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venerdì 5 aprile 2013

metonimizzazione del desiderio



col cuore cavo

senza di te mi sento appeso

come vestito dimenticato nell'armadio

dell'utopia di questa vita

che è la mia, ma senza di me;

atteso che sono niente, 

 non ho niente:

meglio navigare nel mare del nulla

se non posso avere

 tutto.



(levonah)


Poi goccia a goccia misuro le ore.
Nel tutto buio, sotto il mio dolore,
più giù del buio della notte affondo.
    Vuota il tuo sacco, su, parla, poetessa:
    io fiorisco e disfoglio e rigermoglio
    per dare la procura di me stessa
    a chi non può o non vuole quel che voglio.
    Io sono sempre stata come sono
    anche quando non ero come sono
    e non saprà nessuno come sono
    perché non sono solo come sono.
    Signore, da' a ciascuno la sua morte,
    dalla tutta inverata dalla vita;
    ma dacci vita prima della morte
    in questa morte che chiamiamo vita.
 Ogni cosa ti chiama, ti reclama, 
 e mi lascia così, sola e spaurita.
E tutto il tempo testimonia il tempo 
 del dolore indiviso della vita. 
 E in tutto il tempo trovo tregua il tempo
che ti sto accanto, anima ferita.
    Non affogarmi in notti tanto nere
    se prima non mi apri nel cervello
    la porta che resiste del piacere.
    Ora lo sai: ho bisogno di parole.
    Devi imparare a amarmi a modo mio.
    È la mente malata che lo vuole:
    parla, ti prego, Cristoddio!
    Quel desiderio che non trova pace
    e va peregrinando sul tuo corpo...
    e tu mandali a dormire i tuoi pensieri,
    devi ascoltare i sensi solamente,
    sarà un combattimento di guerrieri:
    combatterà il tuo corpo e non la mente.
    (Patrizia Valduga)

Vedi come veloce in te m’inventro,
vedi come lo vuoi e tieni tutto,
vedi che piangi umore dal tuo centro
ecco rientro, e coli dappertutto.
Via di qui, voi, che più non mi resiste,
in piacere si volta il suo gran lutto
Per me dentro di me oltre la mente
il suo corpo su me come una coltre
ma oltre il corpo in me furiosamente
in me fuori di mente oltre per oltre.

Ti voglio qui, ti voglio adesso,
chiudi la bocca e vieni qui, Dio buono,
per ricrearti e ricrear me stesso
 perché non mi ricordo più chi sono.

Solo questo domando: esserti sempre,
per quanto mi sei cara, leggero;
so bene che mancarti,
non perderti, era l’ultima sventura.
(Le cose parlate fra noi due
durante e dopo l’afasia
le cose dette e non dette
fra te e la persona che sono
fra me e la persona che sei
saranno poche o tante, mi domando,
per viaggiare al tuo seguito
per cambiare o rincorrere con te
aereo, nave, fuso orario, età?)
Io che ho sempre adorato le spoglie del futuro
e solo del futuro ho nostalgia,
mai del passato,
ricordo adesso con spavento
quando alle mie carezze smetterai di bagnarti,
quando dal mio piacere
sarai divisa e forse per bellezza
d’essere tanto amata o per dolcezza
d’avermi amato
farai finta lo stesso di godere.

(di Patrizia Valduga (1953) & Giovanni Raboni (1932 – 2004))



2 commenti:

  1. E' nella nostra natura di esseru umani l'eterno combattimento tra l'accontentarsi ed il suo contrario "meglio nulla"! Non c'è bilancia idonea a dar giustizia a l'una o all'atra teoria... il tempo nostro è un'attimo ed in questo siamo... ora, nel momento stesso che ci arrovelliamo su quanto sia corretto il nostro fare o dignitoso il nostro agire... la verità non vince e non paga... forse è corretta la splendida interpretazione che fai in testa alla carrellata di pensieri, la tua intendo... la migliore affermo... ma non posso, io piccolo, non pensare all'amico Blaise P. che suggerisce... "Non ci accontentiamo mai del presente. Anticipiamo il futuro perché tarda a venire, come per affrettarne il corso, o richiamiamo il passato per fermarlo, come fosse troppo veloce, così, imprudentemente, ci perdiamo in tempi che non ci appartengono, e non pensiamo al solo che è nostro, e siamo tanto vani da occuparci di quelli che non sono nulla, fuggendo senza riflettere il solo che esiste." (Blaise Pascal)
    E' vero che è solo un pensiero del milleseicento ma forse proprio per questo ci fa capire quanto sia antico l'ossimoro della vita che, da quando ci è dato da ricordare, è sempre stato in balia degli strali della nostra incapacità di assurgere ad una verità vera ed univoca. La verità è che è giusto per noi solo ciò che ci fa star bene... con o senza pieni/vuoti con o senza alti/bassi... tutto confluisce nella cicatrice dell'uomo!

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  2. Paolo, per risponderti, voglio dedicarti la canzone "compagni di viaggio" di f.de gregori:
    avevano parlato a lungo di passione e spiritualita'
    e avevano toccato il fondo della loro provvisorieta'
    lei disse sta' arrivando il giorno
    chiudi la finestra o il mattino ci scoprira'
    e lui senti' crollare il mondo
    senti' che il tempo gli remava contro
    schiaccio' la testa al suo cuscino
    per non sentire il rumore di fondo della citta'
    una tempesta d'estate lascia sabbia e calore
    e pezzi di conversazioni nell'aria e ancora voglia d'amore
    lei chiese la parola d'ordine il codice d'ingresso al suo dolore lui disse non adesso ne abbiamo gia discusso troppo spesso aiutami piuttosto a far presto il mio volo lo sai partira' tra poco piu' di due ore senti' suonare il telefono
    nella stanza gelata e si sveglio di colpo e capi' di averla solo sognata si domando' con chi fosse e penso' e acqua passata e smise di cercare risposte senti' che arrivava la tosse si alzo' per aprire le imposte ma fuori la notte
    sembrava appena iniziata due buoni compagni di viaggio
    non dovrebbero lasciarsi mai protranno scendere in parti diverse saranno sempre due marinai
    lei disse misteriosamente sara' sempre tardi per me
    quando ritornerai
    e lui butto' il soldino nel mare
    lei lo guardo' galleggiare
    si dissero ciao per le scale
    e la luce dell'alba dal cuore sembro' evaporare

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