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giovedì 13 dicembre 2012

EHEYE' ASHER EHEYE'



Le interpretazioni della Bibbia cercano da sempre di individuare quale principio unificatore la animi, principio che è simboleggiato dall'eco della voce divina che Mosè udì sul Sinai, e che oggi parla ancora attraverso la Torà. Dopo aver plasmato il primo uomo con la terra e l'acqua, Dio insufflò in lui la vita; questo soffio vitale è amore o Eros: lo era quando fu creato Adamo (che lo ricevette direttamente) e lo era nelle parole di Dio a Mosé (che lo ha racchiuso nel messaggio della Legge): "Dal momento che quella parola originaria è destinata agli uomini e mira a regolarne la vita su questa terra, il soffio dell'Eros divino si è 'incarnato', nel testo biblico, in discorso della Legge". Per comprendere il messaggio biblico vivente occorre risalire all'Eros primordiale che l'ha generato. La Bibbia contempla la conoscenza per mezzo del corpo: il verbo "conoscere" - ladà'at - significa sia conoscere intellettualmente che conoscere carnalmente, e infatti è riferito alla conoscenza che Adamo fece di Eva. La tradizione mistica ebraica insiste molto sull'origine carnale della conoscenza e sul radicamento di ogni attività intellettuale nell'esperienza corporea. La conoscenza viene fondata nella soggettività umana intesa non come una serie di categorie teoretiche, ma nell'insieme della persona, psiche e corpo. Il desiderio di conoscenza nasce dalla percezione di una mancanza. Dio onnipresente e onniscente si sente solo nell'Universo e si contrae (quello che i cabbalisti chiamano zimzum) per "fare spazio" alla creazione. Adamo, nell'Eden, vedendo che tutti gli animali sono in coppia, si sente solo e desidera una compagna. A quel punto, Dio "fa spazio" in lui per Eva, togliendogli una costola. L'uomo e la donna, esseri duali fatti a immagine di Dio (anch'Egli duale perché in parte trascendente e in parte immanente, e la Sua immanenza ne è la parte femminile, ossia la Shekhinà) sono entrambi, al contempo, maschio e femmina, spirito e corpo. Dalla loro unione nasce la vita, che è sia unione di due nell'uno (e in questo senso, il figlio può essere considerato il simbolo della sintesi della creazione che dal molteplice torna all'unico Principio creatore da cui è scaturita) sia la moltiplicazione di due nelle infinite combinazioni genetiche possibili, nell'imprevedibilità della prolificazione potenziale. Il tempo della Bibbia è etico e ciò comporta il rifiuto di ogni fatalismo. Si è coscienti di ciò verso cui si va, e si preferisce la speranza legata al rischio al godimento immediato: il tempo ebraico tende all'infinito per non rischiare di costruire monumenti al presente.
È per questa ragione che Esaù perde la primogenitura a favore di Giacobbe; quest'ultimo desiderava farsi carico l'eredità morale dei Padri, mentre Esaù era un guerriero che vedeva la propria vita limitata al tempo che lo separava dalla propria morte.
La temporalità ebraica è qualitativa, e l'infinito (cui viene comunque messo un termine, con l'avvento dell'era messianica) simboleggia la qualità dell'avvenire. Il desiderio della qualità è Eros e Ethos contemporaneamente; l'istante successivo non nasce da una serie di istanti ineluttabili, ma è costantemente ed eticamente scelto: "Ciò che la tradizione ebraica chiama 'il mondo a venire' designa questo mondo nella misura in cui si annulla a ogni istante per far esistere il proprio al di là, il proprio oltre. Questo oltre può generarsi solo nel presente e contro di esso". Il perpetuo "altrove" (che è temporale e spaziale) indica un'esigenza, un desiderio (Eros) dell'oltre che viene dal profondo dell'intimo dell'uomo, che nulla può colmare.
Dio stesso si annuncia a Mosé con due futuri "Io sarò (colui) che sarò" (Eheyé asher eheyé) sul Sinai, mentre invece precedentemente, nel deserto, essendogli apparso come fuoco che arde ma non consuma, si era definito come "Il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe", ossia come il Dio rassicurante e familiare, forse quasi dimenticato e leggendario, che doveva trasformarsi in un Dio che annuncia il riscatto del futuro. In quest'ottica, è necessario che Mosè torni dal popolo dicendo che lo manda "Io sarò". Questo va letto come il desiderio di Dio di coinvolgere il suo popolo nel Suo destino: "Io sarò" può essere completato con "Io sarò colui che voi vorrete che io sia", o ancora, "Io sarò ciò che voi farete di me": "A livello della loro storia collettiva, la memoria, ossia l'attualizzazione del passato, si confonde con la speranza, ossia con l'anticipazione dell'avvenire". Di nuovo, Ethos ed Eros si sintetizzano. Dal Nome di Dio l'uomo deduce che gli è data la possibilità di superare il tempo e di fare della memoria (del passato) lo strumento della redenzione (del futuro). La redenzione è resa possibile dalla Rivelazione sul Sinai e il rapporto che unisce Dio e il suo popolo è il desiderio del popolo di sentire di nuovo la voce di Dio. La voce di Dio è racchiusa nella Torà, nel rivolo dei precetti scaturiti dai comandamenti, elaborati da Mosé: "Il prezzo da pagare per la mediazione di Mosé è il restringersi dell'esperienza mistica nella pratica dei precetti, il passaggio della libertà dell'Eros verso la disciplina della Legge". Il desiderio del popolo ebraico, che la tradizione vuole simboleggiato dall'innamorata protagonista del "Cantico dei cantici", è quello di riscoprire la tensione erotica, l'Eros divino, che la Legge incarna.  (S. Moses: L'Eros e la Legge - letture bibliche)



tvcinemateatro―i protagonisti: Il cantico dei cantici: la Bibbia ...




 



Foto: Malachia e l’ultimo Papa 
I 500 anni che vanno dal 1.100 al 1.600 sono stati i più proficui per i cosiddetti “autori 
profeti”, sebbene pure negli anni precedenti ce ne siano stati alcuni, anche importanti. 
Personalmente sono interessato a tutti gli autori di profezie in genere, ma in particolare a 
quelli che hanno avuto a che fare con il Templarismo ed il Neotemplarismo. 
Quando si parla di “profezie” si pensa subito a Nostradamus, cavaliere Neotemplare, di cui ho 
parlato in altra rubrica.  Ritengo Nostradamus il più importante per quanto attiene la 
completezza o meglio la sfera episodica delle sue centurie. 
Non da meno è da considerare Malachia, Primate d’Irlanda del XII secolo che riformò la 
chiesa del suo Paese introducendo la liturgia della chiesa romana. 
Malachia scrisse il “De summis pontificibus” che tratta, in 112 motti,  le caratteristiche dei 
papi da Celestino II (1143) fino all’ultimo papa che sarà, secondo lui, Pietro II che salirà al 
trono di Pietro I nell’anno 2026.  Ma questo sarà anche l’ultimo papa. 
Molti ritengono l’opera di Malachia apocrifa, scritta nella metà del 1500 da autore ignoto, 
attribuita a Malachia e pubblicata per la prima volta dal benedettino Arnold Wion nel 1595.  
Per questa distanza temporale di circa 400 anni, durante i quali nulla si sapeva di detta 
opera, molti ricercatori ritengono appunto che sia apocrifa.    Non voglio creare polemiche 
con gli studiosi, ma in certi punti dell’opera ci sono passi scritti con parole o motti templari 
che fanno pensare all’originalità dell’opera od almeno che, chi l’ha scritta, anche in tempi 
successivi, fosse un neotemplare.  Dal momento del “si dice” e che è stata attribuita a 
Malachia, riteniamola come possibile farina del suo sacco. 
La vita 
Malachia, il cui vero nome era Mael Maedos O’Morgair d‘Armagh nato appunto ad Armagh 
nell’anno 1094, fu ordinato nel 1119, nello stesso periodo in cui Bernardo di Chiaravalle ed Ugo 
de Payns costituivano l’Ordine dei Cavalieri Templari. Fu nominato abate a Bangor nel 1123 e 
successivamente arcivescovo di Condor nel 1125 ed infine vescovo di Armagh e Primate 
d’Irlanda nel 1132. 
 Nel 1138 rinunciò all'arcivescovado e ritornò alla vita monastica. Fu santificato nel 1190 da 
Papa Clemente III.  
Con San Bernardo si recò più volte a Roma al cospetto dei diversi pontefici succedutisi 
durante la sua vita curiale e con i quali intratteneva rapporti cordiali, si dice, legati alle sue 
conoscenze ed influenze nel mondo templare francese.  Si stava recando a Roma, passando 
per Chiaravalle, quando s'ammalò. I monaci di San Bernardo cercarono di alleviarne la 
condizione, curandolo nel migliore dei modi, ma Malachia scotendo la testa, come in segno di 
ringraziamento, diceva loro “ E’ inutile, obbedisco alle vostre premure per carità”.  Morì a Malachia e l’ultimo Papa  - di Ugo Cortesi                                                                                        Pag. 2 
Chiaravalle il 2 novembre 1148.
Importante è capire il perché prese il nome di 
“Malachia” e questo ci può forse fare capire 
pure se l’opera, a lui attribuita, sia vera o falsa. 
Il primo Malachia di cui si abbia conoscenza, lo 
troviamo nell'Antico Testamento. A lui si 
attribuisce il “libro di Malachia”, opera 
profetica che gli Ebrei indicano come “Sigillo 
dei profeti”. Il profeta biblico Malachia visse 
durante la dominazione persiana del territorio 
mesopotamico-babilonese (circa 540 a.C.). Il 
libro tratta problemi etici e morali della 
comunità ebraica, dopo la prigionia babilonese. In esso si condannano i matrimoni misti e si 
esalta il momento escatologico della venuta  del messaggero di Dio che premierà i buoni e 
punirà i cattivi.  Questi punti sono ripetuti circa trecento anni dopo dalla comunità essenanazorea, cui faceva parte Gesù, ripresi ancora dopo altri 1200 anni, come riferimento 
religioso, dai Poveri Cavalieri di Cristo o meglio dai Templari. 
Forse il nostro Malachia, primate d’Irlanda, voleva “imitare” il primo Malachia biblico e forse, 
ripeto il forse, ha voluto pure lui scrivere un libro di profezie come fece il suo omonimo 1700 
anni prima. 
Le profezie 
Come già indicato, molti asseriscono che l’opera “De summis pontificibus” sia uno dei tanti 
falsi composti tra il Cinquecento e il Seicento, ai tempi di Paracelso e di Nostradamus, 
quando profezie, rivelazioni,  divinazioni e magie erano di moda. 
Malachia profetizza sui papi, da Celestino II alla fine del papato della chiesa di Roma, 
indicato nel motto 112, appunto relativo all’ultimo papa. 
L’avvenimento dovrebbe realizzarsi nel 2026,  quindi fra pochi anni.  Prima di procedere 
all’esame di alcuni “motti” voglio sottolineare che una profezia Templare tramandatasi nei 
secoli e legata a quanto l’Abate Sauniére scoprì durante gli scavi di ristrutturazione della 
chiesa di Rennes le Chateau, indica che: “..il primo papa franco del terzo millennio, svelerà il 
segreto e con lui finirà il potere della chiesa.”.  In questo caso i tempi previsti da Malachia e 
dai Templari potrebbero coincidere.  Se i Templari fecero detta previsione sulla base delle 
profezie di Malachia, vorrebbe dire che l’opera “De summis pontificibus” non sarebbe un 
apocrifo della metà del ‘500, ma un originale del XII secolo.   Chissà se mai qualcuno riuscirà 
a scoprirlo!
Venendo ora al contenuto delle  “profezie” esaminerei i motti riferiti ai papi che vanno 
dall’Unità d’Italia fino ai nostri giorni e cioè dal motto 101. 
101 - Pio IX (1846-1878) motto: Crux de cruce: a significare, la tribolazione della Chiesa 
durante l'unificazione dello Stato Italiano. Malachia e l’ultimo Papa  - di Ugo Cortesi                                                                                        Pag. 3 
102 - Leone XIII (1878-1903) motto: Lumen coeli: si riferisce allo stemma di questo papa 
che conteneva una scintillante cometa. 
103 - Pio X (1903-1914) motto: Ignis ardens: significa, il cuore carico di santa fede di questo 
papa. 
104 - Benedetto XV (1914-1922) motto: Religio depopulata: a significare i milioni di cattolici 
morti durante il primo conflitto mondiale. 
105 - Pio XI (1922-1939) motto: Fides intrepida: la lotta della fede contro i regimi totalitari. 
106 - Pio XII (1939-1958) motto: Pastor Angelicus: fu da molti definito il papa Pastore dal 
portamento angelico. 
107 - Giovanni XXIII (1958-1963) motto: Pastor et Nauta: fu patriarca di Venezia e viaggiò 
molto. 
108 - Paolo VI (1963-1978) motto: Flos florum: nel suo stemma c'erano tre fiori. 
109 - Giovanni Paolo I (1978)  motto: De medietate lunae: a significare il suo brevissimo 
pontificato che durò poco più di un mese lunare. 
110 - Giovanni Paolo II (1978-viv.) motto: De labore solis: è il riferito all'instancabile attività 
svolta e che per primo e solo lavorò per la caduta del muro di Berlino. 
111 - All'attuale pontefice dovrebbe succederne uno identificato dal motto “Gloria Olivae”, in 
riferimento, forse, ad un periodo di pace universale, che dovrebbe durare fino ai primi anni 
20 del 2000. 
112 – Dopo il papa previsto nel motto 111 ci sarebbe una grave catastrofe (anno 2026) 
durante il regno dell'ultimo papa, identificato con una vera e propria profezia:  "In 
persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus qui pascet oves in 
multis tribulationis, quibus transactis septicolis diruentur et Judex tremendus judicabat 
populum suum.Amen".  (Durante la persecuzione estrema della Santa Romana Chiesa, siederà 
(sul trono) Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni; passate queste, 
la città dai sette colli verrà distrutta ed il  tremendo giudice giudicherà il suo popolo).  
Questo ultimo Papa dovrebbe chiamarsi Pietro II. 
Come si dice: “chi vivrà vedrà”.  In ogni caso il 
mio  parere  è  che  la  Chiesa  quale  casa  dei 
cristiani e dei credenti non tracollerà almeno 
per un altro millennio, forse crollerà la 
cosiddetta sacralità romana del Vaticano, che 
praticamente nasce con papa Alessandro I (105-
115)  quando  non  più  il  popolo  di  Cristo  era 
chiamato a designare il loro “Maestro”, ma ad 
esso si sostituiva la nomenklatura del potere con 
gli errori politici, morali e religiosi che ne sono 
seguiti, finanche ai giorni nostri. Solo una 
revisione dei molti dogmi che nei secoli si sono dimostrati non verità incontrastabili, ma 
forzature create a beneficio di chi, anche con poca dignità ha sfruttato il nome di Gesù, al Malachia e l’ultimo Papa  - di Ugo Cortesi                                                                                        Pag. 4 
solo fine di poter influire e profittare della  credulità popolare, potrà salvare il salvabile.  
Serve, in pratica, un recupero di credibilità.
E’ difficile cercare la verità, ma l’attenersi ai fatti ed ai documenti, che negli ultimi secoli  
sono stati rinvenuti, sarebbe non solo un segno di umiltà, ma anche una prova di giustizia nei 
confronti almeno di Jesuha ben Joseph, Maestro di Giustizia dei Nazirei, che certamente 
non la pensava come hanno pensato, e quindi agito,  la stragrande maggioranza dei papi 
indicati da Malachia e loro predecessori. Ma questo è un altro argomento.

daniele e malachia


DANIELE: Dal versetto 40 del capitolo 11 del libro di Daniele sino alla fine del capitolo 12 che è anche l'ultimo capitolo. Il versetto 40 dice che le forze del Re del Sud inizieranno a molestare il Re del Nord, e che spazzerà quando il re del Sud con il suo potente esercito. Dice: "Al tempo della fine, il re del Sud si rivolta contro il Re del Nord (Il movimento islamico fondamentalista contro l'egemonia americana?) E il Re del Nord verranno contro di lui come un turbine, con carri e cavalieri e con molte navi entreranno nella terra e anche (questo "sarà anche" potrebbe significare "ignora gli avvertimenti dei governi della Terra") “ed egli viene in la terra della bellezza” (che può essere tradotta con l'Iraq, come prima, al momento della Caldea e Sumer, Babilonia era famosa per i suoi splendidi giardini pensili e la magnificenza della sua architettura, e Mesopotamia (l'attuale Iraq) per i suoi palmeti, terra bella che si estende fuori dalla vista tra le rive fiorite del Tigri e l'Eufrate. ( per alcune tradizioni sono Eden, il Giardino dell'Eden, nella vasta regione si estende dalla Mesopotamia in Arabia, il cui confine meridionale è il golfo di Ade). " La fine della profezia (capitolo 12, versetti 11 a 13) dice esattamente questo: "Dal momento in cui il sacrificio quotidiano è sospesa e l'abominio desolante verrà installato, ci saranno 1290 giorni beato è colui che attende e. che raggiunge i 1335 giorni, e O, fino alla fine sarete in pace e si potrà stare nel tuo sacco se si riesce, alla fine del giorno "(questo significa probabilmente:..sarete pronti ad ereditare della tua vera condizione dei diritti).
MALACHIA: I 500 anni che vanno dal 1.100 al 1.600 sono stati i più proficui per i cosiddetti “autori profeti”, e negli anni precedenti, quelli che hanno avuto a che fare con il Templarismo ed il Neotemplarismo. Quando si parla di “profezie” si pensa subito a Nostradamus, cavaliere Neotemplare, il più importante per quanto attiene la completezza o meglio, la sfera episodica delle sue centurie. Non da meno è da considerare Malachia, Primate d’Irlanda del XII secolo che riformò la chiesa del suo Paese introducendo la liturgia della chiesa romana. Malachia scrisse il “De summis pontificibus” che tratta, in 112 motti, le caratteristiche dei  papi da Celestino II (1143) fino all’ultimo papa che sarà, secondo lui, Pietro II che salirà al trono di Pietro I nell’anno 2026. Ma questo sarà anche l’ultimo papa. Molti ritengono l’opera di Malachia apocrifa, scritta nella metà del 1500 da autore ignoto, attribuita a Malachia e pubblicata per la prima volta dal benedettino Arnold Wion nel 1595. Per questa distanza temporale di circa 400 anni, durante i quali nulla si sapeva di detta opera, molti ricercatori ritengono appunto che sia apocrifa. In certi punti dell’opera ci sono passi scritti con parole o motti templari che fanno pensare all’originalità dell’opera od almeno che, chi l’ha scritta, anche in tempi successivi, fosse un neotemplare, per l'appunto Malachia.  La vita: Malachia, il cui vero nome era Mael Maedos O’Morgair d‘Armagh nato appunto ad Armagh nell’anno 1094, fu ordinato nel 1119, nello stesso periodo in cui Bernardo di Chiaravalle ed Ugo de Payns costituivano l’Ordine dei Cavalieri Templari. Fu nominato abate a Bangor nel 1123 e successivamente arcivescovo di Condor nel 1125 ed infine vescovo di Armagh e Primate d’Irlanda nel 1132. Nel 1138 rinunciò all'arcivescovado e ritornò alla vita monastica. Fu santificato nel 1190 da Papa Clemente III.  Con San Bernardo si recò più volte a Roma al cospetto dei diversi pontefici succedutisi durante la sua vita curiale e con i quali intratteneva rapporti cordiali, si dice, legati alle sue conoscenze ed influenze nel mondo templare francese. Si stava recando a Roma, passando per Chiaravalle, quando s'ammalò. I monaci di San Bernardo cercarono di alleviarne la condizione, curandolo nel migliore dei modi, ma Malachia scuotendo la testa, come in segno di ringraziamento, diceva loro “ E’ inutile, obbedisco alle vostre premure per carità”. Morì a Chiaravalle il 2 novembre 1148. Il primo Malachia di cui si abbia conoscenza, lo troviamo nell'Antico Testamento. A lui si  attribuisce il “libro di Malachia”, opera profetica che gli Ebrei indicano come “Sigillo dei profeti”. Il profeta biblico Malachia visse durante la dominazione persiana del territorio mesopotamico-babilonese (circa 540 a.C.). Il libro tratta problemi etici e morali della comunità ebraica, dopo la prigionia babilonese. In esso si condannano i matrimoni misti e si esalta il momento escatologico della venuta del messaggero di Dio che premierà i buoni e punirà i cattivi. Questi punti sono ripetuti circa trecento anni dopo dalla comunità essena nazorea, cui faceva parte Gesù, ripresi ancora dopo altri 1200 anni, come riferimento religioso, dai Poveri Cavalieri di Cristo o meglio dai Templari. Le profezie: L’opera “De summis pontificibus” è uno dei tanti falsi composti tra il Cinquecento e il Seicento, ai tempi di Paracelso e di Nostradamus, quando profezie, rivelazioni, divinazioni e magie erano di moda. Malachia profetizza sui papi, da Celestino II alla fine del papato della chiesa di Roma, indicato nel motto 112, appunto relativo all’ultimo papa. L’avvenimento dovrebbe realizzarsi nel 2026, quindi fra pochi anni. Prima di procedere all’esame di alcuni “motti” voglio sottolineare che una profezia Templare tramandatasi nei secoli e legata a quanto l’Abate Sauniére scoprì durante gli scavi di ristrutturazione della chiesa di Rennes le Chateau, indica che: “..il primo papa franco del terzo millennio, svelerà il segreto e con lui finirà il potere della chiesa.”. In questo caso i tempi previsti da Malachia e dai Templari potrebbero coincidere. Se i Templari fecero detta previsione sulla base delle profezie di Malachia, vorrebbe dire che l’opera “De summis pontificibus” non sarebbe un apocrifo della metà del ‘500, ma un originale del XII secolo. Esaminiamo qui i motti riferiti ai papi che vanno dall’Unità d’Italia fino ai nostri giorni e cioè dal motto 101.
101 - Pio IX (1846-1878) motto: Crux de cruce: a significare, la tribolazione della Chiesa durante l'unificazione dello Stato Italiano. 102 - Leone XIII (1878-1903) motto: Lumen coeli: si riferisce allo stemma di questo papa che conteneva una scintillante cometa.
103 - Pio X (1903-1914) motto: Ignis ardens: significa, il cuore carico di santa fede di questo papa.
104 - Benedetto XV (1914-1922) motto: Religio depopulata:  i milioni di cattolici morti durante il primo conflitto mondiale.
105 - Pio XI (1922-1939) motto: Fides intrepida: la lotta della fede contro i regimi totalitari.
106 - Pio XII (1939-1958) motto: Pastor Angelicus: fu da molti definito il papa Pastore dal portamento angelico.
107 - Giovanni XXIII (1958-1963) motto: Pastor et Nauta: fu patriarca di Venezia e viaggiò molto.
108 - Paolo VI (1963-1978) motto: Flos florum: nel suo stemma c'erano tre fiori.
109 - Giovanni Paolo I (1978-1978) motto: De medietate lunae: il brevissimo pontificato che durò poco più di un mese lunare.
110 - Giovanni Paolo II (1978-2002) motto: De labore solis: è il riferito all'instancabile attività svolta e che per primo e solo lavorò per la caduta del muro di Berlino.
111 – Benedetto XVI (2002 – 2012 vivente) motto “Gloria Olivae”, in riferimento, forse, ad un periodo di pace ?
112 – Ultimo: Pietro II ( ? ) Dopo il papa previsto nel motto 111 ci sarebbe una grave catastrofe (anno 2026) durante il regno dell'ultimo papa, identificato con una vera e propria profezia: "In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus qui pascet oves in multis tribulationis, quibus transactis septicolis diruentur et Judex tremendus judicabat populum suum.Amen". (Durante la persecuzione estrema della Santa Romana Chiesa, siederà (sul trono) Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli verrà distrutta ed il tremendo giudice giudicherà il suo popolo). Forse crollerà la cosiddetta sacralità romana del Vaticano, che praticamente nasce con papa Alessandro I (negli anni 105-115) quando non più il popolo di Cristo era chiamato a designare il loro “Maestro”, ma ad esso si sostituiva la nomenclatura del potere con gli errori politici, morali e religiosi che ne sono seguiti, finanche ai giorni nostri. Solo una revisione dei molti dogmi che nei secoli si sono dimostrati non verità incontrastabili, ma forzature create a beneficio di chi, anche con poca dignità ha sfruttato il nome di Gesù, al solo fine di poter influire e profittare della credulità popolare, potrà salvare il salvabile. E’ difficile cercare la verità, ma l’attenersi ai fatti ed ai documenti, che negli ultimi secoli sono stati rinvenuti, sarebbe non solo un segno di umiltà, ma anche una prova di giustizia nei confronti almeno di Jesuha ben Joseph, Maestro di Giustizia dei Nazirei, che certamente non la pensava come hanno pensato, e quindi agito, la stragrande maggioranza dei papi indicati da Malachia e loro predecessori.
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lunedì 10 dicembre 2012

i miti: greci egizi ebraici e atzechi

Zeus convocò i suoi fratelli Ades e Poseidone ed assieme a loro la sovranità dell'universo venne equamente divisa: Poseidone ebbe il domino dei mari, mentre Ades divenne il signore degli inferi e dell'oltretomba; Zeus mantenne per sé la tirannia del cielo e della terra.


I figli di Crono

Zeus prese inizialmente in sposa Metis (la Prudenza), una delle dee più sagge; quando, tuttavia, ella rimase incinta, nel timore che potesse partorire un figlio in grado di spodestarla, il sovrano del cielo la inghiottì nel suo ventre. Alcuni giorni dopo, tuttavia, dalla testa dei Zeus uscì intrepida la dea Pallade Atena (Minerva), già armata di tutto punto con elmo, spada e scudo: per gli antichi abitanti della Grecia ella simboleggia la sapienza e la guerra eroica.
Per seconda il sovrano del cielo ebbe in sposa la dea Temi, con la quale generò le Ore (le Stagioni) e, secondo alcuni autori, anche le terribili Moire.
Zeus amò anche Mnemòsine, che gli partorì le dolci Muse protettrici delle arti, e Leto, da cui ebbe due gemelli: Apollo (Febo), protettore delle arti e delle doti profetiche, e Artemide (Diana), la dea della caccia. I due inseparabili fratelli vengono spesso raffigurati assieme e associati al culto del Sole, il cui carro veniva condotto ogni giorno dal dio Apollo, e della Luna (uno degli epiteti della dea Artemide).
Da Eurinòme, Zeus ebbe le bellissime Cariti (le Grazie) dalle belle guance (Talia, Eufrosine e Aglaia), ninfe amabili simbolo della grazia e dell'amore; da Maia, figlia di Atlante, ebbe il dio Hermes (Mercurio); messaggero degli dèi e protettore delle arti mediche (ma anche degli audaci e dei ladruncoli nonché compagno del padre nelle sue passeggiate nella terra degli uomini), egli riusciva a muoversi rapidissimo per le terre del mondo conosciuto grazie ai suoi calzari alati.
La passione di Zeus per Demetra, invece, generò la dolce Kore - Persefone, futura sposa di Ades; ebAfrodite, dea dell'amore.
Zeus è anche il progenitore delle ninfe; le Driadi e le Amadriadi, che abitano i boschi; le Oreadi, che vivono nelle montagne; le Naiadi, divinità tutelari dei fiumi e delle sorgenti.
Infine, Zeus prese in sposa Hera (Giunone), dalla quale ebbe tre figli: Ares (Marte), lo spietato dio della guerra, Ebe (la Giovinezza) ed Ilizia, la dea protettrice del parto. Pare, tuttavia, che questo terzo matrimonio fosse funestato da numerose infedeltà, tanto che la gelosa e vendicativa Hera, oltre a perseguitare le amanti di volta in volta prescelte dal marito, per ripicca generò da sé stessa Efesto (Vulcano), il fabbro degli dèi. Si racconta, inoltre, che questo figlio fosse talmente brutto e deforme che venne scaraventato dalla stessa madre giù dal monte Olimpo, per cui Efesto rimase zoppo per l'eternità; successivamente, Hera gli diede in sposa la bellissima Afrodite (di cui era gelosa), per evitare che la dea dell'amore potesse circuire altri dèi; anche questo matrimonio, ovviamente, venne caratterizzato da molti tradimenti.
Zeus non fu immune dal fascino delle donne mortali, con le quali concepì eredi che divennero eroi o grandi sovrani (due di essi, Dioniso ed Eracle, vennero addirittura ammessi al cospetto degli dèi dell'Olimpo).
Raccontano comunque i poeti che il regno di Zeus fosse destinato a durare per l'eternità e che nessuno riuscì mai a spodestarlo dal suo trono. Si narra inoltre che vi era un'unica divinità in grado di partorire un figlio in grado di prendere il suo posto ma che il suo nome fosse noto al solo Prometeo.
Il tiranno del cielo era tuttavia fortemente in collera con il titano, colpevole di aver sottratto il rosso fuoco dall'Olimpo con l'inganno; questi, infatti, aveva ubriacato Efesto offrendogli del vino drogato con del papavero mentre gli altri dèi si stavano riposando.
Per questo Zeus aveva fatto incatenare Prometeo sui monti del Caucaso, minacciandolo di terribili torture qualora non avesse rivelato il nome della donna in grado di partorire il suo successore.
Il titano indomabile si rifiutò di obbedire ai voleri di Zeus, nonostante un'aquila mandata dal cielo gli divorasse ogni giorno le viscere. Solamente l'intercessione di Gea, la dea della Terra, fece riconciliare il sovrano del cielo con Prometeo, che rivelò quindi il nome fatidico: era la bellissima dea Tetide, una delle Nereidi.  Pur travolto da una forte passione amorosa nei confronti della ninfa, Zeus procurò che Tetide venisse data in sposa ad un uomo mortale, che fu Peleo.  Da Peleo e Tetide nacque il più forte di tutti gli uomini mortali, vale a dire Achille, protagonista della guerra di Troia.
* * *
Si narra che all'inizio esisteva nell'oscurità un infinito oceano di acque primordiali che gli antichi chiamarono Nu (o Nun). All'alba dei tempi, scaturì a plasmare gli elementi il creatore dell'universo: questi era Atum (assimilato in tutto e per tutto con Ra, il dio del sole), il quale fece sorgere un tumulo primigenio a forma di piramide e dall'alto della sua visuale contemplò il caos. Il primo atto creativo aveva dunque generato le due divinità più antiche, spesso raffigurate nell'iconografia religiosa come due leoni: Šu (che personifica il Vuoto, l'Aria) e Tefnut (che letteralmente significa la rugiada, l'umidità dell'aria; ma i sacerdoti insegnavano che essa poteva essere identificata anche con l'atmosfera dell'oltretomba). Dall'unione di Šu e Tefnut nacquero Gebb, il dio della terra (nonché personificazione dell'Egitto stesso), e Nut, la dea del cielo. La cosmogonia eliopolitana raffigura spesso la dea del cielo piegata ad arco sopra il dio della terra, divenuto suo marito. Dall'unione di Gebb e Nut nacquero quattro figli: Iside, Osiride, Seth e Nefti, completando così la genealogia delle nove divinità principali (la famosa Enneade). Successivamente, per volere di Atum, i due consorti vennero separati a opera di Šu, che da allora si frappone tra terra e cielo.


L'enneade di Eliopoli

Il mito della creazione concepito dai sacerdoti di Eliopoli a questo punto si ricollega ad un altro ciclo mitico dell'antico Egitto, originatosi nella zona del Delta del Nilo e precisamente nella città di Menfi: quello della sovranità. Secondo la tradizione, fu Osiride a ereditare il diritto a governare il mondo in quanto primogenito di Gebb e Nut. Egli prese in sposa sorella Iside e questo costituì per millenni il modello di regalità di tutto l'antico Egitto (i faraoni erano infatti soliti prendere in sposa una loro sorella). Durante il regno di Osiride, le terre del Nilo prosperarono anche perché il dio era in grado di plasmare e modellare gli elementi a beneficio del paese. Quel periodo così felice, tuttavia, venne sconvolto a causa della usurpazione dell'antagonista di Osiride, il malvagio dio Seth: questi squarciò il ventre di Nut e diede inizio ad un periodo di violenza e di caos; poi rivolse la sua ira nei confronti del fratello, che prese a tormentare in tutti i modi, giungendo infine ad ucciderlo presso il fiume Nedyet. Seth divenne così il sovrano assoluto dell'Egitto e associò al trono la sorella Nefti, che prese in moglie. Mentre Seth governava con crudeltà e violenza, i lamenti struggenti della bella e sfortunata Iside, vedova del defunto sovrano, echeggiavano per tutta la terra; mossa a pietà per il dolore della sorella, Nefti si mise alla ricerca del corpo di Osiride, per potergli dare almeno una degna sepoltura.
 Si narra, a questo punto, che Iside e Nefti riuscissero a ricomporre il cadavere del dio, che Seth aveva fatto crudelmente a pezzi, nella città di Abido; le due sorelle avvolsero Osiride nelle bende ponendo in essere per la prima volta quel processo di mummificazione che divenne poi tipico della cultura funeraria egiziana. Il dio Osiride discese quindi nel Duat, il regno degli inferi, dal quale egli regna ancora come Signore dell'Oltretomba. Poco prima di ultimare il rituale di sepoltura, tuttavia, la dea Iside fece uso dei suoi grandissimi poteri magici per far risorgere l'alito della vita (sia pure per un attimo) nel suo sposo. Quanto basta per concepire con lui un figlio destinato un domani a riprendere il trono ingiustamente usurpato da Seth. Il figlio di Iside e Osiride fu quindi Horus, il dio falco, fondatore della dinastia dei faraoni d'Egitto. Raggiunta l'età adulta, questi dichiarò guerra allo zio e lo affrontò in una serie di sanguinose prove e battaglie a seguito delle quali Horus uscì sempre vincitore. Nonostante gli inganni di Seth (che sfiderà il nipote prendendo ora le sembianze di un ippopotamo, ora di un coccodrillo, ora di altro animale), Horus continuò a perorare i propri diritti di legittimo erede al trono davanti agli antichi dèi. Alla fine, l'Enneade rese giustizia al figlio di Osiride, cui venne assegnata la sovranità totale di tutto l'Egitto. Lo zio usurpatore e i suoi seguaci vennero esiliati ma non uccisi poiché Seth era sotto la protezione del dio Ra. Horus associò al trono la regina madre Iside (nota, a questo punto, anche come Hathor) e cinse per la prima volta la doppia corona, simbolo di regalità nell'Antico Egitto.
* * *
Quando Dio creò il cielo e la terra, nulla trovò intorno a sé, se non Tohu e Bohu, vale a dire il caos e il vuoto. L'abisso su cui lo spirito divino si librava era ricoperto dalle tenebre. Mentre era intento all'opera della creazione, il Signore pose la terra su fondamenta inamovibili e, per fare ciò, affondò alcune montagne a mo' di pilastri nelle acque dell'abisso. Allora, le ribollenti acque inferiori si ribellarono e Tehom, la loro regina, minacciò di distruggere il lavoro creativo di Dio. Montato sul suo carro di fuoco, il Signore fermò le ondate e scagliò raffiche di fulmini e saette contro i suoi nemici; dominate dalla voce tuonante di Dio, le acque si ammansirono e si dichiararono vinte; allora il Signore emise un ruggito di vittoria e le sottomise al suo volere; Egli decretò inoltre che Tehom dovesse rimanere per sempre rinchiusa dentro cancelli, sprangati con sbarre di ferro. Da allora, Tehom è rimasta acquattata in sottomissione nella sua cavità, anche se Dio consente ogni tanto alle acque inferiori di scaturire poco a poco, inviando ruscelli o nutrendo le radici degli alberi; in un'unica occasione venne rimosso il sigillo che impedisce a Tehom di riprendersi il dominio del mondo e ciò è stato in occasione del Diluvio Universale. Il Signore, allora, completò la creazione ed esiliò quindi Tohu e Bohu; ancora oggi, tuttavia, è possibile riconoscere Tohu come la sottile e grigia linea dell'orizzonte, da cui ogni sera nasce la tenebra. Bohu è, invece, il nome che viene dato alle pietre luccicanti sprofondate nell'abisso marino, dove sono in agguato terribili mostri marini. Altri sostengono, infine, che in principio Dio creò numerosi mondi ma, non essendone soddisfatto, li distrusse uno dopo l'altro: migliaia di generazioni vennero cancellate senza che ne rimanesse alcun ricordo. Dopo questi primi tentativi, Dio rimase solo e riconobbe che nessun mondo era degno di essere creato se non abitato da uomini capaci di pentimento. Per questo motivo il Signore creò la legge, il pentimento, il trono divino, il padiglione celeste, il giardino dell'Eden, la Gehenna (l'inferno ebraico) e il Messia. Il sesto giorno della creazione, Dio decise di creare l'uomo a sua immagine e somiglianza; a tal fine, Egli non si servì di materiale indegno, ma scelse la polvere più pura, la inumidì e ne prese una manciata per dare vita al primo essere umano, cui venne dato il nome di Adamo in quanto figlio della terra [ădāmāh]. Alcuni fanno derivare il nome da adōm («rosso»), per ricordare che il primo uomo venne plasmato con la creta rossa che si trova a Hebron. Inizialmente, il Signore aveva dato ad Adamo un aspetto così maestoso che, quando si trovava in posizione eretta, la sua testa poteva contemplare il trono divino. Dio chiese quindi alle creature viventi e agli angeli di rendere omaggio al primo uomo; tutti si inchinarono davanti ad Adamo, tranne il serpente invidioso, che venne per questo motivo allontanato dalla presenza del Creatore. Altri sostengono, invece, che la bellezza e la maestà del primo uomo stupirono gli angeli a tal punto che essi chiesero preoccupati a Dio se fosse mai possibile avere due poteri divini nell'universo, uno nel cielo e l'altro sulla terra. Allora il Signore posò la mano su Adamo e ne ridusse le dimensioni. Si narra che Dio avesse chiesto ad Adamo di dare un nome a tutte le creature viventi: pare che a questo punto il primo uomo si rendesse conto che tutti avevano una compagna tranne lui per cui venne preso dalla gelosia, non potendo appagare la sua sete d'amore, e chiese al Signore di rimediare a quella ingiustizia. Avendo deciso di dare ad Adamo una compagna, Dio creò Lilith, la prima donna; dall'unione tra i due nacque Asmodeo e la razza dei demoni che ancora oggi funestano l'umanità. Adamo e Lilith non ebbero mai un attimo di pace assieme, perché tutte le volte in cui egli voleva giacere con lei, la donna si offendeva per la posizione che le veniva imposta: — Perché mai devo stendermi sotto di te se sono tua uguale?  Poiché Adamo tentava di ottenere la sua ubbidienza con la forza, Lilith pronunciò il sacro nome di Dio e si librò nell'aria abbandonando per sempre il suo sposo. Allora Dio decise di creare una più degna compagna per il primo uomo e ne plasmò le fattezze davanti a lui: poiché Adamo aveva assistito all'atto creativo della donna e ne aveva visto anche le viscere e le secrezioni, questi venne colto da disgusto e fuggì.  Dio provò per la terza volta ad accontentare Adamo e agì con maggiore prudenza: mentre il primo uomo dormiva, il Signore gli estrasse una costola e formò con essa una donna, intrecciò i capelli e la adornò con ventiquattro gioielli. Quando Adamo si ridestò, rimase colpito dalla bellezza della donna, cui venne dato il nome di Eva, e ne fece la sua sposa.
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La mitologia degli Aztechi ricorda spesso il nome del dio Quetzalcoatl (il Serpente Piumato), venerato presso molte altre delle civiltà precolombiane, tra cui i Maya (che lo chiamavano Kukulkán), i Mixtechi e i Toltechi: era il dio del cielo e del sole, dei venti e della stella del mattino; come tale, egli era considerato il benefattore di tutta l'umanità . Quetzalcoatl fu conosciuto come inventore dei libri, del calendario e soprattutto come colui che donò il mais al genere umano. Egli non richiedeva sacrifici umani, ma sosteneva che essi dovevano essere sostituiti con offerte di fiori, incenso, farfalle e pane di mais.  La vita del Serpente Piumato era basata sul digiuno, sull'astinenza e su continue penitenze: egli era solito mortificarsi pungendosi la pelle con spine di cactus sino a farsi uscire il sangue.  La vita ascetica di Quetzalcoatl, la sua bontà e la sua purezza irritarono non poco il dio Tezcatlipoca (dio del male e del cielo notturno, suo rivale e nemico). Volendo distruggere l'integrità del Serpente Piumato, gli offrì una tazza di pulque, un liquore ottenuto dalla fermentazione del succo di agave.  Non essendo abituato all'uso di queste bevande, Quetzalcoatl ben presto si ubriacò e, preso da una insana passione, si gettò tra le braccia della sorella. Per qualche tempo, egli condusse una vita dissoluta, dimentico della purezza e della castità che aveva predicato in passato.
Una volta venuto meno l'effetto inebriante del liquore, il Serpente Piumato si rese improvvisamente conto di quanto aveva commesso e abbandonò in lacrime la sua città per recarsi sulla riva del mare. Qui, Quetzalcoatl eresse una pira funebre e, indossata una maschera di turchese e indossato un abito fatto di verdi piume di uccello, si gettò tra le fiamme. Alcuni istanti dopo, i suoi seguaci potevano assistere alla metamorfosi del dio, che si era trasformato in un nuovo, luminosissimo astro: era diventato la nuova stella del mattino. Secondo una diversa versione del mito, il dio Quetzalcoatl non morì ma si sarebbe congedato dal suo popolo, prendendo il largo a bordo di una zattera fatta di pelli di serpente; egli tuttavia promise che un giorno sarebbe tornato dal mare per riconquistare il potere e portare una nuova età dell'oro.  Quest'ultima versione del mito, paradossalmente, fu fatale per il destino dell'impero azteco; si diceva infatti che Quetzalcoatl fosse molto alto di statura, di pelle chiara, con lunghi capelli neri e dalla barba fluente. Quando, nel 1519, lo spagnolo Hernán Cortés giunse in Messico, poiché questi aveva caratteristiche fisiche in gran parte corrispondenti a quelle che venivano attribuire al Serpente Piumato, molti tra gli Aztechi (tra cui lo stesso re azteco Montezuma II) sembravano giustificarne la identificazione con il dio. Per questo motivo, il conquistatore Cortés fu inizialmente accolto con grandi onori. Quando, tuttavia, le reali intenzioni di conquista e distruzione dei conquistadores furono palesi, gli Aztechi si resero conto del tragico errore commesso; ma ormai era troppo tardi: la cruenta conquista del Messico da parte degli invasori era ormai una realtà.


domenica 9 dicembre 2012

giglio&cadduceo&pentALF


Il Pentalfa: Antico simbolo esoterico che per gli Egizi raffigurava Horus, figlio di Iside e di Osiride, il Sole. Rappresentava la materia prima alchemica, sorgente inesauribile di vita, fuoco sacro, germe universale di tutti gli esseri. Il Pentalpha è un simbolo ideato da Pitagora, dopo che ebbe risolto il problema del segmento aureo, la parte del raggio di in cerchio corrispondente all’alto del decagono in esso inscritto. Il termine significa "cinque alfa", ossia cinque principi. Ai quattro già convalidati da Empedocle (Aria, Acqua, Terra e Fuoco), Pitagora ne aggiunse un quinto ovvero lo spirito. Il Pentagramma era dunque il simbolo dei pitagorici, ed era tracciato con una circonlocuzione che significava un triplice triangolo intrecciato. Veniva usato nella loro corrispondenza a significare "sta bene". Il P. dei greci significava natura, vita e salute. Nella magia bianca rappresenta il microcosmo umano: le cinque estremità del corpo (v. la figura detta Agrippa), ed i suoi cinque segreti centri di forza, che proprio la magia bianca avrebbe il potere di risvegliare. Il P. con una punta rivolta verso l’alto è considerato simbolo attivo e benefico (Magia Bianca) mentre, rovesciato, con due punte in alto, è considerato passivo e malefico (Magia Nera). L’Istituzione Muratoria conferisce al P. il significato particolare detto "numero d’oro", oppure "proporzione aurea": è la proporzione ermetica per la quale la parte minore sta in rapporto alla maggiore come la maggiore sta al Tutto. É ciò che la geometria indica come divisione di una retta in media ed estrema ragione. Il valore numerico del numero d’oro è 1,618, che in pratica non viene mai usato in quanto, per la tracciatura del P., la rappresentazione geometrica è più immediata e precisa. Le proporzioni del numero d’oro si ritrovano in tutto ciò che nell’uomo crea una sensazione di armonia e di bellezza, ed il loro impiego è di grande aiuto nell’architettura. Per la Libera Muratoria la Stella Fiammeggiante simboleggia esotericamente il genio umano, inteso come raggio di Luce divina. Quindi essa costituisce sempre una promessa della Luce che deve venire. Essa rappresenta il Fuoco filosofico degli Alchimisti, che il Testi definisce la scintilla vitale comunicata dal Creatore alla materia, alchemicamente ottenuta non con la comune combustione, ma con l’acciarino o la lente ustoria. All’interno della Stella, partecipe della sua luce, staziona la lettera "G" , alla quale sono attribuiti antichi significati, quali: G.A.D.U., God (Dio), Gloria, Grandezza, Gravitazione, Gnosi, Geometria, Genio e Generazione. La Massoneria ha sostituito con tale lettera l’originale " y ", (yod) ebraico, iniziale di "hahy", il nome ebraico impronunciabile di Dio, Yhoah (Yehowah). Il P. è l’emblema del libero pensiero e del sacro fuoco del genio, che eleva l’essere umano alle grandi conoscenze superiori.




 
Il pentagramma é il simbolo dell'elemento della terra nei tarocchi. Il pentagramma celtico disegnato e rafforzato dai disegni celtici e dai nodi serve per aumentare la forza di volontà e il successo. La foto alato rappresenta un sigillo (con delle incisioni sopra) sarebbe stato affidato a Salomone dall'arcangelo Michele. Simboleggia la protezione dalle aggressioni di qualunque tipo.


Il giglio rappresenta la vergine della creazione Lilith e la vergine sacra Giunone; rappresenta la purezza e l'innocenza. Garantisce condizioni e condotta di vita privi di conflitti.


La Luna oscura nel cristianesimo dobbiamo cercarla partendo dall’ebraismo ed è indicata come
Lilith, la madre dei lilin, madre dei gigli (nella nostra lingua) oppure madre della schiatta di demoni.


I cristiani erano troppo presi dalla luce del nuovo messaggio di Cristo per ricordarsi che ogni luce produce dell’ombra, quindi, la importante e sterminata letteratura pagana sui demoni e la tradizione relativa ai lilin non vennero trasmesse in modo adeguato nel messaggio del Cristo. È da sottolineare che l’Imperatore Teodosio, grande iniziato del IV secolo incaricò un gruppo di studiosi per trasformare in demoni le antiche Divinità, questo avrebbe inevitabilmente condotto a molte incomprensioni, tanto è vero che già sin dai primi scritti cristiani, esiste una commistione ed infine identità tra Satana e Mefistofele, quando, tradizionalmente, sono due figure diverse.  Nefti o Lilith, pertanto, fu scacciata dalla letteratura cristiana ma è sopravvissuta, fino a noi, attraverso i suoi simboli. Ciò che resta nella tradizione cristiana di Nefti si trova sotto forma di simboli ed immagini. Una è sicuramente la raffigurazione della Kteis, la vagina, che era identificata con lo geroglifico (),  ru, simbolo delle parti segrete della Dea, chiamato dai pagani anche con il nome di Sheelah-na-gig. Secondo lo studioso Massey lo Sheelah deriva dall’egiziano sherah che significa “sorgente”,“acque sorgive”, “mostrare” e rivelare”.

 Il Caduceo,riferito sempre ad Ermete(Mercurio) sintetizza la Scienza Sacra.Cioè cioè spiega la sua costante presenza nelle correnti esoteriche di tutte le tradizioni religiose:Esso costituisce al tempo stesso un simbolo vivente e una struttura universale,è la chiave che permette di decifrare il senso delle corrispondenze tra cielo,mondo e uomo.Possedere il Caduceo è possedere la bacchetta magica e aver compiuto la Grande Opera.Dal punto di vista antropologico,esso rappresenta la colonna vertebrale o il canale centrale(Shushumna),attraverso cui circola l'energia universale (Shakti) che va risvegliata alla sua base(Muladhara,o Il Malkuth dei cabalisti,ove si annida Kundalini),,e fatta risalire fino al sommo della testa perchè si espanda il loto dei mille petali(Shashrara):Intorno a quest'asse si allacciano due correnti polarizzate,l'una positivamente e l'altra negativamente(Pìngala e Ida).La respirazione e la meditazione permettono di purificare Shushumna mediante le due correnti laterali.O.M.Aivanhov ha mostrato la dimensione sessuale e astrologica del Caduceo,con l'accostamento analogico al simbolo di Mercurio e dell'ingiunzione fatta all'uomo di "Prendere il Toro per le corna"Il Caduceo è formato da una corrente solare e una lunare,la cui unità dinamica e controllata produce il figlio,il Mercurio..Analogamente il controllo della sessualità attuato dalla volontà consente la conoscenza dell'agente universale e il potere della trasmutazione.Si verifica così l'incontro simbolico dell'Alchimia e dell'Astrologia,nell'interpretazione data da O.M.Aivanhov della quarta tavola del "Mutus Liber".L'Opera Alchemica si può realizzare quando il Sole è in Ariete e la Luna in Toro:l'analisi Astrologica ritrova il segreto Alchemico:Sole in Toro + Luna in Ariete dà Mercurio in Pesci. Dal punto di vista antropologico il Caduceo è anche suscettibile di molteplici adattamenti;ora proviamo a considerare quello che fa del Caduceo un vero e prorio paradigma della fisiologia sottile e dell'anatomia. Le due correnti ,Ida e Pingala si incontrano a livello della nuca,del plesso solare,dell'ombelico e del centro Hara. Essi partono dagli emisferi(sinistro e destro) del cervello,attrversando i polmoni,il fegato,i reni e le ghiandole sessuali. Il Caduceo Ermetico rappresenta così la padronanza perfette delle energie spirituali e psicosomatiche che fanno dell'uomo un adepto conferrmato. Il Caduceo rappresenta anche il Mondo,la sua genesi.Max Heindel vede nei due serpenti avvolti intorno all'asse centrale le due correnti cosmiche dell'involuzione e dell'evoluzione che sono all'opera nella genesi. In tal modo può realizzarsi l'auspicio 'Così in Cielo come in Terra' espresso nella preghiera del Pater Noster,auspicio che può essere esaudito perchè,come insegnava la legge di Ermete Thot nella tavoletta di Smeraldo,' Quello che è in alto è come quello che è in basso',almeno per quanto riguarda i principi e le strutture ontologiche. Il Serpente che rappresenta l'involuzione necessaria(la discesa) dell'umanità,cioè l'incarnazione delle sue potenzialità,passa alternativamente da sinistra a destra ,e, secondo i livelli stessi dell'involuzione,collega i periodi saturnino,solare,lunare e terrestre,quest'ultimo sottoposto per la metà della sua durata all'influenza interna di Marte. Là si trova il punto massimo della discesa,il nadìr della"Materialità".La risalita inizia a partire dall'altra metà del periodo della Terra,che è sottoposta all'influenza di Mercurio,per collegare poi salendo e passando alternativamente da destra a sinistra,i successivi periodi di Giove,Venere e Vulcano. Il concetto di iniziazione ha origine nell'intersezione inferiore delle due correnti,per culminare nella loro intersezione superiore. Il Caduceo è anche l'Archetipo della Ierofania. In quanto "Albero della Vita",esso rappresenta le due forze del rigore e della clemenza da una parte e dall'altra dell'axis mundi ,mentre le due correnti che si incrociano indicano chiaramente il senso e il livello dei due tipi di evoluzione spirituale,centrato una sul cuore e sulla trasfigurazione dell'Amore(Triangolo che collega Hochma,Geburah e Netzach),l'altro è sul pensiero e la scienza sacra(triangolo che collega Binah,Hesed e Hod),si osserverà che l'asse centrale collega le Sephiroth Kether,Daath,Tiphareth,Yesod e Malkuth. Si tratta della via rapida dell'iniziazione,le cui qualità sono simboleggiate in senso ascendente dall'ottenimento della "Pietra Filosofale"(Malkuth) e dell'elisir di lunga vita(Yesod),della Panacea (Tiphareth),dello specchi magico(Daath) e della bacchetta magica (Kether). Con le sue due correnti laterali e la colonna centrale.il caduceo è la spada a doppio taglio che sintetizza i due alberi del paradiso,quello della vita e quello della conoscenza del bene e del male. I serpenti si avvolgono introrno alla colonna e sono elemento di condensazione e di coagulazione. La conoscenza implica la separazione e la coscienza della personalità,ma al tempèo stesso è albero della vita lo strumento necessario dell'Opera Cosmica,un'agente alchemico. L'altro Albero quello della Conoscenza,rappresenta il potere di spiritualizzazione della materia.Entrambi però sono necessari per fare " i miracoli dell'unica cosa",come ci invita a fare ancora una volta la Tavola di Smeraldo,separando il sottile dallo spesso. Archetipo del mondo,dei cieli,paradigma di ogni struttura antropologica,strumento operativo della Grande Opera. Il suo permanente attraverso i secoli e le culture è dovuto alla natura eterna di cifra del mondo e di Dio. www.edicolaweb.net/arti094s.htm
www.arcnaut.it/installazioni/ulisse/contenutiframe/skdop.html

HILLEL = LUMINOSO = LUCIFERO. LA GHEM. NN E' 75 MA 76...HEY YUD LAMED ALEF LAMED = 76 HEY YUD LAMED = 45 E' UNA PERMUTAZIONE DEL 44° NOME DI DIO. LA RADICE POSSIEDE I SEGUENTI VALORI...CIO' CHE SI ELEVA...CIO' CHE SI ESALTA...RISPLENDE..SI GLORIFICA...DEGNO DI LODE...ECC...IL SUO VALORE GHEMATRICO E' 45...COME ADAM = ALEF   DI SANGUE = UOMO..LE ULTIME 2 LETTERE..ALEF LAMED...= EL..= DIO...INDI HILLEL...HELL... E'... (elaborazione di Inanna Adamas)

Voglio


 
Volli, sempre volli, fortissimamente volli



L'importante è far convivere i due stati di coscienza:
 presenza&sogno, gratitudine&desiderio, appagamento&fame.
Spesso crediamo che per fare qualcosa, soprattutto qualcosa di importante per noi, ci debbano essere tutte le condizioni necessarie perchè questo possa succedere. E così aspettiamo il momento giusto, aspettiamo di sentirci pronti, aspettiamo di avere abbastanza tempo, aspettiamo di essere sufficientemente sereni... tra le pieghe dell'attesa e del procrastinare c'è la trappola: "Ma dove credo di andare? Cosa mai credo di poter fare io?" Si può fare. Si può essere profondamente grati per la propria vita e al tempo stesso procedere verso un obiettivo migliore e più vicino ai nostri sogni. Si può essere assolutamente consapevoli e soddisfatti delle proprie condizioni e comunque aspirare a ciò che ci sta davvero a cuore. Questo è ciò che significa diventare interi. Significa gratitudine senza limiti, ma anche senza porsi limiti. Soprattutto senza temere di continuare a sognare. Perchè amare&godere la vita, significa averne fame e sentirsi nutriti al tempo stesso. Significa riconoscere le tue preferenze e i desideri che emergono nel tuo cuore senza sensi di colpa. Abbandona la mente. Sentiti. Tu vuoi! Tu puoi! E' un atto di dignità verso te stessa e tu te lo meriti.
Accogliere ciò che davvero c'è nel tuo cuore è come invitare a braccia aperte il tuo potenziale. E' un richiamo che dice: "Vieni fuori, vieni fuori, ovunque tu sia...".Esprimi con coraggio il tuo vero atto di volontà(un grazie di cuore a Barbara)

"...la sola giusta cosa che il soggetto può fare è di trattare Anima come una persona autonoma, e di rivolgerle domande personali. E intendo questo come una vera e propria tecnica... L’arte consiste semplicemente nel lasciar parlare la nostra invisibile interlocutrice. Bisogna coltivare l’arte di conversare con noi stessi..."- Carl Gustav Jung, "Opere" VII -

"La moderna filologia accademica disapprova lo studio comparato dei motivi e considerano esacrabile confrontare una figura mitica con quella di un'altro periodo... Per la psicologia del profondo temi e personaggi della mitologia non sono semplici oggetti di conoscenza , ma realta' viventi dell'essere umano, che esistono come realta' psichiche . La psicologia del profondo si rivolge alla mitologia... non tanto per impare sugli altri nel passato quanto per conprendere noi stessi nel presente" (Hillman, saggio su Pan)

"Nei miti vediamo rappresentati gli istinti dell'uomo, istinti che agendo plasmano un' immagine dell'azione... Quando trasformiamo quelle immagini incidiamo profondamente anche nei nostri comportamenti ..."

 

 51. Che il fallimento e la pena non devino dagli adoratori. Le fondamenta della piramide furono tagliate nella viva roccia prima del tramonto; pianse il re all'alba, dato che la parte superiore della piramide non era ancora stata estratta nella distante terra?
52. Vi fu anche un canticchiante uccello che parlò alla vipera cornuta, e la pregò che gli desse il veleno. E il grande serpente di Khem, il Santo, il regale serpente Uraeus, gli rispose dicendo:
53. Navigai sul cielo di Nu sul carro chiamato Milioni-di-Anni, e non vidi nessuna creatura su Seb che fosse uguale a me. Il veleno della mia zanna è l'eredità di mio padre, e del padre di mio padre; come potrò io darlo a te'? Vivi tu e i tuoi figli come io e i miei padri abbiamo vissuto, anche per centinaia di milioni di generazioni, e potrà darsi che la grazia dei Potenti possa concedere ai tuoi figli una goccia del veleno dell'antico.
54. Allora il canticchiante uccello si afflisse nel suo spirito, e volò verso i fiori, e fu come se nulla fosse stato detto fra loro. Tuttavia in breve tempo un serpente io colpì e così egli morì.
55. Ma un Ibis, che meditava sulle rive del Nilo, ascoltò e intese il magnifico dio. E abbandonando le sue fattezze d'Ibis, divenne come un serpente, e disse: Forse in un centinaio di milioni di milioni di generazioni di miei figli, essi otterranno una goccia del veleno della zanna dell' Eminentissimo.
56. E guarda! prima che la luna crescesse tre volte egli divenne un Serpente Uraeus, e il veleno della zanna fu fissato in lui e nel suo seme proprio per sempre e per sempre.
Liber LXV, Cap. V
 Scoperto sulle Alpi Svizzere. E adesso veniteci a raccontare che la hanno fatto due allegri boscaioli senza lasciare una sola impronta...
 
"l'amore dura finchè non ci si integra con gli aspetti dell'altro...ci si innamora delle persone che sono speculari perchè ci servono a integrare e bilanciare se hai integrato quelle parti è giusto che l'amore finisca per permettere che si affacci il nuovo vuol dire che dobbiamo lavorare su altri aspetti...e soprattutto ci sono periodi in cui dobbiamo semplicemente stare...è sempre sofferente il cambiamento credo sia così anche per la muta o per il passaggio da bruco a farfalla...la vita ci insegna ogni giorno il cambiamento ed è sempre sofferto...la nascita ci fa piangere per il dolore dell'aria che per la prima volta entra nei polmoni...il lutto...la fine di un amore (che è paragonato al lutto)...e tutto questo per farci abituare al nostro passaggio finale quando arriverà la morte...ma ci insegna anche che tutto è ciclico e che noi non abbiamo fine quindi dopo la sofferenza arriva la gioia" (levonah - genki)

I discepoli dissero a Gesù:
-Dicci quale sarà la nostra fine!
Gesù rispose:
-Voi che avete conosciuto il principio perchè vi proccupate della morte?
Infatti dove è il principio là è la fine.
Felice colui che vive sempre nel principio e sa cos'è la fine e non assaggerà le morti.

sabato 8 dicembre 2012

Natale


 Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
 
 (Giuseppe Ungaretti)


http://it.wikipedia.org/wiki/Chanukkah

e nel 2012 questa festa entra il giorno 9 dicembre

http://www.domidi.fr/noel/noel2.html

giovedì 6 dicembre 2012

Aternum e il culto della dea

Probabilmente il primo e il più antico insediamento degli abitanti di Pescara, avvenne intorno al "Colle del Telegrafo" nell'area a nord della città,  dove sono stati riportati alla luce reperti risalenti anche a seimila anni fa. Tra i resti sono stati rinvenuti frammenti di ceramica protovilliana. Mentre ricordiamo il rinvenimento di strumenti e giacimenti di manufatti del paleolitico inferiore-medio a San Silvestro di Pescara. Nel 1974 Cesare Miceli ha svolto ricerche di superficie sui terrazzi situati sulla sponda sinistra del fiume Pescara nella zona compresa tra il fosso Seminario, il fosso Madonna e la strada Pescara-Villanova. Sopra i piani in terra rossa sono stati rinvenuti manufatti, strumenti ed oggetti. Si tratta di reperti che vengono a documentare come i terrazzi sulla sinistra del fiume Pescara venissero frequentati dai cacciatori del paleolitico, mentre ancora non sono state individuate vere e proprie stazioni. Risalgono a circa cinquemila anni fa i resti di un villaggio di agricoltori ritrovati in Fontanelle Alta, nella parte a sud del fiume Pescara. Secondo alcuni studiosi, i primi abitanti di Pescara fondarono un villaggio sulle rive del fiume che in epoca romana fu chiamato Vicus Aterni. Tutto comincio’ infatti con un fiume, l’Aterno, che aveva una caratteristica interessante, la sua navigabilita’. Ammesso che il borgo, che poi ha originato Pescara, possa essere individuato con quello che sorse alla foce del fiume, il primo insediamento risale all’epoca pre-romana. Esso prese il nome dal fiume, e si chiamo’ Aternum. Nel 435 a.C. Roma inizio’ la sua politica espansionistica verso le terre abruzzesi, ed impiego’ due secoli per annetterle totalmente. Durante tale periodo Aternum rimase un modesto porto, ma i Romani intesero dargli il nome di Ostia Aterni. E furono essi che vollero darle una connotazione viaria importante, decretandola a punto di partenza della via Salaria, della Tiburtina e dalla Claudia Valeria. Fu in tale periodo che vennero poste le basi di un punto nevralgico dal punto di vista militare e commerciale, che ebbe notevole peso nei tempi a venire. I Romani, nei luoghi conquistati, solevano portare il loro stile urbanistico. E quindi Ostia Aterni si sviluppo’, sino ad avere un tempio dedicato a Giove e dove venne praticato il culto della dea Iside, protettrice dei naviganti. I Romani ne fecero la base di partenza per Solona, nella Dalmazia, che conquistarono nel 27 a.C. Da allora Ostia Aterni fu utilizzata per far salpare le navi dirette ad Oriente. Più tardi prese il nome di Piscaria ed il fiume diventò Piscarius.  Il luogo, per la sua posizione strategica, fu conteso dai piu’ e distrutto piu’ volte. Intorno all’anno mille si riempi’ di chiese, e poco dopo venne conquistato dai Normanni. Poi, senza addentrarsi in vicende alterne, Piscaria segui’ la sorte del Regno di Napoli, e quindi la dominazione Angioina e quella degli Aragonesi. Pur sempre rimanendo un bastione strategico. Gli Aragonesi solevano infeudare ampi territori a favore di poche famiglie, molte delle quali, provenivano dalla Spagna. Fu cosi’ per i D’Avalos, a cui furono affidate le terre d’Abruzzo. Piscaria rimase una roccaforte, ma da porto per salpare divenne luogo di sbarchi. Un terreno di conquista, ove tentarono di metter tende i veneziani ed il condottiero napoletano Giacomo Caldora, nonche’ il visconte di Loutrec, proveniente dalla Francia. Il re di Spagna, Carlo V, reagi’ vigorosamente. Tutti gli invasori furono cacciati, e l’Abruzzo restituito ai D’Avalos. Ma fu il vicere’ Alvarez di Toledo, a dare una svolta alla citta’. Egli fece costruire una mirabile fortezza. Cosi’ Pescara divenne citta’-fortezza, e lo rimase, prestigiosamente, per alcuni secoli. Da allora la sua conquista divenne ancora piu’ importante, e ci provarono i Turchi e il conte Willis al comando dell’esercito austriaco. Intanto agli aragonesi erano succeduti i Borbone. La citta’ fortezza era importante ma il borgo era composto da sole 3000 anime. E la vita si svolgeva intorno all’economia delle milizie di stanza. Quando in Italia presero piede gli echi della Rivoluzione Francese, ed a Napoli nacque la Repubblica Partenopea. Quando i moti finirono, Pescara dovette arrendersi ad un brigante, Fra’ Diavolo, ovvero Giuseppe Pronio, che la riporto’ ai reazionari. Ma quando Napoleone conquisto’ l’Italia e ne fece dono a Giuseppe Garibaldi, il bastione di Pescara ricambio’ bandiera e si ebbe la scissione in due cittadine: Castellamare Adriatico e Pescara. E quando la saga dei Bonaparte fini’, i Borbone tornarono sul trono e riebbero la cittadina abruzzese. Ma per la capacita’ e l’effervescenza che aveva dimostrato Pescara, essa fu vittima di una dura repressione. Infatti, ivi, vene costruito uno dei carceri piu’ disumani. Il Bagno Borbonico. Quando Garibaldi face ingresso in Pescara e l’Unita’ divenne realta’, il bastione venne smantellato e il borgo prese le sembianze normali. Nel 1927 avvenne la riunificazione tra le due cittadine smembrate: Castellamare e, appunto, Pescara*, e la citta’ divenne capoluogo. Il resto e’ storia di oggi.



La magia è oggi ancora viva e praticata in Abruzzo, in un diretto legame con i riti e le formule del passato.
Pescara l'antica ATERNUM  era famosa per il culto alla dea Iside. 
In epoca augustea Ostia Aterni faceva parte della regio IV Samnium che era una delle regioni italiane dell'epoca.
Nella città furono costruiti alcuni importanti edifici pubblici e privati. Si sa che nel centro abitato erano stati edificati diversi templi tra cui quello dedicato a Giove Aternio. Alcune testimonianze, ci informano poi dell'esistenza, in Aternum, del culto della dea Iside. Nel libro di Giuseppe Quieti "Pescara antica città"(*), si dà conto della esistenza di un ponte monumentale costruito per volontà dell'imperatore Tiberio che volle anche rimodernare l'importante porto, per gli scambi commerciali con l'oriente e, probabilmente, per scopi militari.
Qui è ancora possibile ritrovare un rituale con l’acqua e l’olio, che compare in papiri magici del II secolo d. C. dedicati a Iside, praticato ancora oggi contro il malocchio.
Gli incantesimi ed i sortilegi vengono tramandati in questa regione,  da tempo immemorabile, come un lascito delle vecchie generazioni alle nuove. In tal modo hanno continuato a sopravvivere in questa regione usanze e rituali di straordinario fascino anche legati alle erbe ed alla natura.
 Qui possiamo ancora trovare i serpari di Cocullo che altro non sono che i discendenti dei sacerdoti-maghi del tempo di Angizia. La dea Angizia, forse ai più poco nota ma che era sorella della più famosa Maga Circe e della "Medusa", dea dalla testa ricoperta da serpi che pietrificava gli uomini al solo sguardo. Forse per questo gli abitanti del luogo erano rinomati come guaritori e pare che fossero specializzati nel curare i morsi dei serpenti. L'antica città chiamata Angizia (Anxa), citata anche nell'Eneide, era abitata dai marsi in età preromanica e sorgeva sulle rive del Lago del Fucino. Era situata dove ora sorge il cimitero e le sue rovine sono ancora ben visibili. Ancora in epoca recente sono stati trovati molti reperti e nel 1998 con un autofinanziamento dell'amministrazione comunale sono iniziati i primi lavori di scavo che hanno portato alla luce un'imponente tempio di eta' augustea, colonne doriche e sepolture. La dea Angitia era anche maga ed eccelleva nella preparazione di "male erbe e veleni". Angitia era sorella di un’altra celeberrima e terribile maga: Medea, progenitrice della stirpe dei Marsi. Da Lei , secondo la leggenda, i Marsi appresero tutti i segreti divenendo una popolazione di incantatori di serpenti, conoscitori di erbe e veleni, indovini. E’ grazie alla profonda vocazione alla magia e al mistero, che vive e si rinnova attraverso un patrimonio popolare e antichissimo, una ricchezza di oggetti di culto, amuleti, talismani, rituali, formule, che molti incantesimi continuano a sopravvivere nel mondo moderno.
Immagine dea Angizia
Angitia, figlia di Eeta, per prima scoprì le male erbe e maneggiava da padrona i veleni e traeva giù la luna dal cielo; con le grida i fiumi tratteneva e, chiamandole, spogliava i monti delle selve.(Silius, Punicae, libro VIII, 495-501)
 luoghi del mistero nella regione
Atessa (CH) - Costola e sangue di drago
Capestrano (AQ) - Il magico quadrato del 'Sator'
Caramanico Terme (PE), San Tommaso - L'assurdo pilastro
Castelvecchio Subequo (AQ), Forca Caruso - La preistorica 'Cerveteri d'Abruzzo'
Fara San Martino (CH), La Fara - Grotta e pietre terapeutiche
 Isola del Gran Sasso d'Italia (TE), Pretara - Lo strano 'pettine' di santa Colomba
 Lanciano (CH) - Il miracolo eucaristico permanente


qui di fianco: La figura del Guerriero di Capestrano (c/o il Museo di Chieti) poggia su un piedistallo ed è sorretta da due pilastrini laterali, sui quali sono incise delle lance. Sul sostegno di sinistra vi è un'iscrizione di cui s'ignora l'origine ed il significato, un'unica riga di testo con verso dal basso in alto e parole separate da punti: MA KUPRI KORAM OPSUT ANANIS RAKI NEVII:
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Pescara è una bella città, ma potrebbe esserlo davvero se facessero le necessarie e urgenti opere di disinquinamento:
1) dell'acqua: dragando il fiume alla sua foce che ha ucciso il porto canale, la pesca e la balneazione del litorale... 
2) dell'aria, che (dal 1° gennaio al 27 novembre del 2012) secondo i dati dell’Arpa ( l’agenzia  per la protezione dell’ambiente) mentre a Taranto e dintorni  (a un paio di chilometri dall’Ilva) ha rilevato un massimo di 36 superamenti, nel Pescarese ne ha rilevati il triplo: ben 113 superamenti di Pm10 (viale Bovio ha raggiunto i 54; via Sacco 37; via Firenze 29) ...E pensare che il limite di superamenti annuali di 50 microgrammi a metro cubo, è fissato a 35!
Domanda:
Se il caso Ilva sta sollevando tante preoccupazioni per la salute dei cittadini, come mai i dati largamente superiori registrati a Pescara lasciano indifferenti istituzioni ed enti deputati alla tutela della salute pubblica?  

Cio'che mi ha sempre colpito nella Pescara di allora era il buonumore delle persone, la loro gaiezza,il loro spirito.Tra i dati positivi della mia eredita' abruzzese metto anche la tolleranza,la pieta' cristiana,la benevolenza dell'umore,la semplicita e la franchezza nelle amicizie.
Ennio Flaiano
 
 
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(*) ''PESCARA ANTICA CITTA' '' di Giuseppe Quieti - Carsa Edizioni
La Fortezza