013

infiniti auguri

C'è una verità elementare, la cui ignoranza uccide innumerevoli idee e splendidi piani: nel momento in cui uno si impegna a fondo, anche la Provvidenza allora si muove. Infinite cose accadono per aiutarlo, cose che altrimenti mai sarebbero avvenute… Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di poter fare, incominciala. L’audacia ha in sè genio, potere, magia. Incomincia adesso. J.W. Goethe

venerdì 13 dicembre 2013

cavalcare la tigre o l'onda?

Durga - kali cavalca la tigre... noi, tutt'al più, possiamo prendere una tavola e tentare di cavalcare l'onda ...man, mano che l'onda si alza, impariamo a dominarci e a toglierci tutte le zavorre, compreso l'egocentrismo e l'orgoglio... chè la parte più bella del viaggio è proprio tutta lì, in quel cavalcare l'onda , chiave di s-volta della nostra vita, è l'Amore Consapevole.

mercoledì 11 dicembre 2013

Imperium sine fine

“Fai ciò che vuoi, perché tutti gli Uomini, perché tutte le Donne sono Stelle” “ L’Amore è la Legge, Amore sotto il dominio della Volontà! Contempla entro di te, non già nei cieli: Ecco una stella in vista!” "Hic ego nec metas rerum nec tempora pono; Imperium sine fine dedi." (per questi non pongo né limiti d'azione né tempi: ho concesso un potere senza fine) Virgilio Di quale natura è questo Potere, questa Autorità, questa Comprensione, questa Saggezza-Volontà? (Salgo da Geburah a Chokmah.) -Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge. -Amore è la legge, amore sotto la volontà.

essere presente

Gurdjieff ha sempre sostenuto l'importanza di costruire la propria anima e, per farlo, è necessario un estenuante lavoro di presenza nel 'qui ed ora' il più possibile nella costante consapevolezza cosciente e, in questa lettera -tratta dal suo libro "Il Bambino e il Mago" - S. Brizzi ci rende l'idea del lavoro quotidiano da fare in modo più semplice, spiegandolo ad un bambino: "Caro Geremia, sono contento che tu sia riuscito a ricordarti di "essere presente" passando sotto la porta, sono quelle piccole soddisfazioni che ti cambiano la giornata... e poi la vita, anche se per adesso tu non puoi ancora renderti conto della portata di ciò che stai facendo. Sappi che gli adulti intorno a te, quelli che tu chiami "i grandi", in realtà non sono capaci di eseguire il trucco/esercizio che ti ho assegnato, perché "i grandi" sembrano tanto forti ed efficienti, ma in verità sono continuamente distratti, si dimenticano di se stessi; presi tra una preoccupazione e l'altra, si scordano di vivere. "I grandi" vivono in un costante stato di confusione mentale colmo di pregiudizi sulle cose e sulle persone, una specie di sogno a occhi aperti che impedisce loro di scorgere la realtà. È normale che a un certo punto tu ti sia sentito un po' strano facendo l'esercizio, perché lo scopo è quello di farti scoprire una realtà diversa rispetto a quella che vivi tutti i giorni. Il mago, infatti, è qualcuno che riesce a vivere una vita sempre felice, come la vuole lui, e per raggiungere questo risultato deve "aprire nuovi occhi", deve vedere qualcosa di più - di migliore - rispetto agli altri. Per diventare mago non basta avere due occhi come le persone comuni, serve qualcosa in più, e gli esercizi come quello che ti ho dato hanno la capacità di aprirti questi nuovi occhi. Prova a osservare - ma forse l'avrai già fatto, perché mi sembri un ragazzino sveglio se gli adulti che ti circondano sono davvero felici oppure no. Prova a leggere nei loro occhi: c'è amore per la vita oppure paura per quello che accadrà domani? In verità spesso gli adulti sono molto più impauriti dei bambini. Anch'essi sono vittima di paure immaginarie, che scomparirebbero in un istante se fossero capaci di aprire gli occhi e svegliarsi una volta per tutte. Ma gli adulti non si fidano non si fidano più della vita, e pensano di essere diventati saggi per questo motivo. Hai ragione quando fai il paragone con il film Karate Kid, è proprio così, tu mi chiedi di diventare un mago e io, invece d'insegnarti a far volare gli oggetti o a tirare fuori un coniglio dal cappello, ti chiedo di ricordarti una frase quando passi sotto le porte! Sembra non ci sia alcun collegamento, invece c'è. Fidati di un mago più esperto. Ricordati che diventare mago non significa acquisire delle capacità tecniche rimanendo però la stessa persona di prima, ma significa diventare una persona diversa, che non è più dipendente dal mondo esterno come le persone comuni. Ti insegno un altro trucco: quando la sera ti spogli per andare a dormire, e quando la mattina ti vesti per andare a scuola, mentre compi queste due operazioni non pensare ad altro, ma concentrati solo sui movimenti che stai facendo, senza distrarti con altri pensieri. Fammi sapere com'è andata."

mercoledì 13 novembre 2013

l'esclusiva unicità

Non amo seguire la via su e giù ricalcata dai piedi della folla. Odio l’amante che a tutti si dona; a fontana di piazza non bevo; mi ripugna tutto ciò che è comune. Callimaco Epigrammi, A.P. XII 43 Non amo la poesia comune e odio la strada aperta a chiunque. Odio un amante goduto da tutti e non bevo ad una pubblica fontana. Odio ogni cosa divisa con altri... Certo, Lisània è bello! Bello! E ancora non l'ho detto che un'eco già ripete: "E' anche d'un altro." Qualcuno mi disse della tua morte, Eraclito, e piansi. E ricordai allora le molte volte che parlando insieme ci raggiunse la sera. Ora tu, amico d'Alicarnasso, sei da lungo tempo cenere in qualche luogo. Ma vivono per sempre i tuoi "Usignoli": su di loro Ade che tutto rapina non metterà le mani. (trad. di Salvatore Quasimodo)

giovedì 26 settembre 2013

musiche e parole ...

rubate a Carlo Klimt - curiosidelmare:


Non c’è altro fra i giorni
che un instancabile andare...quel filo d'arcobaleno
...nella promessa ....di strade bianche da camminare.
Nelle ciliegie strofinate contro la maglia
per farle brillare, fino a immaginare
....uno sguardo compagno.....
Negli occhi che hai domani .

Infine, la sera, prendi posto/ sulla barca di un sonno rifugio/
 Tremola appena la scena/
 Vai incontro alla notte
....Ma ascolti? Senti? Guardi davvero?/
Il tuo passo, chissà, se è quello/
di chi ora finalmente ha capito.


Sempiterno Amore Trascende Ogni Rosa

Sator è la prima parola dell’omonimo palindromo, costituito dalle cinque parole “SATOR - AREPO - TENET - OPERA – ROTAS”, ritrovato sia in forma di quadrato che in forma radiale o circolare su molti reperti archeologiciin Europa e in Italia, le cui prime tracce risalgono a oltre 2.000 anni fa. Essendo formato da parole di 5 lettere ciascuna, è possibile scrivere la frase entro un quadrato di 25 caselle, che rimane leggibile dall'alto, dal basso, da destra e da sinistra.Discreto e spesso nascosto alla vista, un simbolo antichissimo, ripreso quale talismano nel rinascimento, occhieggia sfidando i secoli: è il Quadrato Magico del SATOR, presente in chiese e castelli, noto ai romani ed ai costruttori medievali. Nella Provincia dell’Aquila vi sono tre esemplari- a San Pietro ad Oratorium presso Capestrano, a Santa Lucia a Magliano dei Marsi, nella cripta della chiesetta della Madonna Apparente a Campotosto - del misterioso Quadrato custode di una iscrizione palindroma che ha attraversato i secoli custodendo il suo segreto forse ora almeno parzialmente svelato. Nel Quadrato magico sembrerebbe celarsi il più grande dei segreti, quello del creato, quello che ha indotto gli scienziati a tentare di riprodurre le condizioni da cui è scaturita la prima scintilla nel vibrante vuoto primordiale. Chi e come ha saputo rinchiudere in un simbolo di straordinaria potenza una conoscenza che la moderna fisica sembra confermare? L’enigma del quadrato di Sator è stato oggetto di molteplici interpretazioni, tuttavia ancora oggi alcuni ritengono che esso custodisca un significato nascosto. Proprio la molteplicità dei luoghi e dei testi in cui ritorna ne hanno resa particolarmente controversa l’interpretazione, soprattutto perché il termine AREPO, in esso contenuto, risulterebbe non strettamente di origine latina, e indicherebbe probabilmente un tipo di carro in uso presso le popolazioni galliche. Difficile quindi stabilire il significato letterale della frase. Ad esempio, se si leggesse il palindromo da sinistra verso destra, si otterrebbe la frase “SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS”, che secondo una prima interpretazione potrebbe tradursi con: “Il seminatore, col suo carro, tiene con cura le ruote”. Una interpretazione più recente, vedrebbe nel palindromo un significato astronomico o cosmologico, e pertanto la traduzione sarebbe “il Creatore con il carro tiene in moto le orbite”. Tale interpretazione risulterebbe coerente con il modello di universo accettato nel basso Medioevo, che identificherebbe con la figura del Sator-Creatore il motore ultimo dell’universo. Viceversa, se si leggesse il palindromo cambiando verso di percorrenza alla fine di ogni riga o di ogni colonna, si otterrebbe la frase “SATOR OPERA TENET AREPO ROTAS”, in cui il termine SATOR indicherebbe il SEMINATORE, AREPO rappresenterebbe una contrazione di AREOPAGO (nel significato di tribunale supremo), e il palindromo potrebbe essere tradotto con: “Il seminatore decide i suoi lavori quotidiani, ma il tribunale supremo decide il suo destino”; tale interpretazione attribuirebbe pertanto un significato morale al quadrato magico secondo cui: “L'uomo decide le sue azioni quotidiane, ma soltanto Dio decide il suo destino”. Ciascuno di noi gestisce le proprie attività e svolge le proprie mansioni, ma al di sopra di tutti noi c’è un destino che ci governa. Per raccogliere è necessario seminare, per costruire il proprio successo è essenziale lavorare con impegno. E saper essere in armonia con il mondo. Dunque moltissimi sono stati i tentativi di spiegazione delle cinque parole che si rincorrono in un giocoso girotondo, ma la traduzione letterale, che ho trovato nel testo "Il Quadrato Magico del SATOR - Il segreto dei Maestri Costruttori" di Maria Grazia Lopardi, penso sia la più precisa e pertinente: • SATOR = Il Creatore • AREPO = verso Cui tendo (forma contratta di ad-repo) • TENET = sostiene • OPERA = con la Sua azione • ROTAS = le sfere celesti. Le lettere dell’iscrizione sono alternativamente vocali e consonanti come a tracciare una scacchiera che, nella tradizione Indù rappresenta il campo di combattimento delle due forze opposte dei Deva e degli Asura che esprimono il dinamismo del creato, mentre unite tra di loro individuano un reticolo. Riferiscono i miti che con il suono il Grande Architetto dell’universo tutto dispose secondo misura, numero e peso (Sapienza, XI, 20) sì da indurre Bernardo di Chiaravalle a così definirlo: Cosa è Dio? Egli è lunghezza, larghezza, profondità e numero. Testi sacri e miti dei popoli della terra riconducono la creazione dell’universo ad un suono: "In principio era il Verbo/Ed il Verbo era presso Dio/Ed il Verbo era Dio tutto è stato fatto per mezzo di lui" (prologo - Vangelo di Giovanni) "Io sono l’Eterno, io sono Ra/colui che ha creato la Parola/Io sono la Parola" (tradizione egizia) "In principio era VAC(la voce moglie di Brahaman)/VAC era presso Brahman (Assoluto)/C'era Brahman" (Rig Veda in India) Mistero sommo è quello della creazione che ha portato quel che i miti chiamano vuoto o notte infinita, abisso o oceano, informe campo di energia a vibrare secondo un ritmo che è musica e danza. Con quel primo suono, grido o risata divini - secondo le varie tradizioni - il caos primordiale, l’infinito campo di possibilità, viene scosso da una vibrazione e la prima “stringa” per usare un termine della più recente fisica, prende a vibrare come la corda del famoso monocordo di Pitagora. “Un essere ancora immateriale dalla quiete del non essere improvvisamente risuona, a poco a poco convertendosi in materia e così diventa il mondo creato”(M. Schneider). Il mistero dell’armonia cosmica è in quel suono primordiale che conferisce forma alle galassie ed agli esseri più piccoli. Il diffondersi di quel suono tesse la tela, il velo di cui si ammanta il volto femminile di Dio per generare l’intero, armonioso cosmo ed oltre il velo che non dato ai mortali di sollevare, l’immanifesta fonte alimenta infinita la danza della vita. Nei miti dei popoli dee tessitrici sono le depositarie dei misteri della vita e della conoscenza del creato: Nonna Ragno degli Hopi, Atena, Proserpina, Methis, Iside tessono e si ammantano generate dal figlio che generano, dal principio ordinatore che si esprime nella loro stessa tela da cui, scendendo di frequenza, emerge il creato: è la rete del Tao cinese, del Wirth dei Celti, di Indra nella tradizione Indù, di Osiride o Ptah in Egitto, è la veste, velo o manto che avvolge il volto femminile di Dio che nel creato è Presenza. In quel reticolo è il mistero della creazione, il suono primordiale che si diffonde dando forma alla terra già informe, rendendo luminosa la matrice già oscura e silenziosa, trasformando la vergine nera, radice universale, in irradiante ed incoronata Aurea Matrix. Allora nel vuoto quadrato, simbolo della manifestazione come il cerchio lo è dell’immanifesto, grembo fecondo e sempre vergine, una prima polarizzazione consente ad una corda invisibile di vibrare e dal primo suono si sviluppano i relativi armonici così formando il reticolo della legge ordinatrice degli universi. La griglia ottenuta unendo le lettere del Quadrato Magico esprime esattamente il diffondersi del suono creatore con i suoi armonici, delimitando il cerchio inscritto nel quadrato l’ottava ed il suo diametro la corda pizzicata dal divino musicista, mentre i cerchi mano a mano di minore grandezza, indicano i rapporti musicali pitagorici: 1 a 2, 2 a 3, 3 a 4, dividendo quella corda in due parti (una ottava superiore), in tre (rapporto di quinta) in quattro (una ulteriore ottava su) ecc. I maestri costruttori avevano la conoscenza profonda del più grande dei misteri ed uno strumento semplice ed efficace, la magica scacchiera con la sua Matrix divina, consentiva loro di rigenerare il cosmo attraverso l’architettura, perché ogni costruzione rispettava e reiterava le leggi del creato divenendo strumento musicale che il suono creatore rendeva vivo e vibrante. Come suggeriva Pitagora l’uomo è misura di tutte le cose e così dal corpo umano vennero prese le misure utilizzate dai Maestri d’opera, vale a dire la Palma, il Palmo, la Spanna, il Piede, il Braccio o Cubito, occultati nello strumento misterioso che si unisce ai tradizionali squadra e compasso e consentire ai maestri costruttori di realizzare le straordinarie costruzioni che ancora suscitano ammirazione ed emozione. La squadra dei maestri costruttori presentava nel lato lungo la misura del cubito, in quello corto il piede e cubito e piede sono tra di loro in rapporto aureo come in successione le ulteriori misure che un simbolo di straordinaria potenza racchiudeva: la stella a cinque punte, sacro sigillo dei Pitagorici, custode dell’Armonia divina. Nel reticolo aureo l’occulto simbolo scaturisce dal rapporto di quinta musicale, il più significativo nell’ordine del creato disponendo i pianeti, informando fiori e foglie, mentre cristalli di ghiaccio, atomo del berillo, celle degli alveari ecc. rispondono ad altri rapporti armonici, quelli che disegnano il Sigillo di Salomone, la stella a sei punte in cui il triangolo del maschile e quello del femminile si incontrano, armonia scaturente dalle nozze sacre degli opposti. Frequenze del suono divino, i simboli geometrici riconducono agli archetipi che, come in alto così in basso, danno forma al creato ed alle costruzioni che ne reiterano l’Armonia. Segreto sommo trasmesso da maestro a discepolo, lo strumento sacro appare custodito nel cuore della diverse tradizioni dato che chiese romaniche e gotiche, sinagoghe, templi indù, moschee e persino le costruzioni dell’Imperatore Federico di Svevia risultano realizzate con la matrice aurea del Quadrato Magico custode degli arcani del cosmo e che conferisce loro la valenza di musica pietrificata. Con il magico strumento diviene semplicissimo tracciare le piante delle costruzioni secondo rapporti armonici:Le immagini che seguono rappresentano la pianta di Santa Croce a Firenze e la facciata di San Francesco ad Assisi. Unendo le lettere del Quadrato Magico del SATOR è possibile ricavare parole significative, come ROSA per l’imperatore Federico II, dato che ad una misteriosa donna di nome Rosa erano dedicate le poesie d’amore della corte palermitana: "Della rosa fronzuta/Diventerò pellegrino;/ch’io l’aggio così perduta"(Federico II) Ebbene dalle linee ottenute unendo le lettere RO e SA e dal fiore della vita emergente dal cuore della Matrice inizia la traccia del progetto di Castel del Monte di Puglia. La pietra che suona e risuona del canto del creato, trova il suo segreto nello strumento che, quale arca racchiude in sé i principi informatori della creazione per cui ogni costruzione sacra è essa stessa la custode di quelle leggi così navigando nelle acque primordiali da cui tutto emerge. Nel verificare presso le diverse tradizioni la conoscenza dello strumento segreto dei maestri costruttori, da solo in grado di permettere ogni realizzazione architettonica, dalla struttura ai singoli elementi e simboli, emerge con meraviglia che il percorso si traduce in una avventurosa cerca della conoscenza primordiale oltre la differenziazione delle lingue: le stesse radici delle parole si ripetono presso popoli diversi e lontani a suggerire la suggestiva ipotesi di una origine comune di un sapere straordinario. La radice STR di SaToR, per esempio, compare nell’ebraico SeTeR=segreto, nel greco SoTeR= salvatore, nell’indù SiTaR, lo strumento musicale che reitera il suono primordiale che conferisce salvezza rigenerando l’universo. Segreto salvifico che ricollega agli archetipi, alle forme scaturite dal suono creatore… Trasmesso gelosamente da maestro a discepolo, il sacro segreto è pervenuto a Leonardo da Vinci. Il famoso Cenacolo, anch’esso custode del segreto della creazione, dove il Cristo-sole è contornato dai 12 apostoli-segni zodiacali, in gruppi di tre secondo i quattro elementi costituenti il creato, a colpo d’occhio scaturisce dalla Aurea Matrix. SATOR Custode del mistero del creato/ per cui la Luce infinita/ divenendo grembo/ risuonò del Verbo/ e Matrice incoronata/ vibrando manifestò il cosmo/ in basso come in alto.../ da Maestro d'Opera a discepolo/ nel silenzio dell'Architettura sacra/ in cui si informa il canto del creato/ perviene Scrigno degli Arcani.../ nella forma e nelle cifre/ Potenza ed Armonia/ Fortuna e Sapienza.../ ...il Segreto dei Segreti/ (M. G. Lopardi -L'AQ.- solstizio d'inverno 2008)

martedì 24 settembre 2013

equinozio a due mani

le parole ritmano musica quando è lei a farsi vento… vibra d’armonia il giorno greve nel felice incastro di foglia che si culla

lunedì 16 settembre 2013

In cielo c’è una danza

Oggi c'è necessità di semplicità, di leggerezza. C'è una nostalgia di qualcosa di più originario, sembra che si cerchi un nuovo inizio e che si tentino altre strade. Si cerca di nuovo il non detto e il non dicibile, oltre il senso stesso della realtà. Non si tratta della «nostalgia del totalmente altro»; è una nostalgia più 'umile', che nasce dall’humus, dalla terra che noi siamo. È il desiderio di essere noi stessi semplicemente, sinceramente. È la necessità di sopravvivere ricominciando daccapo. In un mondo in cui regna sempre più la citazione, il gioco dell’arte combinatoria, la simulazione, l’affabulazione e ultimamente il nulla, si sente il bisogno di leggere ciò che non è mai stato scritto, di recuperare una lingua originaria, quella delle viscere della terra, proveniente forse dalle stelle o dalle danze: forse è il bisogno più semplice e immediato di ritornare soltanto alla spontaneità, per raggiungere un paesaggio spirituale nuovo che la nostra lingua è incapace di scoprire dietro il chiacchiericcio che ormai sovrasta e consuma ogni realtà. L’originalità del pensiero di Schneider si afferma compiutamente nella nozione di “simbolo sonoro”. Le idee e gli oggetti più diversi, riuniti grazie a un ritmo comune, finiscono col formare in noi un insieme semi cosciente che è linguisticamente inesprimibile, ma caratteristico dell’esperienza simbolica. Pur non avendo un significato concettuale, tale insieme possiede un senso espresso dal ritmo che li riunisce e che la musica può riprodurre più di ogni altro linguaggio, perché la manifestazione più alta e essenziale del ritmo è il ritmo sonoro. Se ciò evidentemente già supera ogni idea di simbolismo musicale che la storia della musica occidentale conosca (per lo più nient’altro che immagini trasferite sul piano acustico), Schneider vi aggiunge quella differenza che gli sta a cuore tra cultura primitiva e alta cultura. Così, in evidente consonanza con le nozioni junghiane di “simbolo vivo! ” e “simbolo morto”, distingue il ritmo-simbolo dell’uomo primitivo, in quanto ritmo percepito fuggevolmente ed espresso da un simbolo vivo (da lui chiamato “grido-simbolo”) dal ritmo-simbolo dell’uomo delle alte culture che lo raffigura come oggetto morto, scolpito in pietra, e che, nonostante finga un ritmo di vita, è in realtà un oggetto inanimato. Ancora una volta ad un ritmo direttamente esperito col proprio corpo si oppone un ritmo fissato nello spazio, addirittura materializzato nella pietra. Invece di operare dentro la Natura, ci si pose di fronte ad essa; invece di cantare o emettere gridi-simboli, si fabbricarono strumenti con forme o ornamenti di animali per fare musica. Non solo, ma, al pari di Carl Gustav Jung per il quale il simbolo getta un ponte tra l’io cosciente e l’inconscio, per Schneider il simbolo sonoro getta un ponte fra un mondo primordiale puramente acustico e subcosciente e un mondo materiale perfettamente conscio. In altri termini, al simbolo sonoro viene a corrispondere il mondo semi cosciente del suono luminoso (è evidente qui la coincidenza di tale regno intermedio con ciò che Henry Corbin ha chiamato l’”Immaginale”), che funge da mediatore tra il cielo e la terra e che ha il compito, attraverso il rituale, di far risuonare il ritmo del tempo primordiale sino ai confini della visibilità, risvegliando nelle figure materiali della terra la coscienza della loro originaria sostanza acustica. Così facendo, il rito imbeve di divino ciò che è terreno, di spiritualità acustica ciò che è soltanto fisiologico, e al tempo stesso rende vero il falso e falso il vero, alterando ogni conoscenza fondata sul principio di non contraddizione, per il quale una cosa è solo questo e non altro. Qui si tocca un punto decisivo e finale: una musica “naturale” (così come ogni attività “naturale”) non è il rispecchiamento di un ordine delle cose fissato una volta per sempre e codificato da una Scienza (antica o moderna che sia), ma piuttosto un rituale che, “riconduce” ciò che è materiale verso ciò che è immateriale, giungendo infine in un luogo che non né materiale né immateriale, ma da sempre disponibile alla coscienza dell’uomo: il Sé o fondo dell’Anima. Il moderno ha declassato i simboli e ha schiacciato la trascendenza verso il basso riducendo il discorso religioso a discorso etico e assegnando alla musica soltanto un compito formale e vuoto. La razionalità, l’ambito razioide –come lo chiamerebbe Musil– ama la musica soltanto come sintassi e come struttura grammaticale. Per esso la musica è soltanto un codice e le note musicali una alterazione strutturale di movenze in vista di un riequilibrio. E in questo nuovo incipit il linguaggio musicale resiste, almeno come il bunraku giapponese, come il teatro delle bambole, per il bisogno di esprimere –se non altro– le nostre emozioni, i nostri slanci, le paure, i traumi. Sembra che una incipiente riorganizzazione di un qualche positivo orientamento avvenga all’insegna del linguaggio musicale, di quel linguaggio che non dice e non nomina le cose, ma le evoca soltanto, le annuncia quasi volando al di sopra di esse. Se c’è una crisi dell’oggettività e anche della soggettività, in questa caduta dei due referenti –oltre la povertà espressiva dei simboli– sembra che l’unico aspetto fungente del nostro modo di comprendere e di abbracciare il mondo sia quello estetico-musicale che ha il suo risvolto più immediato a livello religioso nel misticismo chiamato a ergersi sulle ceneri del positivismo e dello scientismo. C’è così un incamminamento verso ciò che è nascosto e ciò che è possibile, c’è il bisogno di «tra-guardare» al mondo attraverso il liminale e il sub-liminale, attraverso l’estasi, il sogno, il mondo onirico, il virtuale, il paranormale, l’irreale. In questa tensione dove l’estremo desiderio è che l’irreale diventi il vero reale assegniamo alla musica il compito di sottrarci all’insipienza del principio di non contraddizione e di compiere un’opera di «sconnessione» dei legami di causa/effetto per farci percepire concretamente il potere che abbiamo di immaginarci diversi da quello che siamo. Si ritorna così al «mistico» dopo la religione e si ritorna in concomitanza a un senso primitivo della musica, si ritorna all’estetico, come a un «campanello d’allarme» del bisogno di recupero del pre-verbale, appunto come nel Bunraku giapponese, dopo i diversi linguaggi musicali e aldilà di essi. Abbiamo bisogno di dare forma alle emozioni non ai discorsi, visto che non crediamo più alla logica delle idee. E se la religiosità di oggi è di carattere essenzialmente emotivo, pare che ci sia il bisogno di recuperare una «musica emotiva», musica discontinua, cifrata, sottomessa a un’opera di auto-ironia dove, se di significati ancora si parla, si è pronti a confessare anche la propria prostituzione a significati multipli e dissonanti. Il senso religioso allora appare ancora strettamente connesso al fatto musicale, ma l’uno e l’altro sono sottomessi a uno stato di usura e di fibrillazione dove occorre ripensare il legame originario che unisce i due modi di sentire per non perdere gli archetipi stessi di un rapporto immemoriale e pre-categoriale. Nel mito di Dioniso la musica è concepita come un suono che prorompe dall'intimo dell'animo umano; nel mito di Apollo è, invece, un suono esterno, che la divinità manda agli uomini per ricordare loro l'armonia dell'universo. Nella concezione legata ad Apollo, la musica è esatta, serena, matematica, collegata alle visioni trascendenti dell'utopia e dell'Armonia delle Sfere. È l’anahata dei teorici indiani. Il suono del silenzio. Nella Cina antica, ad esempio, tutto l’ordine del mondo si modulasulla scala pentatonica indicata dagli intervalli kung (fa), shang (sol), chueh (la), chih (do) e yu (re). Questa scala veniva poi trasposta ogni mese affinché la musica si trovasse sempre in armonia con il suono fondamentale della natura, il quale variava di mese in mese. Ma la teoria musicale di incontro tra natura società e momento religioso si trova nel Li Chi dove la musica non è altro che la sostanza dei rapporti armonici che devono regnare tra cielo e terra. Per tale motivo gli antichi re facevano della musica uno strumento d’ordine e di buon governo. Quando infatti i cinque suoni sono alterati, le categorie sconfinano le une nelle altre e ciò viene chiamato «insolenza». Dunque la musica era correlata all’ordine ad ogni livello: ordine cosmico, ordine stagionale, ordine astrofisico e soprattutto ordine sociale. A loro volta queste armonie particolari erano cooptate nel grande concerto dell’armonia universale che si faceva carico allora e sovranamente del significato religioso in senso pieno. I buddhisti tibetani ritengono che la musica prepari la mente all’illuminazione spirituale e danno molto risalto al suono in rapporto al rituale e alla meditazione. Il mondo si trasforma e si unifica attraverso il suono, un suono che può essere costituito da un «mono-tono», basso, viscerale, ma che esprime l’intensità dell’esperienza ed è il rispecchiamento di una visione originaria, non contaminata, non deturpata dalle cose, dalla dispersione caotica del nostro vivere come cose in mezzo a oggetti. Seduti in fila a gambe incrociate, nei loro abiti variopinti, i monaci tibetani ancora oggi intonano e cantano i loro canti e inni quasi in un gesto di suprema e sovrana libertà dal mondo, dimenticando i segni e penetrando oltre la maya, quel velo che ci nasconde la vera realtà, maya come indice di ogni classificazione, moltiplicazione, come espressione di tutti gli epifenomeni mondani. «Il mondo fu generato dalla sillaba OM, che costituisce l’essenza del saman (canto) e del soffio. Ma oltre questo suono originario, che ricorda quel suono primordiale che ha dato origine al big bang si possono enumerare le differenti tappe che segnano la progressiva materializzazione del mondo a partire da una musica originaria: il mondo sarebbe l’essenza della musica tradotta in metro poetico, il metro è l’essenza del linguaggio, il linguaggio è l’essenza dell’uomo, l’uomo è l’essenza delle piante, le piante sono l’essenza dell’acqua e l’acqua è l’essenza della terra». La pratica del canto armonico non ricerca il torpore indifferenziato di tanta «musica per rilassamento», tanto è vero che non è possibile praticare sdraiati.L'energia degli armonici, convogliata dal sistema auditivo, contribuisce alla formazione e al mantenimento della postura con la colonna vertebrale eretta e distesa, tanto che la serie degli armonici appare come un paradigma dell'evoluzione umana, come il monolito nel film di Kubrick 2001 Odissea nello spazio. Attraverso la pratica del canto armonico, si partecipa fisicamente della natura paradossale della serie degli armonici. L'informazione che se ne deriva non è di natura personale, e pertanto facilita non tanto la soluzione dei problemi, quanto il salto di coscienza ad una percezione completamente diversa dei problemi stessi. Del resto, millenni di saggezza di Oriente e Occidente ci ripetono che i problemi non vanno «affrontati» o presi sul serio, perché in tal modo si da loro troppa importanza e si rafforzano: essi cessano semplicemente di essere tali soltanto in un'altra dimensione, che non è quella del pensiero discorsivo a cui il mondo dell'opinione e della falsa informazione vorrebbero condannarci. Soltanto allora si può capire Wittgenstein quando scrive che coloro a cui il significato della vita appare chiaro non sono in grado di esprimerlo, moderna riformulazione del detto taoista «colui che parla non conosce, colui che conosce non parla». Musica ed esperienza religiosa non appaiono perciò scindibili nella preistoria della nostra comprensione del mondo, in quella realtà iniziale in cui abbiamo incominciato a prendere coscienza del mondo e di noi stessi in una totalità senza distinzioni, senza dicotomie, senza effrazioni, senza specchi. Forse il più grande antropologo che prestò attenzione alla musica ai nostri tempi è stato Lévi-Strauss, secondo il quale c’è un legame stretto tra musica e mito -potremmo omologare il mito al «mondo religioso»– in quanto sono tutti e due strumenti per «dimenticare il tempo». Il suono (inteso come oscillazione periodica) ha il potere di spostare fisicamente la materia e di strutturarla secondo forme precise, dipendenti dalla costellazione dei suoni armonici, tanto che con le conoscenze adeguate e un po' di pratica diventa possibile leggere le forme dei suoni come una partitura. L'osservazione più stupefacente è però che, nel contesto della figura geometrica determinata dal suono, abbiamo a che fare con un sistema dinamico. Ciò significa che la forma permane, mentre i singoli granelli di sabbia sono in costante movimento: Si formano delle correnti. La sabbia viene spostata continuamente come se fosse un fluido. Tuttavia l'organizzazione dei campi vibrazionali persiste in quanto queste correnti di sabbia si muovono nella stessa direziono o in direzioni opposte. Naturalmente, la funzione della sabbia è semplicemente di servire da indicatore. Gli eventi reali nei piatti e nei diaframmi in vibrazione sono di straordinaria complessità. Ad esempio, nei campi appaiono delle aree che l'indicatore rivela essere in movimento rotatorio. I granelli si aggregano in piccole aree circolari che continuano a ruotare con regolarità finché la nota viene suonata. La musica, ancora per Lévi-Strauss, è il mistero supremo delle scienze dell’uomo. Questo appare significativo anche se in fondo si tratta di uno sguardo gettato dall’esterno al senso che la musica ha in rapporto all’uomo e all’esperienza religiosa. Infatti «dimenticare il tempo» significa anche «trascendere il tempo» entrare in una dimensione mistico-religiosa appagante. E tutto ciò che cosa significa se non ritornare all’integrità originaria, incamminarsi verso il paradiso perduto? Non è un caso infatti che nel mondo sciamanico si ritrovino in unità tutto ciò che altrove è in qualche modo più o meno disgiunto, disarticolato, dislocato o distribuito in tempi diversi. Lo sciamano, infatti, quando si è travestito con apposite maschere prendendo posto all’interno dell’ambito rituale a cui è deputato, incomincia a battere il suo tamburo producendo suoni e ritmi che sono religiosi e che coinvolgono il corpo, la mente, lo spirito, creano una performance totale, dove si ritaglia lo spazio come axis mundi e si condensa il tempo, il mondo visibile e il mondo invisibile. Non batte certo l’aria, ma crea un suono originario chiama a raccolta tutte le forze positive e gli spiriti protettori mentre i suoi canti vengono accompagnati con movimenti, grida, imitazione della voce delle diversi suoni del mondo. Le divinità del cielo, della terra, i regni animali e vegetali sono chiamati in causa per far parte dell’armonia del mondo, di quell’armonia che guarisce e che restituisce la realtà nella sua trasparenza originaria. In definitiva ogni esperienza giocata sul pentagramma dell’universo e ogni armonia che nasce dalla fusione di orizzonti totalizzanti di significato non sono altro che la trascrizione più vera dell’esperienza religiosa stessa. È un’esperienza di totalità unica e indissolubile dove momento musicale e momento religioso si fondono e si confondono. Ma tutto ciò vale anche a livello etnografico per molti popoli presenti oggi sul pianeta terra. Il nostro mondo occidentale – pur avendo poca dignità da attribuire al mondo – esige che ogni cosa abbia un nome e «inumidisce» di senso ogni realtà come una religione autoritaria che voglia imporre il battesimo all’intera popolazione. In fondo, gli oggetti del nostro linguaggio che cosa sono se non dei «battezzati» di diritto o dei convertiti di diritto attraverso il senso e il significato loro attribuito? Il non senso è considerato come un’infamia. Ora non sembra così per la musica, per l’etnomusica, che ancora più in là della poesia, può rinunciare al legein, al mettere insieme in funzione della ragione, può rinunciare alla connessione per un più immediato rapporto «contemplativo» del mondo, come avviene, ad esempio, in un haiku giapponese. L’haiku giapponese è un tipo di condensazione dell’esperienza difficilmente accessibile al nostro mondo occidentale in quanto non si cura di creare legami di senso, ma crea semplici e immediati rispecchiamenti come in esempi di questo tipo: «Quante persone sono passate attraverso la pioggia d’autunno Sul ponte di Seta». «Vengo attraverso il sentiero di montagna. Ah! che meraviglia! Una violetta!». Descrittivismo? Impressionismo? Espressionismo? La vita è musica: ha la sua trasparenza e non ha bisogno di niente altro. Abbiamo bisogno ancora del senso delle parole per vivere? Non ci basta il senso della vita? C’è un senso immediato, non logico, non riflesso, non fatto oggetto ancora dei criteri di verità o di falsità, forse è questo l’originario verso il quale inconsciamente ma decisamente ci muoviamo. In questo luogo o meglio in questo «non-luogo» musica ed esperienza religiosa si incontrano ancora e in modo originale. È la teologia apofatica che deve regnare nell’insignificanza che ci circonda. È la musica «spoglia» che deve ritornare, ridotta al suono originario, al nada:suono e nulla ad un tempo. L'uomo moderno necessita di entrare in un Tempio del silenzio dove nella contemplazione del silenzio totale può riscoprire l’anāhata, il suono “non percosso”, che riempie chi lo riceve di musica e di luce. "Quando la rota, che tu sempiterni Desiderato, a sé mi fece atteso, Con l'armonia che temperi e discerni, Parvemi tanto, allor, del cielo acceso De la fiamma del sol, che pioggia o fiume Lago non fece mai tanto disteso". (Par I, 76-81) "O graziosa, suono/gioca. L'universo non è che una conchiglia vuota nella quale la tua mente fa capriole all'infinito" "Ma che suono è questo, così intenso e armonioso, che riempie le mie orecchie?". "È il suono che sull'accordo di intervalli regolari, eppure distinti da una razionale proporzione, risulta dalla spinta e dal movimento delle orbite stesse e, equilibrando i toni acuti con i gravi, crea accordi uniformemente variati; del resto, movimenti così grandiosi non potrebbero svolgersi in silenzio e la natura richiede che le due estremità risuonino, di toni gravi l'una, acuti l'altra". La musica è l'arte e la scienza dei suoni, combinati secondo determinate regole; l'insieme armonico di suoni prodotti da strumenti musicali o da più voci. Una vera e propria scienza, che basa le sue fondamenta su leggi matematiche e fisiche incontrovertibili, mentre Il diapason di 440 vibrazioni non ha alcuna valenza scientifica. Nell'Universo l’energia è vibrazione. Il ritmo vibratorio di un oggetto, compreso il corpo umano, si chiama risonanza. Se rimane un punto fermo l’oscillazione a 432 Hz, la sua logica di accordatura (in sostanza, come arrivare ad ottenere i 432 Hz...) non è per niente scontata. Tutto parte dall'ottava. E non è un caso che l’infinito si indichi con un otto... perchè parte tutto dagli 8 Hz . Il nostro pianeta “batte” a otto cicli al secondo (8 Hz, conosciuto anche come la “Risonanza fondamentale di Schumann” 8 Hz sono il ritmo dell’onda Alfa del cervello, alla quale i nostri emisferi cerebrali sono sincronizzati per operare insieme in modo uguale. E gli esempi sarebbero infiniti proprio come gli 8 Hz, un livello a cui si arriva alla Super Coscienza. Tutto è geometricamente perfetto. Ma da cosa dipende l’importanza di questo numero e dei numeri che lo compongono? La sostanza è questa: il 432 è la precisa sintesi del tutto, in armonia con ogni principio del macro e del microcosmo universale. La regola base per l’armonia è sempre la stessa: “come in alto, così in basso” (e viceversa). www.matematicabinaria.it/11-il-numero-quantico-137 - “ La lingua musicale è universale: perché dunque la nota che ha nome LA a Parigi o a Milano dovrebbe diventare un SI bemolle a Roma?” Verdi, in una sua lettera datata 1884, non usa mezzi termini per denunciare che qualcuno in Vaticano ha voluto di fatto sopprimere il diapason a 432 Hz.

venerdì 6 settembre 2013

giovedì 8 agosto 2013

ombre



"Bello il futuro quando Non so cos’accadrà Ho mani nude gambe Veloci e cuore potente Fardelli inutili, orpelli Appesantiscono il passo aiutami a liberarmi ad appassionarmi alla mutevolezza alla leggerezza alla naturalezza del riso e del gioco. ora, l’impatto con la semplice aria spacca la mia armatura di paura. so di essere bella, lo ricordo. era un possesso fatuo di me quello che ha permesso di dimenticarmi aiutami a ricordare perché so che non posso vivere, amarmi e donarmi a te se la noia non torna ad essere caos e sudore. cantami l’inno della semplicità sento solo frammenti della sinfonia universale voglio ballarla fino a morire.” (da Poesie d'ombra - Pescomaggiore)

lunedì 5 agosto 2013

"Tutto è rappresentazione. Se si recita bene, si ingannano gli altri, se si recita male, inganniamo noi stessi e se non siamo capaci di ingannare noi stessi, non ci restano che i fantasmi." Profondo sonno di primavera non vede l'alba. Intorno intorno suona canto d'uccelli. A notte scroscio di pioggia e vento: i fiori caddero, quanti? Meng Hao-jan

venerdì 19 luglio 2013

Fanciulla, Madre e Corona


 

È lei che riconoscerete perché lei
rende autentico il contatto visivo con chi incontra ...
... Lei non ha paura di essere se stessa

Lei accetta il suo cammino
Ed è disposto ad accogliere ciò che viene
Perché lei ha fiducia nel suo viaggio
Lei è consapevole della propria forza

Lei accompagna le sorelle per il percorso
Ma si tiene lontano da chi vuole solo succhiare la sua energia
Vede oltre istantaneamente
Lei sa come proteggere se stessa

Lei è obbediente verso se stessa,
Lei è disposta a rompere le regole fatte da altri
per essere autentica verso sè

La sua verità viene direttamente dal suo cuore
Lei usa la sua mente come manifestazione del cuore

Lei è interiormente ed esteriormente consapevole
Lei risponde più che reagisce
Lei non è più illusione


Lei è profondamente legata alla sua fonte creativa
Lei è la sua opera d'arte in realizzazione
Lei può creare bellezza da tutto ciò che è intorno a lei

Lei è in sintonia con il suo intuito e il corpo istintuale
Vive nel presente
Perché lei è disposta a rinunciare al passato
E concedere al futuro lo spazio di cui ha bisogno per svilupparsi

Lei capisce che la vita è un flusso in continua evoluzione da un momento all'altro ...
Lei fluisce con il flusso.

Si sente profondamente legata alla terra ed è vicino alla natura,
Lei riconosce che non è separata da essa ...
Essere connessa con la natura è essenziale per la sua salute e il benessere

Lei ha semplificato la vita

Lei apprezza la sua solitudine,

Ma ha anche
da valore al tempo che vive con anime affini

Non ha bisogno di un uomo per completare la sua vita
Le sue relazioni sono a parità di rispetto e di condivisione
e non si sente in peccato per il piacere sessuale che ne deriva.

Non ha tempo per le chiacchiere
Ha invece tempo per realizzare la sorellanza

celebra la bellezza e la potenza delle altre donne
celebra la bellezza e la forza dentro di sé

Lei è disposta a ricevere e dare
Sa che se riempie la sua tazza con il proprio amore farà traboccare anche quella degli altri.

Lei capisce l'inutilità dei consigli non richiesti
Quindi condivide la sua saggezza vivendola

Essa aspira alla guarigione del mondo
ed offre i suoi doni affinchè questa si realizzi

L'amore è la sua religione
L'unità è il suo vangelo
La risata è la sua grazia

Ama giocare con il suo bambino interiore
Cantare e ballare con la sua fanciulla interiore
Ella nutre la sua mente, il suo corpo e lo spirito ogni giorno attraverso la madre interiore

Molti sono attratti dal suo Mistero
tanti cercano Lei per la sua saggezza

poichè si sentono subito amati e accettati
nel suo spazio sacro si pace.

Molti si sentono sconvolti dalla sua risata irriverente
ma anche sollevati
perchè essa da a loro l'opportunità
di essere se stessi

Lei è Fanciulla, Madre e Crona
In una...

 Lei è Dea


(Caroline de Lisser)

Immagine Emily Balivet

venerdì 5 luglio 2013

il memoriale di Dioniso e della nostra cicala

Per gli antichi Greci, le cicale erano figlie della Terra o, secondo alcuni, di Titone e di Aurora. Specialmente gli ateniesi le onoravano: Aristofane rammenta le cicale d'oro, ornamento per i capelli degli Ateniesi nobili all'epoca arcaica e nella celebrazione dei Misteri eleusini in onore di Demetra, era uso portare nei capelli una fibula a forma di cicala, così come durante la celebrazione dei misteri di Era a Samos. Per Platone le cicale sono gli antichi artisti, specie nel campo musicale e dell'eloquenza, che hanno smesso di mangiare e accoppiarsi per amore della propria disciplina. Secondo Orapollo la cicala simboleggiava l'iniziazione ai misteri, poiché essa anziché cantare con la bocca, come tutti, emette suoni dalla coda. La cicala era anche simbolo di purezza: seguendo un'errata credenza ripresa da Plinio il Vecchio si riteneva che le cicale si nutrissero di sola rugiada e ciò faceva sì che il loro corpo non contenesse sangue e non dovessero espellere escrementi e di qui l'idea della purezza. Il fatto poi che la cicala viva una sola estate ma le sue larve rinascano in quella successiva direttamente dalla terra ne ha fatto l'emblema di una resurrezione a nuova vita dopo la morte persino presso i cinesi. Tra i poeti contemporanei, Giosuè Carducci ha elogiato questi insetti ne "Le risorse di San Miniato" e scherzosamente rimprovera Virgilio e Ludovico Ariosto per averle definite querule e noiose.
Ma la cicala ha anche una fama negativa, quella di vivere alla giornata cantando senza preoccuparsi del domani, assurgendo così a simbolo dell'imprevidenza. Esopo, nella sua notissima favola La cicala e la formica, narra che la cicala si fosse dilettata tutta l'estate a cantare senza preoccuparsi di provvedere ad immagazzinare cibo per l'inverno. Giunta la cattiva stagione essa si rivolse alla previdente formica chiedendole aiuto e questa le chiese di rimando che cosa avesse fatto tutta l'estate non avendo provveduto al cibo, al che la cicala rispose di aver sempre cantato e la formica replicò: «Allora adesso balla!».

La cicala depone le uova, dalle uova nasce una larva che vive sottoterra per parecchio tempo. Poi quando è il momento esce e cerca un posto dove arrampicarsi per lasciare la pelle di larva ed uscire alla sua nuova vita di cicala.


ieri sera a Colle Moro sulla poltrona di Barbara...eccola qui che ri-nasce come Dioniso


il mito di Dioniso

Quando Zeus, il padre degli dei,  tornò dalla sua amante Semele, questa gli chiese di offrirle un regalo ed egli promise di esaudire qualsiasi desiderio della fanciulla. Semele chiese allora al re degli dei di manifestarsi in tutta la sua potenza. Zeus, disperato, fu costretto a realizzare tale richiesta e si recò al cospetto di Semele armato delle sue folgori. Come nella versione precedente, la giovane viene folgorata. Per impedire che il bambino venisse bruciato, Gea, la Terra, fece crescere dell'edera fresca in corrispondenza del feto del bambino; ma Zeus, che non aveva dimenticato il bambino che ella portava in grembo, incaricò Ermes (o secondo altri egli stesso), si affrettò a strapparne il feto dal suo ventre e praticò un'incisione sulla sua coscia, nella quale se lo cucì. Qui vi poté maturare altri tre mesi e, passato il tempo necessario, lo fece uscire fuori, perfettamente vivo e formato. Zeus gli diede il nome di Dioniso che appunto vuol dire il "nato due volte" o anche "il fanciullo dalla doppia porta". Secondo altri il nome Dioniso è invece da ricollegare alla mitica località che gli diede i natali. Dioniso era soprannominato anche Trigonos, “il nato tre volte”: dal ventre della madre Semele, dalla coscia di Zeus e dalle sue stesse membra dilaniate dai Titani.
Il neonato "nato dalla coscia di Zeus" già dalla sua venuta al mondo possedeva delle piccole corna con dei ricciolini serpentini; Zeus lo affidò immediatamente alle cure di Ermes.



A te che sei tutto
E di tutto l’estremo contrario
Non è facile
Levare il canto
Per i molti tuoi doni
E gli insondabili abissi
Tra cui ti nascondi


 Le maschere di Dioniso erano venerate come "epifanie" del dio stesso, e non come semplici suoi simboli. L’uomo che indossava una simile maschera, in un certo senso, indossava il dio, e non solo in apparenza, assumendo le sue fantastiche sembianze del volto, ma anche nella sostanza, immedesimando il proprio spirito con quello di Dioniso. L’adepto che compiva questo camuffamento diventava, per così dire, un essere ‘altro’ da se stesso. In effetti Dioniso è il "dio-altro", il "dio-estraneo", il "dio-straniero": non fa parte del consesso olimpico, perché forse è venuto da lontano, dal di fuori. Pausania racconta la storia di un oggetto ‘estraneo’, una enigmatica maschera di legno trovata da alcuni pescatori di Lesbo in fondo al mare, che subito fu considerata epifania di Dioniso. Questa immagine che emerge dal mare, anch’esso uno spazio ‘altro’, è un enigma da decifrare, perché in questo volto c’è appunto qualcosa di xènos (Baccanti, 453), cioè di "strano" e di "straniero", secondo il doppio, ambiguo, significato della parola greca: "straniero", infatti, non designa il non-greco, ossia il "barbaro", ma il cittadino di una comunità vicina. Penteo, nelle Baccanti di Euripide, si rivolge a Dioniso come xènos. Chi indossava la maschera, dunque, diventava "altro".
Ma come mai l’ "alterità" sembra essere l’unico fine a cui i fedeli tendevano durante i culti misterici?
Perché "altro", in campo dionisiaco, era sinonimo di "tutto". Essere "altro" dall’individuo significava divenire uguale alla "totalità": totalità che in questo caso è coincidentia oppositorum, unione dei contrari. La maschera stessa, di per sé, contiene una polarità di significati opposti: è "presenza", perché considerata epifania di Dioniso, ma allo stesso tempo è "assenza", perché ha le orbite vuote, e aspetta di essere indossata da qualcuno. E questo qualcuno diventa Dioniso, pur rimanendo se stesso, e, anche se UNO, rispecchia in sé i MOLTI.
C’è un mito orfico in cui Dioniso ci appare bambino che, con la faccia tutta impiastricciata di gesso (una sorta di maschera bianca), si guarda allo specchio e non riconosce più la sua stessa figura, considerandosi "altro" da sé. Che cosa significa questo mito?
Esso ci dice che il dio bambino, guardando la sua faccia bianca in uno specchio, non vede più se stesso, ma il Tutto. Ed ecco perché nel celebre affresco della Villa dei Misteri a Pompei è raffigurato un adepto che guarda in una coppa di vino, nella quale è riflessa l’enigmatica espressione di una maschera dionisiaca: in quella coppa c’è il Tutto.
Il dionisismo, dunque, è la ricerca di una divina armonia con l’universo, il tentativo di abolire le differenze fra animale e uomo e fra uomo e dio. Tappa forzata, però, e straziante, è l’annullamento dei contrari: la maschera costituisce l’arché e il tèlos, il "principio" e il "fine", di questo cammino di misteriosa trasformazione; e lo sguardo inquietante delle sue orbite vuote apre l’adepto a prospettive oscure e luminose, comunque sovrumane.

martedì 25 giugno 2013

Dio è un grande intervallo.
Ma fra che cosa e che cosa?
Fra ciò che dico e ciò che taccio?
esisto? Chi è che mi vede?
Sono il mio errore… e l’alta colombaia
sta intorno alla colomba,
oppure al fianco?
Dio non ha unità
come potrei averla io?
l’abisso è il muro che io ho
Essere io non ha misura
Per la Pianura senza sentieri
giunge il cavaliere.
Cammina in pace e piano piano
con paura di Nessuno
L’assenza di Dio è un dio anh’essa.
Il Fato destina estraneo al bene e al male
Prendimi, oh notte eterna tra le braccia
e chiamami tuo figlio.
Mi raccontai nell’ombra, senza trovarmi un senso…
Tutto, anima mia, ha un altro senso,
anche l’avere un senso.
(Fernando Pessoa)


 

 

venerdì 21 giugno 2013

solstitium et ennea


KURIAKE PROSEUKE

 
Pàter hemòn ho en tòis uranòis:

Haghiasthéto tò onomà su;
elthàto he basilèia su;

ghenethéto tò thelemà su,
hos en uranò kài epì ghés.

Tòn àrton hemòn tòn epiùsion dòs hemìn sémeron;
kài àfes hemìn tà ofeilémata hemòn,

hos kài hemèis afékamen tòis ofeilètais hemòn;
kài mé eisenènkes hemàs eis peirasmòn,
 
allà rüsai hemàs apò tu ponerù.

Amén.

L’Enneagramma: una mappa ,  nell’analisi dei tipi umani,  attraverso la quale  vengono rivelati  i meccanismi (Passioni dominanti : ira, orgoglio, vanità, invidia, avarizia, paura, gola, lussuria, pigrizia  ) che sono alla base del nostro comportamento. Nove  caratteri, nove linguaggi, nove  famiglie, e , ognuno di noi, inconsciamente,  già nella pancia della nostra mamma,   fin dai primissimi  anni di vita , o forse già incriptato in una memoria cellulare proveniente da un incosnscio collettivo (jung) o , come già aveva intuito  Freud, da una psiche collettiva ,    ha elaborato o si è trovato a disporre   di uno di questi nove stili comportamentali, come una  propria personale strategia di sopravvivenza. Questa strategia di sopravvivenza si è strutturata  intorno a questo nucleo fondamentale (passione o fissazione dominanti ) e ad un nucleo istintuale  (auto conservazione, sessualità, socialità). Questo è il punto di partenza,  la base,  da cui  ogni essere umano  si costruisce la propria immagine del mondo , la propria realtà, o meglio "cio’ che pensa sia la realtà" (" Non le cose ci disturbano, ma le opinioni che noi abbiamo delle cose"  Epitteto).
Ogni enneatipo rappresenta una mappa sensoriale , una strategia inconscia, che sicuramente  ha anche una base biologica (logica  per la vita ) . Questa strategia è essenziale nel corso dell’infanzia  e  diventarà in età adulta una gabbia che si manifesterà e prenderà forma in   comportamenti (  attraverso  quel  "Sentito personale"  tramite  il quale ogni essere umano percepisce le situazioni …relazioni  e in base al quale affronterà e reagirà di fronte ad eventi inaspettati della vita   )   che limiteranno  l'individuo nella propria espansione . l' Enneagramma , se da un lato ci mostra le motivazioni profonde che regolano il nostro comportamento a volte "nevrotico" ,  ci indica anche una  via, diverse vie ( nove )  per uscirne. Possiamo affermare che l' Enneagramma ci fornisce la possibilità di conoscere le nostre passioni, le nostre emozioni, il comportamento, le difficoltà, le debolezze, le aspirazioni, le qualità e i talenti, fornendoci la chiave per evolvere verso l’integrazione, l’equilibrio, la consapevolezza e il pieno appagamento della nostra esperienza umana.
 E1. Ira, personalità ossessivo-compulsiva. È un bambino che ha risposto con l’ira alla rinuncia forzata di essere un bambino come tutti gli altri bambini. Senso della giustizia, rancore nel territorio, da cui problemi alle vie biliari e pancreatiche. Paura di sentirsi sporcati (tratti anali secondo Freud) da cui acne seborroica, epiteliomi e pelle del volto rovinata.
L’altro è spesso percepito come un nemico di cui non fidarsi perché poco attendibile da cui forte sudorazione (soprattutto alle mani, per far scivolare via meglio il nemico). Il perfezionismo, l’intolleranza e la supponenza producono rigidità muscolare e problemi alle articolazioni. Vogliono vederci chiaro, in realtà erano bambini spaventati dai genitori ("Fai attenzione, non sporcarti", "Attento") e da questo i problemi alla vista dovuti all’ulcerazione delle retine (miopia e ipermetropia); non è un caso che Dante Alighieri costringesse gli iracondi alla cecità. L’inadattabile E1 , con la sua supponenza, si sente sopraffatto dagli altri (soprattutto i cari, che non fanno quello che lui vorrebbe facessero), da cui le problematiche al muscolo cardiaco.
La costellazione bio-maniaca è espressa attraverso una forte gelosia (che è un modo per nascondere la rabbia). Ho osservato come la donna E1 senta la sessualità come una cosa "sporca", da cui i fibromi all’utero (la tipologia E1 appartiene ai tipi istinto).
 E2.  La superbia, il falso donatore, la personalità istrionica: vuole essere amato, adorato, riconosciuto. Vive per l’altro e confonde il proprio piacere con il piacere dell’altro.
Ha bisogno (lo pretende) di contatto emotivo e fisico, sente molto la separazione perché ha paura di essere abbandonato, da cui problemi alla pelle, eczemi, cisti ovariche, cisti ai testicoli. La perdita di contatto con l’altro, il contatto e la sessualità, la costellazione del casanova (Casanova penso fosse un E2 sessuale). Il conflitto primario di questo enneatipo è la frustrazione sessuale, il non sentirsi posseduto, abbracciato, coccolato (questo sentito conflittuale e soprattutto le recidive possono causare nella donna amenorrea e ulcera del collo dell’utero, nei maschi ulcera delle vescicole seminali). La personalità E2 ha smarrito se stessa e si cerca negli altri, cosa che oltre a procurargli problemi di identità (mucosa rettale), lo fa sprofondare in uno stato in cui si sente "solo e abbandonato" (da cui il trattenimento dei liquidi, conflitto del profugo). A questo proposito ho riscontrato nella femmina del sottotipo conservativo (la principessina) e anche nel sessuale, casi di leggera diplopia (strabismo convergente o divergente, strabismo di Venere che come sappiamo è considerato un segno di bellezza, la Venere del Botticelli). Problematiche di perdita del territorio (abbandono da parte di qualcuno sentito come perdita di territorio) nell’ E2 sociale, con problemi alle arterie coronarie.
 E3. Vanità, personalità narcisistica: inganno, menzogna, mancanza di autenticità, mitomane (racconta storie per farsi notare), ricerca di riconoscimento e visibilità. Vuole essere visto e ammirato, da cui cali nella vista.
Anche qui problemi di identità e di perdita di contatto visivo. È un tipo iperattivo, fa tante cose e a volte può imboccare la strada sbagliata (problemi alle surrenali, forte stanchezza). La rapidità nel prendere o disfarsi delle cose può essere origine di iper-ipotiroidismo. Soprattutto il sottotipo sessuale, Narciso, può svalutarsi nella relazione (linfonodi). Si svaluta se non è riconosciuto, da cui problemi, in diverse forme, alle articolazioni e ai muscoli (tipica in questi soggetti la Costellazione Megalomane). Eterodiretto, molto influenzabile, si spaventa facilmente (laringe, afonia, soprattutto nei maschi E3 mancini e donne destrimani).
 E4. Come l'E2 e l'E3 fa parte della triade emozione. L’invidia e il sentirsi inadeguati, la personalità masochista ma anche la più intensa e passionale: "tutto o niente".
Il tipo E4 ha patito molto l’ingiustizia di non essere stato amato, che è il suo sentito personale, da cui la malinconia, la depressione, ma anche il risentimento.
L’invidioso ha patito il non essere amato e riconosciuto come una grande ingiustizia e frustrazione e vive questa carenza con una tale intensità che l’invidia verso l’altro è in realtà una necessità per stare in contatto con lui
La mania di persecuzione (conflitti della corteccia occipitale), l’odio e la gratitudine, la dipendenza, la paura di ricongiungere gli opposti (equilibrio). Si sente unico e irripetibile e rifugge l’omologazione da cui derivano problemi d’identità molto forte (soprattutto nel sottotipo sociale e conservativo) che si esprime in forme di sdoppiamento della personalità e d’identità (mucosa del retto, emorroidi).
Soprattutto il sottotipo sessuale è bulimico di attenzione. Sono i più intensi ed emotivi da cui l’estrema sensibilità alla percezione dei conflitti che spesso vivono in modo duplice, o molto intenso (maniacale) o nell’indifferenza totale (forme di depressione). La problematica più importante in questo enneatipo, oltre la depressione, è la svalutazione, il sentirsi inadeguati, il senso di carenza (che è solo una sua percezione) da cui problematiche legate alle articolazioni, tessuto muscolare e nervoso. La rabbia repressa, soprattutto nel sottotipo sociale, può essere all’origine di iper- ipoglicemia. La rabbia invece è rivolta verso se stesso nel conservativo (vie biliari e pancreatiche).
 E5. L’avarizia (di sé), la personalità schizoide.
Ha paura dell’altro, non vuole essere invaso, teme il ricatto emotivo, da cui la sua natura schiva, fino ad arrivare, in casi estremi, alla misantropia. La sua privacy è sacra. Privacy e competenza sono i pilastri attorno ai quali ruota la sua vita.
Non è molto propenso al contatto, da cui si difende con una forte sudorazione e delimitando il suo territorio, da cui spesso problemi alla vescica (papilloma) e a tutto l’apparato urinario in genere (soprattutto sottotipo conservativo e sociale).
L’enneatipo E5 si dà poco e vive con poco. Sono bambini molto fragili (sottotipo sessuale), forse a causa della separazione dalla madre patita nei primissimi mesi di vita, da cui sia problemi polmonari sia di anemia. Sono gli osservatori del paesaggio umano, degli orizzonti, in compenso devono vedere bene quello che accade vicino a loro (miopia, non vedo lontano per vedere vicino); questa forte miopia è dovuta ai conflitti di paura nella nuca patiti da bambino, presumibilmente con papà e mamma, troppo invadenti.
 E6. La paura, personalità paranoide: la paura di morire, di essere minacciato, attaccato, paura frontale (diversi casi di esoftalmo negli E6 controfobici, Braccio di Ferro, "pop eye"). Ricerca della sicurezza, paura di schierarsi, da cui deriva il comportamento ambiguo (identità = posizione, problemi alla mucosa rettale). Mitomane (racconta storie perché ha paura degli altri, colma il bisogno di sicurezza).
Personalità paranoide: non si fida, proietta sugli altri le proprie paure. Senso di colpa e paura di essere scoperti e puniti. Aumentano la propria autostima attraverso l’esercizio efficace del potere contro le autorità e altre persone importanti. È molto vigile e si sente spesso minacciato (problemi a polmoni e bronchi, nel mancino laringiti e afonia). Tipica nel mondo E6 è la costellazione del cervelletto (apatia, morte emotiva, apparente serenità anche raccontando le cose più terribili). Si svaluta perché ha sempre paura dell’altro (genitori, partner, gruppo sociale).
Svalutazione sessuale nel controfobico (vescicole seminali). Osservati diversi casi di problemi di eiaculazione precoce nell’ E6 conservativo destrimane.
Il sottotipo sessuale mancino è rancoroso, bio-maniaco (ulcerazione mucosa rettale e ulcera vie biliari). Osservati casi di asma (costellazione asmatica, muscolatura dei bronchi e laringe) nell’E6 controfobico. Osservati casi di epilessia nel fobico (E6 conservativo).
 E7. La gola, personalità iper-ipomaniacale. È una persona che affascina e si affascina; si eccita facilmente, è un tipo brillante, un Peter Pan. Si distrae di fronte a qualsiasi tipo di sofferenza. Quando si sente escluso può essere colpito da raptus e diventare particolarmente violento (E7 sessuale e conservativo). È una personalità dov’è molto evidente il diniego, la tendenza a ignorare, anche in modo umoristico, la gravità di una situazione. Cerca l'emozione come surrogato del sentimento. Trova sempre molte scuse e il confine tra la scusa e la menzogna per lui è spesso impercettibile.
Il comportamento maniacale è più evidente nel tipo E7 mancino (maniacale, iperattivo, sia maschio sia femmina). "Non è mai in casa" diceva Gurdjieff di questa personalità. Si sente libero quand’è fuori casa, mentre in casa si sente profugo, solo e abbandonato e questa è la causa di trattenimento dei liquidi nel corpo, soprattutto nella zona dell’orecchio medio (nell’ E7 sociale) e nelle gambe (E7 conservativo). La gola, il non averne mai abbastanza, è un ottimo modo per non sentirsi limitati. Ecco allora il movimento impedito, i problemi legati alla motricità (costellazione motoria, crampi muscolari notturni). Si muovono in continuazione perché, se si fermano, hanno paura di crollare e quando sono impediti ecco "la palla al piede": flebiti. Sono soggetti ansiosi, spesso si sentono sopraffatti nelle relazioni, da cui mancanza d’aria, apnee notturne, palpitazioni dovute alla muscolatura del miocardio (sottotipo sessuale). L’indulgenza come origine della repressione dell’aggressività. Fuggono di frequente rifugiandosi in un mondo di favole e la troppa libertà spesso è una fuga in un labirinto (problemi del cosiddetto labirinto, in realtà una forma di conflitto del profugo. Riscontrati casi di artrosi alle mani nel sottotipo conservativo.
 E8 (Area istinto). La lussuria, la vendetta, la personalità antisociale. È il tipo viscerale per eccellenza, ha la passione per l’eccesso, il capo branco (capi si nasce), un predatore naturale. Tutta la sua azione è rivolta all’aggressione, conquista e difesa del territorio, vuole trovare soddisfazione e la vuole subito, in fretta (problemi alla tiroide e surrenali). Patisce molto l’essere escluso e tutti i conflitti legati alla disputa per il territorio da cui dipendono le problematiche cardiache (ulcera delle coronarie, arterie e vene, bradicardia, iper- colesterolomia), soprattutto nel maschio destrimane e femmina mancina, ulcera allo stomaco (bruciori).
Vive visceralmente i conflitti di separazione e perdita. È più facile che una separazione (quando è l’altro ad andarsene via) venga vissuta da un E8 come perdere la faccia (da cui paresi facciali). È invadente e quando non viene ascoltato soffre di dolori alle lombari. È facile trovare in questo tipo (sessuale) la costellazione bio-maniaca.
Ha difficoltà a riconoscere le normali emozioni in quanto le associa a debolezza e vulnerabilità. Fortemente amnesico (a causa dei conflitti di separazione).
  E9. Accidia, pigrizia, personalità depressiva, la conflittualità repressa; evita il conflitto a tutti i costi e ovviamente ci cade in continuazione; oppone resistenza fin da bambino (soprattutto il sottotipo sociale) da cui iperglicemia (soprattutto nei maschi destrimani e femmine mancine). La pigrizia è una forma di addormentamento della coscienza, per non mettersi in contatto con quella ferita che ha patito da bambino per essere stato messo da parte, non visto, e di cui si sente responsabile. Per questo ha imparato a evitare il contatto con se stesso e con il proprio corpo (da cui cisti sebacee, neurofibromi), e con gli altri (psoriasi, E9 sessuale). Anche l’obesità è una forma per creare distanza con la propria interiorità (E9 conservativo). Sono i veri donatori, sostengono tutto e tutti, da cui la costellazione del sostegno (forma di megalomania, costellazione del miocardio).Tra tutti gli enneatipi è sicuramente il meno sensibile e il più stoico ma anche il più testardo e cocciuto. La separazione dolorosa, l’essere stato messo da parte da bambino, è stato vissuto da questa personalità come una propria colpa, come una propria responsabilità. Quindi perché provare ostilità e rabbia verso qualcuno? Ecco che allora è meglio staccare la spina, perdere la connessione con questo dolore profondo e creare una barriera fisica (l’obesità, le cisti sebacee, psoriasi, l’iperglicemia) e psicologica (la pigrizia, l’iperattività).
 (dal libro Enneagramma Biologico)




IL CARATTERE DI OGNI UOMO PRESENTA UN ASPETTO CHE GLI E’ CENTRALE , PARAGONABILE AD UN ASSE INTORNO AL QUALE RUOTA TUTTA LA SUA PERSONALITA’.(G.Gurdjieff)






mercoledì 19 giugno 2013

pensieri sparsi

(di un amico ormai troppo lontano)


 
ti ho aspettato.....

non possiamo andare avanti, ma non possiamo nemmeno tornare indietro, la triste realtà che ci accade.

Certe sensazioni sono come la sabbia in riva al mare, che le onde, ogni volta che le ricoprono, le appiattiscono livellandole ad una nuova vita, come se non ci fossero mai state....e tu ti stupisci a provarle di nuovo, come la prima volta.
 
Io che per anni ho vagato in diligente circolo, come un pesciolino nella sua vaschetta tonda, per tempo immemorabile, ora, al cospetto dell’infinito oceano che tu mi hai donato, un solo giorno di attesa mi distrugge l’animo.
Imprigionato in questa nuova dimensione, che l’agire mi porterebbe lontano…eppure immobile ad aspettarti.


nulla ferisce di più dell'insensibilità efferata di chi ti ama e, senza nemmeno accorgersi del male che fa, ti pianta un coltello nel cuore e ti lascia tramortito a terra e poi ti guarda con occhi innocenti, a meravigliarsi del tuo dolore....

L'infinito è in un attimo, da qui a lì dentro i confini di una sensazione, quella che vorresti che non finisse mai.

Passano i giorni e poi i mesi, ma tu non passi mai, presenza invisibile eppure immanente, che aleggi a mezz'acqua tra la coscienza e i buoni propositi, che poi, tanto, sarà la realtà a dettare la sua solita regola.


viaggio, frontiera, ignoto

"Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forme, sal...vandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue. Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte.
Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte. In Verde acqua Marisa Madieri, ripercorrendo la storia dell’esodo degli italiani da Fiume dopo la seconda guerra mondiale, nel momento della riscossa slava che li costringe ad andarsene, scopre le origini in parte anche slave della sua famiglia in quel momento vessata dagli slavi in quanto italiana, scopre cioè di appartenere anche a quel mondo da cui si sentiva minacciata, che è, almeno parzialmente, pure suo.
Quando ero bambino e andavo a passeggiare sul Carso, a Trieste, la frontiera che vedevo, vicinissima, era invalicabile – almeno sino alla rottura fra Tito e Stalin e alla normalizzazione dei rapporti fra Italia e Jugoslavia – perché era la Cortina di Ferro, che divideva il mondo in due. Dietro quella frontiera c’erano insieme l’ignoto e il noto. L’ignoto, perché là incominciava l’inaccessibile, sconosciuto, minaccioso impero di Stalin, il mondo dell’Est, così spesso ignorato, temuto e disprezzato. Il noto, perché quelle terre, annesse alla Jugoslavia alla fine della guerra, avevano fatto parte dell’Italia; ci ero stato più volte, erano un elemento della mia esistenza. Una stessa realtà era insieme misteriosa e familiare; quando ci sono tornato per la prima volta, è stato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto."


“Ci sono luoghi che affascinano perché sembrano radicalmente diversi e altri che incantano perché, già la prima volta, risultano familiari, quasi un luogo natio. Conoscere è spesso, platonicamente, riconoscere, l’emergere di qualcosa magari ignorato sino a quell’attimo ma accolto come proprio. Per vedere un luogo occorre rivederlo. Il noto e il familiare, continuamente riscoperti e arricchiti, sono la premessa dell’incontro, della seduzione e dell’avventura; la ventesima o centesima volta in cui si parla con un amico o si fa all’amore con una persona amata sono infinitamente più intense della prima. Ciò vale pure per i luoghi; il viaggio più affascinante è un ritorno, come l’odissea, e i luoghi del percorso consueto, i microcosmi quotidiani attraversati da tanti anni, sono una sfida ulissiaca. “Perché cavalcate per queste terre?” chiede nella famosa ballata di Rilke l’alfiere al marchese che procede al suo fianco. “Per ritornare” risponde l’altro.”

(da ”L’infinito viaggiare” di Claudio Magris, Mondadori 2005)

bel tema...l'avrei scelto!

Occhi gonfi per l’aria ed il ginocchio dolorante , niente concerto , rimandato per il vento , come fosse cosa strana avere il vento a 2400 metri , organizzazione fantasma che non si capiva bene se e come qualcuno guidasse la processione di persone e piccole luci che salivano lungo la cresta . Freddo , tanto freddo che ogni volta pensi chi me l’ha fatto fare a venire quassù , possibile che ci si dimentichi di quanto sia proibitivo starsene ad aspettare le quattro del mattino rannicchiato su quattro sassi ?
Possibile , certo . Ci si dimentica perché non ha uguali , vedere nascere il sole , dopo aver faticato per prendere le distanze dal mondo e riscoprire poi quello stesso mondo stendersi verso valle , incantevolmente illuminato e d’un tratto molto più familiare di quando sei partito . Scop...ri che la ami questa valle , anche se la mattina ti svegli stanco di doverci stare in mezzo e guardi speranzoso con il naso all’insù che qualcosa cambi .
L’alba al Vettore , meravigliosa avventura .
Ancor di più per averla condivisa con una sorella , Laura Gagliardi , con cui mi scopro ogni giorno più vicina , con mio marito , perché condividere la quotidianità fa scordare , a volte , che siamo anche persone che sognano e quanto sia bello farlo insieme , e con decine di persone sconosciute eppure simili nell’ aver voglia di salire .
M’ero promessa di tornare in montagna entro il 2013 ed è impagabile la sensazione d’essersi esaudita così .
Che passi a tutti questa energia nuova , stamattina abbiamo camminato tra il sole e la luna e mi è sembrata la migliore parabola del percorso fatto in questi anni . C’era una bellezza racchiusa , dietro le rocce , panorami splendidi , disegnati , solidi , eleganti nel loro stare ad aspettare , preziosi , protetti come il lago di Pilato con il mistero che porta dentro e la vita rara ed unica che accoglie .
La virtù dell’arrivare ad essere senza compromessi , essere per sé e , generosamente donare agli altri , quella luce soffusa che non distoglie , non abbaglia , ma guida . Estia .
Grazie d’esserti fatta incontrare .
Un abbraccio caro cerchio , vi ho portati con me .

martedì 18 giugno 2013

La stanza

...delle poche righe (Manni, 2010)





Si affrettava il passo e sembrava si spostasse,
l'unico spazio che all'uomo è concesso
tutto quel vuoto che manca all'adesso


ho seminato parole che non sanno tornare
dimmi cosa c'è tra questo nulla e me





le parole gettate
rimangono sospese
un attimo nell’aria
poi muoiono
precipitando





anniversario degli oggetti
condannati a esser densi
come noi che sorridiamo
tra le radici e le stelle
attraversando un silenzio


in quei palazzi invernali
dove ancora oggi
si raffreddano le stelle

77 reticenze

e io non posso entrare




Stabilisce prima il tuo nome
questa gente di penombra


In fondo a te c'è un pressappoco,
come un forse nelle vene
o un venerdì di nuovo


e dove si rovista per cercarsi
si accumula la carta





ma qui lo sai non ci si salva
si appare solo all'improvviso
non ci si aiuta, si segue la voce
come inquilini d'inverno


divenire è per un attimo confondersi
succubi d’inchiostro
appoggiarsi all’infrangibile.




Di stanza in stanza
così divento casa
al plurale immaginando
mattone su mattone
costruire lontananza
con la calce dell’addio.


                         


 n.b. tutte le poesie e le composizioni artistiche in questo post sono opera di:

Alessandro Assiri