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giovedì 24 gennaio 2013

dai 'sotterranei dell'anima' vibra la 'luce nera' della poesia




«Al tempo in cui la psicologia era legata alla filosofia e alla religione, essa esisteva sotto forma di Arte. Poesia, Tragedia, Scultura, Danza e la stessa Architettura erano mezzi di trasmissione della conoscenza psicologica». (Pëtr Demianovic Ouspensky)
«Obbligare se stessi a vedere questo è molto doloroso. Questo non significa che io soffro, ma che qualcosa che desidera nascondersi non può sostenere di trovarsi sotto la luce. Essere in grado di vedere se stessi in maniera che qualcuno rimanga sotto i nostri occhi, sotto osservazione, questo è una punizione per l'eternità (riferimento alla parabola della divisione delle pecore e capre nei vangeli). Una cosa è se non abbiamo completamente tradito la ragione della nostra esistenza o completamente sprecato i "talenti" (parabola dei talenti nei vangeli) nelle nostre mani, ma figuratevi in voi stessi qualcuno che ha, e che sempre ha rifiutato di vedere ciò che ha, ma che un giorno si troverà "avendo rifiutato di vedere" costretto a vedere la realtà"».(John Godolphin Bennett)
«Ma l'uomo che dorme non può "fare". In esso tutto si fa nel sonno...Innanzitutto, l'uomo deve svegliarsi. Una volta sveglio, si accorgerà che, così com'è, non può "fare". Dovrà morire volontariamente. Se muore, potrà rinascere. Ma l'essere appena nato dovrà crescere e imparare. Quando sarà cresciuto e avrà imparato, allora potrà "fare"». (Georges Ivanovic Gurdjieff)
“…La ferita mi preesisteva, sono nato per incarnarla…” (J. Bousquet)
max ernst
(Max Ernst, The eye of silence)

“Tutta la densità del suo essere sembra trasferita a due facoltà intatte: la visione e il linguaggio. Linguaggio visivo, muto, e luogo invisibile in cui la realtà si riflette e si ricompone; non espressione della ragione né dell’esperienza, ma rivelazione. Non strumento di comunicazione, ma voce che si parla.
L’opera, nata dall’ombra del silenzio, porta con sé la relazione con una luce che, esprimendosi in un effetto di contrasto, sdoppia l’immagine di questo silenzio, interiore ed esteriore.
A partire da questo vissuto, rianimato dall’immaginazione e dal sogno, Bousquet si dispone ad apprendere i gesti e i movimenti che lo dispongono verso il Silenzio che risuona interiormente come non-suono. La scrittura non può che gridare l’incomunicabile, perché questo silenzio è segnato dalla contraddizione stessa del linguaggio: “aprire una via” per avvicinarsi all’irraggiungibile”
(dalla postfazione a “Tradotto dal silenzio” di Bousquet)

"l’uomo è in se stesso più grande e più forte di tutto ciò che è. E’ la grandezza, il divenire e la morte delle verità e delle cose, di cui è anche la sorgente." (op. cit., pag. 54-55 “Tradotto dal silenzio” Joë BOUSQUET)

***
Madrigale
Dal tempo che era amata stanca di se stessa
Lei aveva giurato d’essere questo amore
E ne fu l’incanto lui ne fu il poema
La terra è leggera a promesse passate
Il vento piangeva gli uccelli migranti
Cullando i mari sulle ali di sale
Prendo la stella con una bella nuvola
Se la pagina bianca ha consumato il cielo
Nell’aria che fiorisce al suo riso
C’è un vecchio cavallo color del cammino
Capisci al suo passo la morte che m’ispira
E che va senza me a chiederne la mano
Poema della sera
Su un giaciglio sfinito
Il lampo che oscura un istante
Mette la veste di fumo
E segue il vento distante
Su terre senza memoria
Ogni piede ha la sua scarpa
L’ala è bianca l’ala è nera
Il giorno è solo metà
E su una trama di cenere
Dove l’uomo non è che i suoi passi
Il cuore palpitò per cogliere
Ciò che uno sguardo non vede
E’ la speranza che un mondo a venire
Abbia fatto buio con la nostra ombra
E sorridendoci alla finestra
Abbia solo i nostri occhi per vedersi
Dietro le quartine che lei ispira
Ai giorni che dubitano di te
La vita ha i suoi denti per sorridere
Di ciò che una volta era già stata
L’ombra gemella
Varca la notte senza sponde
Se tu sei solo vagamente
L’oblio restituirà il tuo volto
Al cuore da cui nulla è assente
Il tuo silenzio nato da un’ombra
Che a tutto il cielo l’ha unito
Schiude l’amore dove ti abbandoni
Alle braccia di un doppio infinito
E annullandoti sotto i tuoi veli
Presi alla notte da un fiore
Concede occhi alla stella
Di cui la tua ombra è il cuore
Le galant de neige
Même un  désir menteur de son deuil se chagrine
l’istant qui n’a pu naître est pleuré dans tes jours
ou ta chair trompait-elle un tourment d’orpheline
au néant maternel d’un amour sans amour

 (poesie tratte da "La conoscenza della sera"di Joë BOUSQUET )


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Il linguaggio non è una vana sequenza di parole, è l’atmosfera stessa dell’anima, un’alba che s’illumina, non certo del sole, ma di ciò che la terra dischiude in noi, sul fianco oscuro dello sguardo.
*L’uomo non è, ma nasce. La sua esistenza è l’analogia interiore dei suoi istanti più alti; egli non è questa assonanza ma colui che la guarda. E’ spirito, e la sua vita è il segno di questo spirito.
*
La coerenza della nostra vita trova la sua immagine nello stampino di sabbia del nostro corpo, l’io non è che l’intuizione di una compiutezza in cui ci è impedito di perderci, come nell’immaginazione universale…
*
Sono taciturni i sogni. La visione vi supera i suoni: la si direbbe portata su ali d’uccello. Isolate, delle voci vi seguono. E anche, mi sembra che esse conducano e riconducano al sogno; sempre udite un po’ di lato, come quelle voci che percepisco a metà nella corte che mi separa da mia madre.
*
Non sono dove mi si vede. Ho tutta l’altezza del giorno che ci rischiara insieme e che dovrebbe essere così vasto e illimitato da reggere la notte calda e vitale che mi colma. Questo giorno è più alto del cielo: vede nei miei occhi, deve vedere nei miei occhi la strada che fa percorrere a chi viene da me, a chi mi accosta per donare i giorni sgorgati per me dalla terra, dalla cenere fredda in cui ogni mattino s’interroga prima di appartenermi.
*
L’esperienza del sogno m’aiuta a vivere senza annullare la mia persona: previsione oscura, segreta, che si sostituisce alla conoscenza dell’avvenire, che mi dissuaderà dal vivere e amare. Non conosciamo l’avvenire, non ne riceviamo il colpo: ce lo nascondiamo, ma ci culliamo con lui, entriamo da sonnambuli in questa vita smisurata… Quale grandezza, di cui non siamo che l’eco, ci rende quel che siamo?

*

Ogni grande opera è vocazione. E’ per ogni uomo un modo di concepire se stesso, un modo che gli spiana la strada… Quel che crediamo di essere non è che la nostra volontà, la vita che realizzeremo è tutta la sua ombra. Assieme a questo corpo fragile, anch’essa calcola gli ostacoli con cui si farà grande, per renderci infine interamente presenti alla coscienza, sorgente di tutto il nostro essere.
*
Non ho potuto donare un nome a quel giorno prezioso in cui la mia donna in lutto è venuta a visitarmi, purificata dalle sue lacrime.
*
La donna che amo mi dona il risveglio. Credo di immaginare il suo corpo: è l’acqua profonda dei miei occhi che assume toni di pelle, al fine di tuffarmi nel mio stesso sguardo. Ma come riconoscerla subito ogni giorno, quando, per trovarla, sotto il cappello bianco, tra la tenda e il muro, è necessario che esca dall’ombra in cui la sua bionda chioma m’avvolge e rende ogni cosa un sogno, la mia casa, le stanze, tutto ciò che ella calpesta per giungere a me nel suo livido tailleur. Voglio che mi faccia scordare perfino il nome dell’amore. E’ un prodigio, è un incantevole dono che ella possa apparirmi e ridestare i miei giorni, senza destarmi dal sogno in cui la sua figura mi apparve.
*
L’amo sempre di più. Mi sono serviti anni per nascere da lei. Il suo corpo, davanti a me, si spoglia della mia ombra, diventa tutto il mio sguardo e me ne fa un rifugio.
*
Come morire? Assorbito ciascuno dalla propria notte viva… Così un uomo immobile diventerà una stella; l’occhio del gatto che un bambino aveva creduto vedere al posto del suo sguardo.  (da “Il silenzio impossibile"di  Joë BOUSQUET)
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 « Elle était comme une étoile tombée dans la neige. Le silence éternel de tous les endroits où elle irait danser…Elle n’aurait plus été en ce monde qu’un rayon perdu si la lumière ne s’était faite chair pour la toucher…J’ai compris…je sais que certains instants sont la forme accessible de l’absolu. » (Traduit du silence)

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« La vie connaît mieux que la joie ou la lumière tout ce que l’on peut obtenir en cette vie » Maître Eckhart  
« Je voudrais être votre amour, vos yeux, votre voix. »Joë Bousquet




***
Il quaderno nero (1938 - 1945) è costituito da una sorta di tema e variazioni sul rapporto amoroso sadico, masochistico, sodomitico, fisico e mentale a un tempo. Ed appunto tutto lo scritto è un tentativo di rendere la complessa unitarietà tra corpo e mente, tra passione, emozione, fisicità, tenerezza, crudeltà. I gesti ricorrenti, le note che costituiscono la parte riconoscibile della diverse angolature da cui è ascoltata la melodia, sono la sodomizzazione, la sculacciata, la flagellazione, il sorprendere la donna nell’intimità in pose oscene e la luce che sempre promana dai corpi. L’incipit è d’una bellezza sconvolgente. Già il titolo del primo capitolo: Poesia del corpo nell’amore. E le prime frasi:  Adoravo quella ragazza. Il volto era la coscienza del suo sguardo. S’alzava in volo nei suoi tratti gettandomi nell’ombra che si diffondeva dietro di lui. Non so dirlo più chiaramente.
Appena mi appariva, l’oblio del reale prendeva il mio posto
Il gioco tra reale e quello che sarà definito come «il bagliore raggiante della sua [della donna] nudità» è costante. Ma non è solo la nudità a fondare l’esistenza del narratore; il volto stesso, la figura, anzi l’immagine della donna lo proiettano in una certezza più certa che l’esistenza di sé e del proprio pensiero: Vieni da ciò che di più oscuro è in me, a guidarmi gli occhi verso il tuo volto. Sei bionda. In me sei la necessità della tua esistenza. Non so ma è certo che ti ho incontrata. Questa certezza si forma altre la mia fede nella realtà delle cose. Sei tutta la forza della mia vita in una fragilità che mi fa pensare all’infanzia Quando fa capolino uno scorcio di narrazione, tra tutto il vortice di sensazioni e illuminazioni, si è preda di un’angoscia verso la propria esistenza stessa. Tutto dipende da lei, dal suo corpo; i fiori stessi appassiscono al suo ritardo. Se ella non verrà, l’esistenza stessa sarà meno certa: Musica affinché tutta l’oscurità sia nella musica che me la ricondurrà dalla festa. È tardi: è da molto che l’aspetto: mi sembra che i fiori disposti in suo onore abbiano perduto un poco del loro splendore. Tutti i rumori della città si caricano della mia angoscia per dilaniarmi dentro coi suoi morsi. Forse lei rinuncerà a venire come mi aveva promesso. Per incantare l’attesa ho suonato le arie che piacciono a lei, attraverso le quali mi sembra di entrare nella realtà della sua angoscia di donna, di trarla dalle mie tenebre come una tenebra più profonda che la ricopre della sua carne solo seppellendomi sotto il brivido della mia E quando ella arriva, tutto si modula secondo la musica. Tutto è colmato dalla sua presenza musicale ed infine splende la bellezza della donna che ancora una volta conduce all’oblia delle sensazioni, per far giungere ad una dimensione più profonda: Appena ho sentito i suoi passi salire spediti le scale mi è parso che il mio sguardo ricadesse con tutto il suo peso a terra e ci fosse sotto la realtà che ci univa un intero mondo musicale che la bellezza della luce stava per ricoprire sotto la scia silenziosa in cui le immagini s’illuminavano di tutta la mia presenza. [...] Allora si rivelò in lei un silenzio in cui la sua bellezza era tutto: mi parve che d’un tratto si fosse aperto sotto la mia emozione un baratro nel quale si compenetravano di uno strano oblio tutte le mie sensazioni E, ancora una volta, il sentirsi, per mezzo del sorriso, degli occhi, della danza di lei, parte di un mondo altro, di un mondo dopo il mondo: Prima di ogni pensiero c’è la fine del mondo nella suprema bellezza di un volto… Tu la bambina che danza e sorride: oh! i suoi occhi azzurri dove brucia tutta la luminosità cui la mia anima si ispira affinché non sia altro che tenebra in fondo al mio sguardo che la scopre vivente in questo mondo Così, lungo il vortice, il fluire indistinto di pensieri e sensazioni che infine si concludono col ricondurre la donna «presso la sua dimora dove si radica tutta pensosa», come se anche il pensiero fosse scandito e distinto solo col cessare dell’atto erotico, atto che invece abbatte le distanze soggettivo-oggettive e la distinzione tra “io” e “tu”. V’è anche una dialettica tra luce e tenebra: la luce del corpo giunge da lontananze tenebrose, l’oscurità si compenetra della luce e solo in ciò vi è la sveltezza delle essenza, l’oblio del reale a favore di una nuova certezza fondata nell’unione profonda con l’altro. Parimenti, uomo e donna si sintetizzano nel rapporto sessuale al limite dell’androginia; le prospettive biologiche e cosmologiche sono risolte in passi come questi: La profondità della carne è sotto l’influsso del fuoco terrestre. La profondità degli occhi è nell’irradiazione del sole. Il sole e la terra girano in senso inverso l’uno all’altro. L’uomo è sempre nell’utero della donna che ama. E attraverso la sua carne sonda la profondità della propria. Nato dalla donna, e uscito da lei, ho il centro fisico della carne nella cellula del suo sesso. E forgiato a partire da quel germe, il mio sesso d’uomo può solo creare la sua forma intorno alla mia se vuol rammemorarsi di tutta la sua vita animale. E in questa vita animale che riluce nella rammemorazione, torna in mente l’animalità rilkeana dell’ottava elegia udinese: Poiché vicino a morte più non si vede morte, si guarda fisso fuori, forse con sguardo grande d’animale. Gli amanti, se non ci fosse l’altro che la vista preclude, sono prossimi a questo e hanno stupore….Anche qui qualcosa di diverso dalla realtà comunemente intesa, ossia l’Aperto (das Offene), che gli animali vedono con tutti gli occhi e che il morente e gli amanti intuiscono regredendo all’animalità. Una nota di tenerezza, in cui ben riluce l’unione tra la mera carnalità ed il sentimento amoroso. L’unione è l’Erotico: Sollevato al di sopra del sedere, il vestitino incorniciava come un fogliame quel tenero frutto di luce e d’amore. Sottovoce, attraverso lo spessore dei cuscini, lei pronunciava parole d’amore e dovetti chinarmi per coglierle. Il ferito, l’infermo, l’immobile è riuscito a mettere in opera l’erotico a cui non può più accedere se non in ciò che lo rende tale: il ricordo immaginoso. La memoria lavora sulle immagini e le rende reali oltre il reale. La percezione del proprio corpo che non si percepisce più, sconfina nel corpo ricordato o osservato delle donne. Dalla penombra della stanza, dal confine immobile del letto, fondato oltre la fede nella realtà delle cose, impera l’erotico svelato nella sua essenza visiva e immaginale.
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(bibliografia:
J. Bousquet: Il quaderno nero - Tradotto dal silenzio - Il Silenzio Impossibile - La conoscenza della sera;
A. Carotenuto, I sotterranei dell’anima. Tra i mostri della follia e gli dèi della creazione;
A. Marchetti, La luce della carne  in J. Bousquet, Il quaderno nero;
 R. M. Rilke, Ottava Elegia, in Poesie, Einaudi)

I have been lucky, that my condition has progressed more slowly than is often the case, Stephen Hawking said. File Photo
...per me Stephen Hawking, anche oggi settentenne, è  un 'mito' di vera, autentica bellezza:
è genio, è arte, è musica...
è colui che non si risparmia,
che mostra il suo bambino magico con gli occhi colmi di autentica poesia...



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