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mercoledì 19 giugno 2013

viaggio, frontiera, ignoto

"Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le danno forme, sal...vandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue. Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte.
Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte. In Verde acqua Marisa Madieri, ripercorrendo la storia dell’esodo degli italiani da Fiume dopo la seconda guerra mondiale, nel momento della riscossa slava che li costringe ad andarsene, scopre le origini in parte anche slave della sua famiglia in quel momento vessata dagli slavi in quanto italiana, scopre cioè di appartenere anche a quel mondo da cui si sentiva minacciata, che è, almeno parzialmente, pure suo.
Quando ero bambino e andavo a passeggiare sul Carso, a Trieste, la frontiera che vedevo, vicinissima, era invalicabile – almeno sino alla rottura fra Tito e Stalin e alla normalizzazione dei rapporti fra Italia e Jugoslavia – perché era la Cortina di Ferro, che divideva il mondo in due. Dietro quella frontiera c’erano insieme l’ignoto e il noto. L’ignoto, perché là incominciava l’inaccessibile, sconosciuto, minaccioso impero di Stalin, il mondo dell’Est, così spesso ignorato, temuto e disprezzato. Il noto, perché quelle terre, annesse alla Jugoslavia alla fine della guerra, avevano fatto parte dell’Italia; ci ero stato più volte, erano un elemento della mia esistenza. Una stessa realtà era insieme misteriosa e familiare; quando ci sono tornato per la prima volta, è stato contemporaneamente un viaggio nel noto e nell’ignoto."


“Ci sono luoghi che affascinano perché sembrano radicalmente diversi e altri che incantano perché, già la prima volta, risultano familiari, quasi un luogo natio. Conoscere è spesso, platonicamente, riconoscere, l’emergere di qualcosa magari ignorato sino a quell’attimo ma accolto come proprio. Per vedere un luogo occorre rivederlo. Il noto e il familiare, continuamente riscoperti e arricchiti, sono la premessa dell’incontro, della seduzione e dell’avventura; la ventesima o centesima volta in cui si parla con un amico o si fa all’amore con una persona amata sono infinitamente più intense della prima. Ciò vale pure per i luoghi; il viaggio più affascinante è un ritorno, come l’odissea, e i luoghi del percorso consueto, i microcosmi quotidiani attraversati da tanti anni, sono una sfida ulissiaca. “Perché cavalcate per queste terre?” chiede nella famosa ballata di Rilke l’alfiere al marchese che procede al suo fianco. “Per ritornare” risponde l’altro.”

(da ”L’infinito viaggiare” di Claudio Magris, Mondadori 2005)

bel tema...l'avrei scelto!

Occhi gonfi per l’aria ed il ginocchio dolorante , niente concerto , rimandato per il vento , come fosse cosa strana avere il vento a 2400 metri , organizzazione fantasma che non si capiva bene se e come qualcuno guidasse la processione di persone e piccole luci che salivano lungo la cresta . Freddo , tanto freddo che ogni volta pensi chi me l’ha fatto fare a venire quassù , possibile che ci si dimentichi di quanto sia proibitivo starsene ad aspettare le quattro del mattino rannicchiato su quattro sassi ?
Possibile , certo . Ci si dimentica perché non ha uguali , vedere nascere il sole , dopo aver faticato per prendere le distanze dal mondo e riscoprire poi quello stesso mondo stendersi verso valle , incantevolmente illuminato e d’un tratto molto più familiare di quando sei partito . Scop...ri che la ami questa valle , anche se la mattina ti svegli stanco di doverci stare in mezzo e guardi speranzoso con il naso all’insù che qualcosa cambi .
L’alba al Vettore , meravigliosa avventura .
Ancor di più per averla condivisa con una sorella , Laura Gagliardi , con cui mi scopro ogni giorno più vicina , con mio marito , perché condividere la quotidianità fa scordare , a volte , che siamo anche persone che sognano e quanto sia bello farlo insieme , e con decine di persone sconosciute eppure simili nell’ aver voglia di salire .
M’ero promessa di tornare in montagna entro il 2013 ed è impagabile la sensazione d’essersi esaudita così .
Che passi a tutti questa energia nuova , stamattina abbiamo camminato tra il sole e la luna e mi è sembrata la migliore parabola del percorso fatto in questi anni . C’era una bellezza racchiusa , dietro le rocce , panorami splendidi , disegnati , solidi , eleganti nel loro stare ad aspettare , preziosi , protetti come il lago di Pilato con il mistero che porta dentro e la vita rara ed unica che accoglie .
La virtù dell’arrivare ad essere senza compromessi , essere per sé e , generosamente donare agli altri , quella luce soffusa che non distoglie , non abbaglia , ma guida . Estia .
Grazie d’esserti fatta incontrare .
Un abbraccio caro cerchio , vi ho portati con me .

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