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mercoledì 29 febbraio 2012

xp e la vera croce

la croce
 dove venne crocifisso Gesù
pare sia stata fatta con il legno
proveniente dalla tomba di Adamo
e qualcuno sostiene fosse legno d'ulivo

File:Konstantin & Helena.jpg
Versione situata a Barcellona
Narra che Adamo, sentendosi anziano e sul punto di morire, chiamò a sè il figlio minore Set affinchè andasse nel Paradiso per raccogliere l'olio per la redenzione dai suoi peccati.Set ritrovò facilmente il cammino seguendo i segni che suo padre lasciò con i suoi peccati, perchè lì non dava frutto la terra. L'angelo guardiano del paradiso diede a Set tre semi d'albero che si vedevano nel Giardino dell'Eden e quello del frutto del Bene e del Male perchè li  piantasse nel punto in cui suo padre sarebbe morto. Set li seminò e nacquero 3 piante sulla tomba di Adamo:una di cipresso,l'altra di palma,la terza di olivo. Crescendo progressivamente, i loro rami si mescolarono in un' unica coppa. Gli alberi furono trapiantati in varie occasioni dagli Israeliti durante il loro peregrinare nel deserto. Mosè lo utilizzò e la regina di Saba lo riconobbe in un blocco della porta del famoso tempio di Salomone a Gerusalemme.Il suo tronco fu portato alla piscina probatica, che divenne miracolosa;  dà lì fu seccato ed elevato al Calvario trasformandosi nella Croce di Gesù.


Versione situata a Toledo
Adamo è stanco di vivere, non solo per gli anni ma perchè il suo lavoro è stato duro e faticoso, tagliando alberi, testimoniato dal pavimento coperto da rami e foglie. E' rimasto in piedi solo un albero; chiede a Dio la morte. Nella terza scena Adamo va vicino ad Eva, che indossa abiti totalmente moreschi, ad eccezione del velo sul viso; chiamano il loro figlio Set per inviarlo al Paradiso, affinchè chida l'olio della misericordia. Nella quarta scena, Set giunge alle porte del Paradiso dove S. Michele, l'angelo guardiano, gli permette di affacciarsi alla porta che è (ovviamente per il periodo in cui è realizzato il lavoro del coro) gotica. Set vede un albero nudo a cui è stata strappata la corteccia; le sue radici sprofondano nelle fauci di un animale mostruoso da cui si affaccia la testa di un uomo e nella parte superiore vediamo la piccola figura di un neonato che piange. L'Angelo gli consegna allora tre semenze di tale albero perchè le introduca nella bocca del padre alla sua morte. Un' altra scena mostra Adamo che viene sepolto e supponiamo che Set abbia realizzato quanto ordinato dall'angelo perchè nell'ultima scena vediamo che dalla tomba del padre è spuntato un albero a un solo tronco, ma con tre rami diversi che l'artista intaglia in una forma molto precisa: un ramo è di cedro, uno di cipresso ed uno di pino ( Padre Figlio e Spirito Santo).

File:Brosen icon constantine helena.jpg
La Leggenda della Vera Croce è la leggenda che racconta la storia del legno sul quale venne crocifisso Cristo, spesso tramandata in letteratura e rappresentata in opere d'arte. La versione più nota è quella che fa parte della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, opera composta nel XIII secolo. La leggenda ha inizio con Adamo che, prossimo a morire, mandò il figlio Set in Paradiso per ottenere l'olio della misericordia come viatico di morte serena. L'Arcangelo Michele, invece, gli diede un ramoscello dell'albero della vita per collocarlo nella bocca di Adamo al momento della sua sepoltura (o tre semi secondo un'altra versione). Il ramo crebbe e l'albero venne ritrovato da re Salomone che, durante la costruzione del Tempio di Gerusalemme, ordinò cha l'albero venisse abbattuto ed utilizzato. Gli operai non riuscirono però a trovare una collocazione, perché era sempre o troppo lungo o troppo corto, e quando lo si tagliava a misura giusta in realtà diveniva troppo corto, tanto da non poter essere utilizzato. Gli operai decisero così di gettarlo su un fiume, perché servisse da passerella. La regina di Saba, trovandosi a passare per il ponte, riconobbe il legno e profetizzò il futuro utilizzo della tavola. Salomone, messo al corrente della profezia, decise di farlo sotterrare. Quando Cristo fu condannato, la vecchia trave venne ritrovata dagli israeliti ed utilizzata per la costruzione della Croce. A questo punto la leggenda inizia a confondersi con la storia. Nel 312, la notte prima della battaglia contro Massenzio, l'imperatore Costantino I ha la mitica visione che porrà fine, anche, alle persecuzioni dei cristiani: una croce luminosa con la scritta "In hoc signo vinces".  L'imperatore decide allora di utilizzare la croce come insegna e il suo esercito vinse la battaglia di Ponte Milvio. Costantino decise così di inviare la madre Elena a Gerusalemme per cercare la Croce della Crocefissione. Elena trovò una persona che conosceva il punto di sepoltura della Vera Croce. Per costringerlo a parlare, lo fece calare in un pozzo, senza pane ed acqua, per sette giorni. Convinse così il reticente a rivelare il luogo della sepoltura. Elena poté, in questo modo, rinvenire le tre diverse croci utilizzate il giorno della morte di Cristo. Per identificare quella sulla quale era morto Gesù, Sant'Elena sfiorò con il legno un defunto e questi resuscitò. Sant'Elena separò la croce in diverse parti di cui la principale venne lasciata a Gerusalemme.
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Nei primi secoli venivano uniti al simbolo della Croce le prime lettere greche di Cristo, X (chi) e P (rho) che intersecandosi formavano una Croce a sei bracci

Quando questa era inscritta in un Quadrato, simboleggiava la vita terrena del Cristo.

Quando era inscritta in un Cerchio, simboleggiava la divinità del Cristo e legava il suo significato a quello della Ruota mistica.

La Croce cristiana conserva il significato della Croce cosmica: essa ricapitola la Creazione, il Mondo nella sua totalità, è Centro del Mondo, Albero della Vita, Asse del Mondo.
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La tradizione religiosa  vuole che l'acronimo tetragrammatico INRI posto sulla Croce si traduca con Gesù Nazareno Re dei Giudei. Questo tetragramma, nel corso dei secoli, è divenuto patrimonio diffuso, e non esclusivo, di molteplici comunità, fratellanze, e ordini iniziatici e magici. Essendo impossibile determinarne la reale interpretazione, l'autentico sviluppo di queste quattro (il quaternario) lettere, in virtù dell'impiego strumentale a cui sono soggette, è forse utile spendere alcune riflessioni sulle stesse. In tutte le epoche ermetisti cristiani, alchimisti, rosacrociani, liberi muratori e tutto ciò che si richiama al cristianesimo esoterico, si è profuso in molteplici interpretazioni:

Igne Natura Renovatur Integra (Azoth = A + Alpha e Aleph, e poi Zeta + Omega e Thau)

Igne Nitrum Roris Invenitur
Insignia Naturae Ratio Illustrat

Jamaim, Nor, Ruach, Jabashah (estrazione cabalistica)
Justitia Nunc Reget Imperia
Ineffabile Nomen Rerum Initium

Intra Nobis Regnum Jehovah

Indefesso Nisu Repellamus Ignorantiam

Infinitas Natura Ratioque Immortalitas

Justum Necare Reges Impios

Ignatii Nationum Regumque Inimici, (con cui i Liberi Muratori "attaccano" i Gesuiti di S. Ignazio)
Come possiamo notare l'enorme varietà delle "letture esoteriche e occulte" di INRI non agevola il ricercatore, se non nei limiti dell'appagamento della propria particolare inflessione operativa.
Inflessione particolare che porta a considerare INRI come "parola sacra", "parola di potere", o "mantra"; e quindi da utilizzarla durante pratiche invocative o evocative, oppure considerare INRI un acronimo legato ad operatività alchemica, ed infine come depositario di una "verità" alternativa a quella religiosa. Molto dipende se si decide di contestualizzare INRI al periodo storico del primo secolo cristiano, o traslarla durante il rinascimento (periodo più consono all'alchimia), oppure in epoca moderna e contemporanea ove le quattro lettere sono associate a pratiche di mantralizzazione (anche connesse all'operatività sessuale). Ad aumentare la varianza delle interpretazioni, è fatto però osservare che nella sintassi latina, tuttavia, si vorrebbe che il genitivo "dei giudei" preceda e non segua il nominativo "re".
A quanto sopra detto, inoltre andrebbe considerato che non in tutte le croci questo acronimo è riportato per in modo lineare. In alcune si trova all'interno di un quadrato o rettangolo, sviluppato nel seguente modo:
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IN
RI
oppure
IR
NI
E' inoltre lecito e doveroso considerare come  le fonti evangeliche non sono concordi attorno alla dicitura posta sulla sommità della croce (e ciò potrebbe in qualche modo spiegare la questione di sintassi latina):

Matteo 27:37 Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei».

Marco 15:26 E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei.

Luca 23:38 C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.

Giovanni 19:19 Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei».

Da cui deduciamo quanto segue:

1. La frase più prossima all'acronimo è quella Giovannita.
2. L'acronimo è una libera riduzione della frase Giovannita.
Passando adesso ad un secondo livello di approfondimento, legato proprio al Vangelo di Giovanni troviamo alcuni informazioni di notevole interesse, che se non danno determinazione autentica all'acronimo, possono però aiutarci a mettere a fuoco il quadro ove questo è inserito.

Il Vangelo di Giovanni pare trovi "nascita" nella comunità di Efeso (Provincia romana, odierna Turchia), attorno al 100 d.c., ed è quindi improbabile che sia stato redatto dallo stesso Giovanni. Del resto è scartata anche la possibilità che sia stato Luca, il discepolo di Paolo. Potrebbe quindi essere espressione autonoma ed originale di una comunità la cui lingua era il greco, e la cui formazione spirituale era la filosofia gentile (platonica, ermetica, gnostica, pitagorica oppure una miscela di esse). 
Inoltre, il Vangelo di Giovanni non è corpo autonomo, ma è raccolto nelle LETTERE DI GIOVANNI, fra cui l'Apocalisse.
Lasciando per un attimo l'Apocalisse e il Vangelo di Giovanni, è interessante appuntare come gli Atti degli Apostoli, scritti anch'essi da un ellenista, trattano la città di Efeso:
Atti 18:24 Arrivò a Efeso un Giudeo, chiamato Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, versato nelle Scritture.
Atti 18:25 Questi era stato ammaestrato nella via del Signore e pieno di fervore parlava e insegnava esattamente ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni.
La "nuova novella" non sarebbe stata portata ad Efeso da un ebreo, e neppure da persona iniziata nella cerchia degli apostoli (escludendo così il retaggio ebraico), ma da un certo Apollo (Espressione Solare, del Sole in Movimento), nativo di Alessandria (la culla dello Gnosticismo di Valentino, che da sempre sostenne l'alternatività fra l'antico e il nuovo testamento, e le due nature fra Cristo e Gesù), iniziato da Giovanni (Giovanni: fulcro ed espressione simbolica dell'esoterismo cristiano). Tutto ciò è indubbiamente interessante, in quanto fornisce ancora una volta un'interessante traccia attorno alle diverse nature, e radici che hanno animato e ancora oggi animano il messaggio cristico: fornendo invariabilmente diverse chiavi di lettura allo stesso.


Continuando su questa analisi, tesa a suggerire prossimi filoni di interrogazione e di ricerca,  è giusto indicare che il testo più antico pervenutici dell'opera di Giovanni, è datato 125 d.c. ed è chiamato "P52", ovvero Papiro 52. Le misure del frammento pervenuteci sono di cm. 8, 9 x 6 è conosciuto anche come Papiro Rylands 457, sicuramente uno dei più vecchi frammenti di riguardante il Nuovo Testamento. Ovviamente è stato ritrovato in Egitto ed è in forma di codice, e contiene Giovanni 18,31-33 e 18,37-38. Il Vangelo di Giovanni è inserito anche nel Papiro 66, datato circa il 200 d.c., conosciuto come papiro Bodmer II, e nei Papiri 45 e 75 del 250, e infine nel Codex Sinaiticus del 350.  Torna sempre prepotente la culla culturale egizia, e l'iniziazione fuori dal gruppo dei dodici quando parliamo del Vangelo di Giovanni. E' ancora interessante notare come il primo commentatore del Vangelo di Giovanni è stato uno gnostico, tale Eracleone, il quale era discepolo di Valentino, che ovviamente non starò a dire che era nativo di Alessandria d'Egitto, come Apollo che portò la buona novella ad Efeso.
E come Eracletone praticava un'estrema unzione per i suoi discepoli, utilizzando una miscela di olio, acqua e balsamo.. e al termine un'invocazione in lingua sacra....

Osserviamo l'Apocalisse di Giovanni attorno ad Efeso:

Apocalisse 1:11 Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa.

Apocalisse 2:1 All'angelo della Chiesa di Efeso scrivi: Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:

Pare che tutto ha inizio da Efeso, in qesta triplice preponderanza del 7 (sette le Chiese, sette le stelle, e sette i candelabri), numero della regola, dell'incontro fra divino e umano, la cui ricomposizione geometrica dona il cinque (l'uomo iniziato, completo, l'adepto al mistero della conoscenza)

 Questa natura che vogliamo integrare, rendere novella, divina magnificenza non è quella del mare,  e neppure del vento, e non certo del fuoco e della terra; non appartiene al quaternario manifesto in natura; bensì alle acque interne, al soffio che anima, al fuoco che arde nel cuore, e all'atto che da ciò si trae.
 
( tratto dalle  riflessioni  di Filippo Goti)

 L'Albero della Croce ovvero delle Sette Parole CROCE = MORTE   ALBERO = RINASCITA (resurrezione)
L'albero è il simbolo della vita, perché offre i suoi frutti da mangiare e la sua ombra per vivere, riparandosi dal caldissimo sole. Come simbolo della vita è anche punto di riferimento della famiglia, luogo dove si mantiene e si celebra la comunione con gli spiriti dei parenti defunti.  La Bibbia racconta come Dio ha modellato il mondo all’inizio e tra le tante cose belle ha creato gli alberi che danno frutto (E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne»). Tra gli alberi del giardino degli inizi, Dio ha creato l’albero della conoscenza del bene e del male e l’albero della vita. Adamo e Eva, disobbedendo al comando di Dio, mangiano il frutto del primo albero: rivendicano in questo modo la capacità di decidere cosa è bene e cosa è male in modo autonomo da Dio, volendo andare oltre la loro condizione di creatura. La conseguenza di questo peccato (originale) è che viene negato all’uomo l’accesso all’albero della vita (che rappresenta l’immortalità, la pienezza di vita, che ogni uomo desidera): infatti i cherubini con la spada fiammeggiante bloccano il cammino all’albero della vita. Tutta la storia della salvezza, che la Bibbia racconta, mostra come Dio, per amore dell’uomo che ha creato libero, rende di nuovo possibile il cammino all’albero della vita, cioè lo invita a prendere parte alla sua pienezza di vita; e mostra anche la resistenza che l’uomo continuamente oppone a questo invito, confermandosi «figlio di Adamo». Difeso dai cherubini all’inizio, l’albero della vita appare di nuovo, alla fine del libro, quando nell’Apocalisse Gesù promette: al vincitore concederò di mangiare dell’albero della vita che sta nel paradiso di Dio, e proclama: beati quelli che lavano lo loro vesti per aver accesso all’albero della vita.  Il vincitore, colui che lava le sue vesti nel sangue dell’agnello, è ogni discepolo di Cristo che si mantiene fedele al suo Signore nonostante le persecuzioni che deve soffrire in nome della sua fede. Tra l’inizio e la fine del libro, in mezzo alla storia dell’umanità e della salvezza, s’innalza un altro albero: quello della croce dove Gesù è stato crocifisso. È per questo cammino imprevedibile e paradossale che Dio riapre per tutti, attraverso la morte di suo Figlio, il cammino all’albero della vita, per vivere in comunione con Lui. In Israele i peccatori condannati a morte erano appesi a degli alberi ed erano considerati maledetti da Dio. Gesù con la sua passione prende il posto dei peccatori, assume su di sé la maledizione della legge, prende su di sé i nostri peccati e inchioda sul legno della croce la sentenza di morte emessa contro di noi. In questo modo la croce, strumento di sofferenza e di morte, si trasforma in “legno che salva”, come dice il libro della Sapienza: benedetto sia il legno dal quale ci viene la g i u s t i z i a . Nella Bibbia l’albero è anche simbolo dell’uomo: come l’albero si conosce dai suoi frutti, così l’uomo di conosce da quanto produce nella sua vita. Grazie all’immagine dell’albero San Paolo riesce a esprimere in modo semplice e efficace la relazione tra la Pasqua di Gesù e la nostra vita. Da noi stessi siamo portati a dare frutti selvatici; con il battesimo, che ci unisce alla Pasqua di Cristo, siamo stati «inseriti» nell’albero che è Cristo, e se facciamo spazio alla sua grazia possiamo produrre gli stessi frutti che Egli ha prodotto.
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lunedì 27 febbraio 2012

il volo



lasciami andare
anche se fa quasi
troppo male

mai quanto vederti
e non averti
sempre

il mio pensiero
è il tuo
sento quel filo
che ancora stringe

vorrei lasciarti
andare
vederti fluire
anche dai pensieri

sono cresciuta in te
nel sogno tuo
cullata tra nuvole
di bambagia

il tempo è adesso
c'hai gli strumenti giusti
quelli per restare
ancorato nel tuo viaggio

ora c' ho un paio d'ali
fresche
e tanta voglia
di volare
Tutti i diritti riservati
©



on air...






podcast

giovedì 23 febbraio 2012

lode al mese dedicato ad Afrodite


Venere ruotante
Nata dal mare, Afrodite veniva venerata dai naviganti, non come Poseidone, ma come colei che rende il mare bello e tranquillo e sicura la navigazione. Le era sacro il delfino, allegro accompagnatore dei naviganti.
Ma Afrodite ammansisce non soltanto il mare, bensì rende bella anche la terra. Ella è la Dea della primavera, stagione dei fiori ma anche dell’amore.
Le sono sacre le rose, ma anche molte altre piante, quali il melograno e il mirto. Anche la mela, antico simbolo dell’amore, si trova nella sua mano
Afrodite incarna il principio del piacere fine a sé stesso, Lei ama per il piacere di amare, e a differenza di altre, sceglie ad uno ad uno i suoi amanti, non subendo mai le altrui scelte. Con il suo cinto magico, che indossa per sedurre chiunque lei scelga di amare, Lei fa dono della sua bellezza e del suo amore, senza altri scopi se non l’amore stesso. La sua gratificazione personale è legata al suo personale valore ed al fatto di scegliere, ed è proprio questo che la rende irresistibile, la sua autenticità. Lei infatti incarna l’amore, prima di tutto per sè stessa, poi verso gli altri.
Afrodite non ama per compensare un vuoto, o per “sistemarsi” o per procreare, Lei basta a sé stessa e nonostante le innumerevoli relazioni, ed il matrimonio con Efesto, ha l’energia di una single, tant’è che i suoi figli vengono allevati dai padri.
Altra cosa che la distingue e la rende estremamente pericolosa agli occhi di uomini e donne più insicuri è che Afrodite non mostra nessuna indecisione nell’esprimere la sua attrazione e utilizza l’erotismo come strumento di seduzione. Lei non attrae per ciò che offre, come altre Dee e mortali più materne e compassionevoli di Lei, ma per ciò che è, e proprio questo suo essere sé stessa fino in fondo produce la grande attrazione.
Afrodite viene spesso rappresentata con uno specchio in mano. Lei si specchia e si piace, indipendentemente dall’altrui giudizio.
Per questo anche nel mito più e più volte si scontra con la morale collettiva.
Non è che sia priva di etica come vorrebbero farci credere i suoi detrattori. E’ che l’etica di questa irresistibile Dea non è legata alla morale collettiva né tantomeno a quella religiosa, bensì al senso del suo valore personale. Lei vuole condurci ad esplorare il grande tema del rapporto con sé stessi e la propria interiorità, in altre parole il grado della nostra autostima. La sua bellezza infatti è qualcosa che va ben al di là del concetto estetico.

Nella vita occorre Bellezza ed ARMONIA (intesa come Auto-consapevolezza, Resilienza, Moralità, Opportunità, Nobiltà d’animo, Imprenditorialità e Assertività), occorre mettersi continuamente in gioco, mettersi  in contatto col proprio fuoco interno e sedersi accanto ad esso. Questo è il primo passo da compiere nella via della propria riscoperta e della consapevolezza insieme con i 13 alleati della via senza metodo (silenzio, solitudine, immobilità, lasciarsi andare, semplicità, lentezza, morbidezza, interesse per sé, serenità, santuario, sacro, sostegno, sonno) e seguendo come un prode guerriero le sfide di libertà per un  impeccabile destino. Occorre intraprendere l'arcano viaggio nella bellezza, nel lato magico della natura, oltre ogni tempo e tuttavia nel cuore del tempo al fine di riscoprire la propria vera identità, quell’identità mitica che ci unisce al cosmo: una vocazione che va al di là della personalità di ogni donna e che appartiene alla storia della vita. Dopo aver affrontato le altre dee: Durga Kali, Demetra ed Era, ecco finalmente la dea della bellezza e del piacere: Afrodite.
Afrodite è la divinità greca dell'amore, inteso anche come attrazione delle varie parti dell'universo tra loro per conservare e procreare; simboleggia l'istinto naturale di generazione e di fecondazione e sotto questo aspetto è simile alla Ishtar babilonese  (suoi attributi erano l'amore, sia sacro che profano e la guerra; nel culto astrale s'identificava col pianeta Venere. Assimilata alla sumerica Inanna, dea della terra madre feconda, divenne protagonista di numerosi poemi epico-mitologici, tra cui quello della sua discesa agli Inferi. E' questa una bella storia che ricorda l'alternarsi delle stagioni sulla terra ed il perpetuo ciclo della vita.
Ishtar scende agli Inferi per strappare loro il suo amato Tamuz; e davanti all'ingresso del mondo delle ombre minaccia, per poter entrare, le più gravi calamità e rovine, tanto che la sorella, dea dei morti, dà ordine di farla passare. Impone tuttavia che tutti gli ornamenti con i quali si presentava sulla terra le vengano tolti, poiché nel mondo degli Inferi si può accedere soltanto se nudi e senza armi di difesa ed offesa: il guardiano la priva della corona che ha sul capo, poi degli orecchini, della collana di perle e dello splendente pettorale d'oro e di pietre preziose, infine le toglie la cintura che costituisce il simbolo del perpetuarsi della vita; per ultimi gli anelli e l'abito.  Gli dei, comunque, non vogliono che Ishtar resti prigioniera degli Inferi e la dea dei morti è costretta ad accettare le condizioni che le vengono imposte: dopo aver chiamato a raccolta il tribunale infernale, restituisce la vita a Ishtar e le concede di riportare sulla terra Tamuz; le rende tutti gli ornamenti mentre a Tamuz viene dato un flauto di lapislazzuli, perché possa esprimere il tripudio del ritorno alla vita), o all' Astarte fenicia.
I Greci connettevano il nome di Afrodite con la spuma del mare (afròs), dalla quale ritenevano che fosse nata; diffusosi il suo culto in Occidente, prima ad Erice in Sicilia e poi fino a Roma, la dea venne onorata col nome di Venere (da venus, venustas = bellezza). Nella Teogonia di Esiodo si narra come Afrodite, nata dal mare in una serena giornata di primavera, venne portata dagli Zefiri prima a Citera, da dove su una conchiglia fu trasferita a Pafo nell'isola di Cipro. La stagione e il luogo: la primavera e il mare. La stagione che ha dato il via al ciclo della vita sulla terra è stata la primavera; dal Caos primigenio le nascenti forme di vita trovarono la loro sede naturale nel mare. Ecco congiunti la primavera e il mare per generare Afrodite. Il mito attribuiva alla dea diverse unioni con dei (Efesto, Ares) e con mortali (Anchise, Bute, Adone). Era venerata con vari epiteti che alludevano alla sua qualità di suscitatrice della vegetazione (Anthéia), di protettrice della navigazione (Pontìa), o dei combattenti (Areia, e in tal caso essa era venerata accanto ad Ares); gli altri a lei frequentemente dati di Ouranìa, "celeste" e Pandemos "di tutto il popolo", sono riferiti alla sua natura di dea dell'amore spirituale e sensuale.
La dea aveva un corteggio costituito dalle Ore, dalle Cariti (o Grazie), da Eros, Potos (il desiderio), Imero e Imene, dio delle nozze. I suoi animali favoriti erano le colombe: un tiro di questi uccelli trasportava il suo carro; ma le furono consacrati anche il serpente e l'ariete; quale protettrice dei giardini le furono dedicate le piante e i fiori di rosa e di mirto.
Fu per antonomasia la dea della bellezza quando vinse la gara suscitata dalla dea della Discordia tra lei, Era e Atena, promettendo al giudice, che era il figlio di Priamo, Paride Alessandro, il possesso della donna più bella del mondo, cioè Elena, moglie di Menelao, re di Sparta; e creando così i prodromi della guerra di Troia. Durante tutta la guerra ella accordò la sua protezione ai Troiani e a Paride in particolare, e anche ad Enea, che aveva generato con Anchise. Ma la protezione di Afrodite non potè impedire la caduta di Troia e la morte di Paride. Tuttavia riuscì a conservare la stirpe troiana e grazie a lei Enea, col padre Anchise e il figlio Iulo (o Ascanio), riuscì a fuggire dalla città in fiamme e a cercarsi una terra dove darsi una nuova patria. In tal modo Roma aveva come particolare protettrice Afrodite-Venere: ella passava per essere l'antenata degli Iulii, i discendenti di Iulo, a loro volta discendenti d'Enea, e perciò della dea. Per questo Cesare le edificò un tempio, sotto la protezione di Venere Madre, la Venus Genitrix.
La bellezza di questa divinità è stata celebrata da poeti e scrittori antichi e moderni che ne hanno messo in risalto attributi particolari della personalità e si sono comunque sentiti attratti da lei. Amore sacro dunque, e amore profano, forza primigenia della natura, dea protrettrice di tutte le forma di vita e presso molti popoli.
Anche l'arte figurativa si ispirò particolarmente alla dea che rappresentò l'essenza stessa della bellezza e l'espressione più appassionata della gioia di vivere. Le famose Veneri della scultura greca, quali quelle di Prassitele, di Fidia, di Scopas, o la Venere imperiale del Canova, così come le rappresentazioni pittoriche, dagli affreschi pompeiani ai dipinti di soggetto mitologico susseguitisi nel corso dei secoli, ci forniscono sempre, nella rappresentazione delle belle forme, la possibilità di avvicinarci all'idea della bellezza assoluta come espressione del dono che gli dei fecero agli uomini per rallegrarli, per vivificarli o per consolarli.

La bellezza di Afrodite, ma ancor più della romana Venere, ha molto a che fare col concetto di armonia. Se per i greci questa armonia riguardava principalmente la perfezione delle forme, con Venere si parla di una bellezza interiore, legata all’essere veri ed autentici. Peraltro al di là dei suoi comportamenti amorosi, va riconosciuto che Lei sempre nel suo agire ama la chiarezza e la sincerità ed infatti tutto ciò che fa, avviene sempre alla luce del sole.  Anche per questo viene definita la dorada, l’aurea, al di là dal fatto che era sempre vestita con oggetti d’oro per lei fabbricati da Efesto. Dunque il vero significato a cui può condurci la “venerazione” per questa alchemica Dea dell’Amore, è lo scoprire sè stessi riflessi in ciò che si ama, per poi ancor più amare sé stessi, la vita, e l’amore. 
 rito Ogni volta che ci occupiamo della bellezza del nostro corpo e del nostro spirito, o stiamo esprimendoci creativamente, o stiamo lavorando per creare armonia intorno a noi; ogni volta che ci innamoriamo di una persona, di una cosa o di un momento, oppure che facciamo qualcosa che ci piace veramente e fino in fondo; ogni volta che sentiamo di stare bene con noi stessi e di sprizzare amore da ogni poro della pelle, stiamo rendendo onore alla bella e sensuale Dea Venere-Afrodite.

rose
Bagno di bellezza venusiano: Riempire la vasca da bagno (assolutamente da non sostituire con una doccia, casomai far precedere da essa!) con acqua appena calda.Coprire la superficie dell’acqua con petali freschi di rosa colore rosa, bianco e rosso.
Accendere uno o più incensi all’aroma di rosa ed una candela rosa, musica classica di violino.
Sciogliere i capelli sulle spalle, lasciando che accarezzino la pelle, ed entrare nell’acqua sentendo di essere una Venere che entra nel suo elemento naturale.Lasciarsi avvolgere dall’acqua, immergersi piacevolmente e completamente e sentire come ogni cellula del corpo e ogni pensiero diventano semplicemente…. belli.Accarezzare le proprie gambe, le braccia, la pancia sentendo la setosità della pelle sotto le proprie dita e pensare a quanta bellezza vi sia in tutto questo.Pensare a tutte le volte che si è state innamorate, all’emozione di quei momenti, alla bellezza della vita e all’arricchimento che l’amore porta con sé.Stare in questi pensieri il più a lungo possibile, sentendo sempre più intensamente di essere belle. Procurarsi del piacere, anche erotico, in qualsiasi possibile modo o con qualsiasi possibile strumento.
Quando si sente di essere sufficientemente appagate da questo bagno di piacere e bellezza, uscire dalla vasca da bagno, lentamente e ritualmente, come una Venere che esce dalla spuma del mare, portarsi davanti allo specchio, ammirare il proprio corpo bagnato dall’acqua, con qualche petalo di rosa attaccato alla pelle ed esclamare ad alta voce: sei bellissima! Completare il rito cospargendo la propria pelle con olio di rosa.
 

da sempre sono un cercatore di verità

"In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste."


Tutto ciò che accade ha sempre una ragione, un seme (es. effetto farfalla) poichè nulla è casuale, per ogni cosa vi è una causa e, percorrendo a ritroso gli eventi, si arriva sino alla Causa Prima.
Chi crede al caso subisce la vita, chi cerca sempre un motivo esterno a se stesso subisce la vita.
Chi comprende che ogni evento ha una causa, un seme dal quale nasce, ed a sua volta diviene seme dell'evento successivo, può ripercorrere la strada a ritroso ed arrivare all'origine.

Chi capisce che ognuno di noi genera i semi della propria vita non la subisce più, ma la ordina e la gestisce.
La Causa Prima è specchiata anche nell’essenza della manifestazione finale, in ogni cosa della vita vi è un' intuizione, un’immaginazione, una volontà ed infine una manifestazione, una materializzazione, ciò che si trova in profondità è l’essenza dell’intuizione.
Esiste una differenza enorme tra chi ha la "consapevolezza" della conoscenza, e chi, invece, tale conoscenza l'ha semplicemente ereditata.
Tutto ci è velato e ri-velato  sino a confondersi  nel caos, che è l'inevitabile passaggio sulla strada della Verità (proprio sin dove -e poichè- gli estremi -sempre- si toccano).
Questo mondo - lo sappiamo bene - è diade: bene e male, limite ed illimite, dispari e pari, rettangolo e quadrangolo, retta e curva, luce e tenebre, maschio e femmina, uno e molteplice, movimento e stasi, destra e sinistra.
Perciò o hai una visione parziale o rientri nella monade per comprendere "hic et nunc" che abbiamo bisogno di tesi e antitesi per poter generare la sintesi.
C'è infatti chi manifesta un'idea perché è di parte e non comprende il tutto, ma c'è anche chi decide di manifestare quella stessa idea o l'idea antagonista perché crea un sentiero che porta alla sintesi.

La Via non è una retta, è una curva.
Non esistono opposti, ma solo antagonisti, stesse qualità con gradazioni e/o polarità diverse.
"Qui" ed "ora" tutti siamo prigionieri, l'uscita del labirinto (il simbolo del labirinto esplica in maniera chiara il mondo profano e la Via iniziatica) è una e si trova "in alto", l’uscita dal labirinto si trova al centro e verso l’alto. 
Conosci te stesso: ispeziona l’interno della tua natura, correggi i tuoi difetti e, liberandoti dal superfluo, dopo aver imparato a padroneggiare i vizi e le passioni, perseverando nel tuo cammino potrai alfine trovare la pietra nascosta dei Saggi (la pietra filosofale) con la quale costruire il tuo tempio interiore e allora non potrai fare altro che amarti e perciò AMARE IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO.

 "Il regno di Dio è in te e attorno a te, non in edifici di legno e pietra. Spezza un pezzo di legno ed io sarò lì, alza una pietra e lì mi troverai".




martedì 21 febbraio 2012

è solo questione di gusto



coca cola
coca-cola zero
(ha un gusto uguale ma più dolciastro, come se fosse stata sgasata)
mentre hanno un gusto diverso:
coca-cola light o diet coke
new coke
pepsi cola
inoltre:
Coca cola è diversa da stato a stato,  perchè è fatta in parte da caramello e questa percentuale varia in alcuni paesi (spagna e germania soprattutto) per andare incontro al gusto nazionale
n.b.: nella coca cola light non viene usato il ciclamato di sodio come edulcorante (in compenso ha il benzoato che è comunque cancerogeno) mentre nella zero è presente nonostante in america sia vietato  gli ingredienti migliori sono in quella che viene distribuita in Francia.

Le pietre e gli dei



Vieni: sali con me verso il monte
che sorge dalla nebbia dell’alba,
in quel fresco profumo di erbe,
al di là del torrente, tra i pini.


   Nel bosco, ora, pulsano umori nuovi:
nuovi germogli coprono il sentiero
e giocano col sole.

                                Di sole sei calda,
la luce più alta batte il tuo corpo.
La tua mano scende alle pietre,
le accarezza: perché,
mentre il vento ti socchiude gli occhi,
perché cerchi un contatto con la morte?

Le pietre non ricordano vita:
c’è una parte di te che non conosci
perché si brucia nell’attimo che nasce.

Adriano Spatola

poesia e bellezza

The temple is holy
because it is not for sale
Ezra Pound, Canto XCVII


La parola sorse
da crateri di luce
e creò un mondo sradicato
dal proprio principio, fino
alla fine dei tempi irripetibile.
Ma tu ascolta
solo la parola che scaturisce
dalle fenditure del tempo
e trapela dai circuiti del silenzio
nel medesimo fremito celando
carne e polvere.




 Mitomodernismo
(o del fuoco indispensabile per un Futuro)
Il mitomodernista si trova al mondo
non per adattarvisi
ma per cambiarlo opponendosi
con tutte le sue forze
all'Impero del Brutto
e all'ingordigia serva
del Consumismo Autodistruttivo.
Senza spada e senza ali Angelo
lotta ogni giorno contro
i traditori dell'Eden
costruendo orizzonti utopici degni
dei più elevati desideri
e atti ad appagare i bisogni
primari della Donna e dell'Uomo.
Nella nostra Italia unita
solo nella bellezza
segnata dalle parole di Dante,
Petrarca, Foscolo e dalle visioni
di Leonardo e Botticelli,
dalle gesta di Giuseppe Garibaldi
e dai pensieri di Giordano Bruno,
oltre ai roghi criminali
il mitomodernista custodisce
il fuoco indispensabile
ad un entusiasmo in grado di scaldare
le gelide notti dell'avvilimento
collettivo. Se il cinico
mondo ingordo del superfluo
prepara l'avvelenamento
definitivo delle acque,
dell'etere e della anime
massificate, il fuoco
tenuto vivo attimo dopo attimo
dal mitomodernista
tende a illuminare
i sentieri che portano
verso un mondo degno della Bellezza
eterna dell'Universo.

Tomaso Kemeny




«Smettiamo di lusingare con la passività i gusti più bassi di un popolo dalle tradizioni esemplari» perora Kemeny, indicando nella Bellezza il fondamento d’una civiltà futura.
Pura illusione ? Ma è questo il bello: senza le utopie dei poeti, la nostra idea dell’Italia non esisterebbe.


la sede del "nulla"


http://gianruggeromanzoni.wordpress.com/2011/01/29/esistono-universi-paralleli-il-nostro/

"una delle principali caratteristiche della natura del leone è quella che, quando egli dorme, i suoi occhi vegliano. Il leone, in altre parole, dorme mantenendo gli occhi sempre aperti. Per questa ragione rappresenta il miglior guardiano e il più affidabile custode"

podcast

giovedì 16 febbraio 2012

con il corpo capisco

Follia = infiammare se stessi fino a portarsi al grado della pazzia , un processo condotto tutto dentro di sé fino a perdere il controllo della propria mente.
Gli eventi accaduti in un lontano passato possono ancora toccarci con penetrante immediatezza; le vecchie ferite influenzano i nostri umori e il nostro comportamento come se fossero state inflitte ieri, e qualche volta il loro potere persino aumenta con il passare del tempo
Non si tratta di un processo discendente dalla mente al corpo, ma di una biunivoca interazione fra energia e materia, fra emozione e corpo, conservata in una precisa e rintracciabile coordinata spaziotemporale. La nostra memoria cristallizza il ricordo dell’evento traumatico e lo colloca in una determinata area corporea, in attesa di una sua definitiva risoluzione. Alla lunga però questo segnale, rimasto apparentemente muto per un certo periodo di tempo, tende a risvegliarsi e a far sentire la sua presenza. In questo modo si riattivano antichi dolori alle articolazioni, sgradevoli disturbi gastrointestinali, malesseri psichici, che sembravano essersi definitivamente risolti.
Emozioni intense e profonde come rabbia, dolore, paura, gridano la loro presenza attraverso lo specchio del corpo. La frustrazione per un mancato riconoscimento professionale, atteso con ansia da anni, può determinare importanti cambiamenti del tono umorale, della pressione sanguigna, dell’equilibrio immunitario.  Non bisogna sottovalutare le battaglie, che dobbiamo affrontare nel corso della nostra esistenza. Il ricordo persistente di queste lotte mina nel tempo le energie risanatrici del corpo e apre pericolosamente la strada alla malattia. Il risentimento inespresso per ingiustizie nei rapporti familiari o in ambiente di lavoro, il comportamento prevaricatore del partner o di un figlio adolescente, le continue e pressanti richieste di aiuto di genitori anziani, hanno la strisciante capacità di imporsi nel nostro orizzonte emotivo.
Breviario di cronoriflessologia, ebook pdf.pdf

"Scrivere è qualcosa di fisico, un’attività lenta e sensuale che apre, accoglie, chiude attorno a sè in morbide spirali. Raccontare è dare il giusto peso e la giusta collocazione, è un attacco e una difesa, una presa di distanza per “non permettere al dolore di insinuarsi dentro di me”. É esporsi, mostrarsi, capirsi, soffrire. É vivere."David Grossman


un bastone (il sapere), una spada (l’osare), un calice sacro (il volere), una medaglia d’oro con incisa una stella a sei punte (il tacere).
La caratteristica di una vita morta è di essere
una vita di cui l’altro diventa il guardiano.

podcast

Sartre

il dio e la croce a dx - la corona e la spada a sx

mercoledì 15 febbraio 2012

eft

 


Pensa e scrivi tutto ciò che ti disturba o ti da fastidio emozionalmente e che al solo ricordo ti provoca: nervisismo, malinconia, rabbia, dolore, intolleranza, insicurezza, confusione. Un incontro sgradevole,Un litigio (col partner, con amici, con sconosciuti),Un incidente di qualsiasi tipo (visto o vissuto),Una paura,Un'insicurezza,Una situazone,Un'abitudine sbagliata,Un modo d'essere che vuoi cambiare,Un blocco,Una casa, un luogo, un lavoro, un oggetto... Dopo aver valutato attentamente su cosa lavorare, scegli una "cosa", rivivila intensamente con colori, odori, rumori, localizzala dentro di te o intorno a te...fai ricapitolazione.  Focalizzati, scegli il punto EFT (KArate o dolente) e rieti "Anche se... mi amo e mi accetto così come sono... scelgo di dimenticare/di lasciare/di perdonare/mi do la possibilità di cambiare/e mi voglio bene comunque" .Su dei fogli gradevoli per forma e colore e su ogni foglio scrivi la "cosa" da lasciare, tenere fra le mani il foglio e visualizzate "il caso", entrare intensamente nella scena o emozione quindi mettere il foglio sul chakra scelto riguardo al tema (amore=cuore, passione=pancia,radice/affari=plesso, il verbale=gola). A questo punto partite con EFT
n.b. se si fa durante il periodo natalizio conviene bruciare tutti i foglietti con scritte le "cose" da lasciare la notte di Capodanno e buttare entro tre giorni la cenere in acqua corrente di fiume, oppure entro l'Epifania e buttateli in acqua corrente nei tre giorni successivi.

sabato 4 febbraio 2012

adamo ed eva


Dopo l’ennesima riunione della UE, alcuni presidenti decidono di passare a visitare il Museo del Louvre per "alleviare" lo stress.
Si fermano in meditazione davanti al quadro di Adamo ed Eva nel Paradiso
 Esordisce Angela Merkel:
Guardate la perfezione dei corpi: lei alta e snella con un corpo atletico, i muscoli ben fatti... Gli stereotipi sono necessariamente tedeschi.
Sarkozy risponde immediatamente:
Assolutamente no! E’ evidente che l’erotismo che si può vedere in entrambe le figure..., lei così femminile..., lui così aitante...., sanno che presto arriverà la tentazione... Possono essere solo francesi.
Muovendo negativamente il capo, Gordon Brown afferma:
Of course not! Guardate attentamente… la serenità dei loro visi, la delicatezza della posa, la sobrietà del gesto ... Possono essere solo inglesi.
Dopo alcuni secondi di ulteriore contemplazione, 
Mario Monti esclama:
NON SONO ’ACCORDO!!!
Guardate bene:
non hanno vestiti,
non hanno scarpe,
non hanno casa,
hanno solo una mela da mangiare,
non protestano
e pensano pure di stare in paradiso!!! ...
Non ho alcun dubbio, SONO ITALIANI!!!!!""""

mercoledì 1 febbraio 2012

ZENA


Per Heine Genova "giace in riva al mare come lo scheletro sbiancato di una bestia gigantesca trascinata lì dalla marea". Per Nietzsche è un'oasi di solitudine: "un'isola dell'arcipelago greco e tutto intorno infinite catene di monti". Genova, miraggio bianco, sospesa fra cielo e mare, continua a affascinare il cuore dei poeti. - Giorgio Caproni



Litania
Genova mia città intera.
Geranio. Polveriera.
Genova di ferro e aria,
mia lavagna, arenaria.

Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria scale.

Genova nera e bianca.
Cacumine. Distanza.
Genova dove non vivo,
mio nome, sostantivo.

Genova mio rimario.
Puerizia. Sillabario.
Genova mia tradita,
rimorso di tutta la vita.

Genova in comitiva.
Giubilo. Anima viva.
Genova in solitudine,
straducole, ebrietudine.

Genova di limone.
Di specchio. Di cannone.
Genova da intravedere,
mattoni, ghiaia, scogliere.

Genova grigia e celeste.
Ragazze. Bottiglie. Ceste.
Genova di tufo e sole,
rincorse, sassaiole.

Genova tutta tetto.
Macerie. Castelletto.
Genova d'aerei fatti,
Albaro, Borgoratti.

Genova che mi struggi.
Intestini. Caruggi.
Genova e così sia,
mare in un'osteria.


Genova illividita.
Inverno nelle dita.
Genova mercantile,
industriale, civile.

Genova d'uomini destri.
Ansaldo. San Giorgio. Sestri.
Genova in banchina,
transatlantico, trina.
Genova tutta cantiere.
Bisagno. Belvedere.
Genova di canarino,
persiana verde, zecchino.

Genova di torri bianche.
Di lucri. Di palanche.
Genova in salamoia,
acqua morta di noia.

Genova di mala voce.
Mia delizia. Mia croce.
Genova d'Oregina,
lamiera, vento, brina.

Genova nome barbaro.
Campana. Montale, Sbarbaro.
Genova dei casamenti
lunghi, miei tormenti.

Genova di sentina.
Di lavatoio. Latrina.
Genova di petroliera,
struggimento, scogliera.

Genova di tramontana.
Di tanfo. Sottana.
Genova d'acquamarina,
aerea, turchina.


Genova di luci ladre.
Figlioli. Padre. Madre.
Genova vecchia e ragazza,
pazzia, vaso, terrazza.

Genova di Soziglia.
Cunicolo. Pollame. Trilia.
Genova d'aglio e di rose,
di Pré, di Fontane Marose.

Genova di Caricamento.
Di Voltri. Di sgomento.
Genova dell'Acquasola,
dolcissima, usignuola.

Genova tutta colore.
Bandiera. Rimorchiatore.
Genova viva e diletta,
salino, orto, spalletta.

Genova di Barile.
Cattolica. Acqua d'Aprile.
Genova comunista,
bocciofila, tempista.
Genova di Corso Oddone.
Mareggiata. Spintone.
Genova di piovasco,
follia, Paganini, Magnasco.


Genova che non mi lascia.
Mia fidanzata. Bagascia.
Genova ch'è tutto dire,
sospiro da non finire.

Genova quarta corda.
Sirena che non si scorda.
Genova d'ascensore,
paterna, stretta al cuore.

Genova mio pettorale.
Mio falsetto. Crinale.
Genova illuminata,
notturna, umida, alzata.

Genova di mio fratello.
Cattedrale. Bordello.
Genova di violino,
di topo, di casino.

Genova di mia sorella.
Sospiro. Maris Stella.
Genova portuale,
cinese, gutturale.

Genova di Sottoripa.
Emporio. Sesso. Stipa.
Genova di Porta Soprana,
d'angelo e di puttana.

Genova di coltello.
Di pesce. Di mantello.
Genova di lampione
a gas, costernazione.

Genova di Raibetta.
Di Gatta Mora. Infetta.
Genova della Strega,
strapiombo che i denti allega.
Genova che non si dice.
Di barche. Di vernice.
Genova balneare,
d'urti da non scordare.

Genova di "Paolo & Lele".
Di scogli. Furibondo. Vele.
Genova di Villa Quartara,
dove l'amore s'impara.
Genova di caserma.
Di latteria. Di sperma.
Genova mia di Sturla,
che ancora nel sangue mi urla.

Genova d'argento e stagno.
Di zanzara. Di scagno.
Genova di magro fieno,
canile, Marassi, Staglieno.

Genova di grige mura.
Distretto. La paura.
Genova dell'entroterra,
sassi rossi, la guerra.

Genova di cose trite.
La morte. La nefrite.
Genova bianca e a vela,
speranza, tenda, tela.

Genova che si riscatta.
Tettoia. Azzurro. Latta.
Genova sempre umana,
presente, partigiana.

Genova della mia Rina.
Valtrebbia. Aria fina.
Genova paese di foglie
fresche, dove ho preso moglie.

Genova sempre nuova.
Vita che si ritrova.
Genova lunga e lontana,
patria della mia Silvana.

Genova palpitante.
Mio cuore. Mio brillante.
Genova mio domicilio,
dove m'è nato Attilio.

Genova dell'Acquaverde.
Mio padre che vi si perde.
Genova di singhiozzi,
mia madre, Via Bernardo Strozzi.

Genova di lamenti.
Enea. Bombardamenti.
Genova disperata,
invano da me implorata.

Genova della Spezia.
Infanzia che si screzia.
Genova di Livorno,
Partenza senza ritorno.

Genova di tutta la vita.
Mia litania infinita.
Genova di stoccafisso
e di garofano, fisso
bersaglio dove inclina
la rondine: la rima.


(Da: Giorgio Caproni, Tutte le poesie, Garzanti 1999)