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lunedì 16 luglio 2012

con Danilo Volponi...da Dante a ...


    Prologo  (dall' Inferno di Dante Alighieri)

    Nel mezzo del cammin di nostra vita
    mi ritrovai in una selva oscura,
    ché la diritta via
    era smarrita
    ...
    Per me si va nella città dolente
    per me si va nell'eterno dolore
    per me si va tra la perduta gente
    ...
    Lasciate ogni speranza
    o voi che entrate!

    la dea nut


    S'i' fosse foco, arderei 'l mondo
    s'i' fosse vento, lo tempesterei
    s'i' fosse acqua, i' l'annegherei
    s'i' fosse Dio mandereil'en profondo


    S'i' fosse papa, sare' allor giocondo
    tutt'i cristiani imbrigherei
    s'i' fosse imperator, sa' che farei ?
    a tutti mozzerei lo capo a tondo
    S'i' fosse morte, andarei da mio padre
    s'i' fosse vita, fuggirei da lui
    similimente faria da mi' madre
    S'i' fosse Cecco come sono e fui
    torrei le donne giovani e leggiadre
    e vecchie e laide lasserei altrui

    (Cecco Angiolieri)

    la legge dice: non mangiare la carne
    la lege dice: non uccidere l'uomo
    la legge dice: non camminare a quattro zampe
    la legge dice: chi non segue la legge deve essere punito
    e ritornerà nella casa del dolore
    questo dice la legge


    «We are the hollow men/We are the stuffed men/Leaning together/Headpiece filled with straw…»
    «Siamo gli uomini vuoti/Siamo gli uomini impagliati/Che appoggiano l’un l’altro/La testa piena di paglia…» The Hollow Men (T.S. Eliot) Gli uomini vuoti vivono in deserto, una terra morta, arida come loro sia psicologicamente che religiosamente a causa della mancanza di acqua. Qui hanno costruito immagini di pietra che in realtà sono solo falsi idoli che ricevono The supplication of a dead man's hand Under the twinkle of a fading star ("la supplica della mano di un uomo morto sotto il bagliore di una stella che svanisce"). Poi si svegliano soli, come in Cuore di Tenebra: "We live, as we dream - alone" ("viviamo come sogniamo, soli"). Non potendo far altro che innalzare preghiere a quella pietra infranta sottolineando la mancanza di comunicazione empatica e condivisione dei sentimenti. Nella valle vuota di stelle morenti, una mascella rotta di un regno passato, non ci sono anime, né di conseguenza occhi, essi brancolano insieme senza parlare, ammassati sulla riva di un tumido fiume che potrebbe essere sia l'Acheronte o il fiume Congo altrettanto infernale “un fiume grandissimo che appariva sulla carta come un immenso serpente con la testa nel mare, mentre il corpo in riposo formava un’ampia curva su una vasta regione e la coda si perdeva nella profondità della terra” (da Cuore di tenebra, di Joseph Conrad). Non torneranno ad essere anime a meno di una speranza miracolosa come la Rosa di molte foglie del Paradiso che appare vana. Gli uomini vuoti si trovano bloccati in questa situazione di inerzia e paralisi, di debolezza della volontà, incapaci di affrontare il salto esistenziale di Kierkegaard.« Between the idea /And the reality /Between the motion /And the act/ Falls the Shadow[("Fra l'idea / E la realtà / Fra il movimento / E l'atto / Scende l'Ombra")» e l'ombra richiama ancora un discorso di Bruto nel Julius Caesar dell'atto II:« Between the acting of a dreadful thing/And the first motion, all the interm is/Like a phantasma, or hideous dream:/The genius and the mortal instruments/Are then in council; and the state of men,/Like to a little kingdom, suffers then/The nature of an insurrection. » L'ombra rappresenta una life-in-death (vita nella morte) che ha avuto la possibilità di riconoscere la differenza tra salvezza e dannazione, ma ha rigettato questa possibilità e scelto di non scegliere tra le due, e vivrà per sempre in un Limbo. Irrompe così una voce esterna che dice Perché Tuo è il Regno Perché Tuo è La vita è Perché Tuo è il..., ma il mondo non finisce con un'esplosione, bensì in un gemito (Così il mondo finisce / Così il mondo finisce / Così il mondo finisce / Non con uno schianto ma con un lamento).(Fonte: Wikipedia)

    All'ombra de' cipressi
    e dentro l'urne
    confortate di pianto

    è
    forse
     il sonno della morte
     men duro?

    Ove più il Sole per me alla terra non fecondi questa
    bella d'erbe famiglia e d'animali,
    e quando vaghe di lusinghe innanzi
    a me non danzeran l'ore future,
    nè da te, dolce amico, udrò più il verso
    e la mesta armonia che lo governa,
    nè più nel cor mi parlerà lo spirto
    delle vergini Muse e dell'amore,
    unico spirto a mia vita raminga,
    qual fia ristoro a' di perduti un sasso
    che si distingua le mie dalle infinite
    ossa che in terra e in mare semina morte?
    Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
    ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve
    tutte cose l'obblio nella sua notte;
    e una forza operosa le affatica

    di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
    e l'estreme sembianze e le reliquie
    della terra e del ciel traveste il tempo.
    Ma perchè pria del tempo a sè mortale
    invidierà l'illusion che spento
    pur lo sofferma al limitar di Dite?
    Non vive più ei forse anche sotterra, quando
    gli sarà muta l'armonia del giorno,
    se può destarla con soavi cure
    nella mente de' suoi? Celeste è questa
    corrispondenza d' amorosi sensi,
    celeste dote è negli umani; e spesso
    per lei si vive con l'amico estinto
    e l'estinto con noi, se pia la terra
    che lo raccolse infante e lo nutriva,
    nel suo grembo materno ultimo asilo
    porgendo, sacre le reliquie renda
    dall'insultar de' nembi e dal profano
    piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
    e di fiori odorata amica

    (Ugo Foscolo)



    "Penso ai pescatori della Pescara che partono con le belle paranze dipinte, prima dell’alba, nel vento di maestro, e hanno il gusto del sale in bocca.
    Una rondine grida disperatamente sopra un’armonia cupa di cannone e di campana. E’ verso sera.Il mio carnefice notturno è dietro la porta.
    Come può la pioggia di marzo avere questo suono argentino, questo clangore che brilla?
    Slegatemi i piedi !
    Come può la pioggia di marzo aver rapito gli spiriti del tripudio alla baccante che dorme?
    Slegatemi i piedi !
    Per i capelli, per i lunghi lunghi capelli afferrerò la pioggia di marzo sonatrice di cròtalo.
    Ecco che la grazia della mia giovinezza  entra, senza toccare il pavimento, sollevando piano piano l'arcobaleno -E' la mia magìa, questa? Davvero dunque la malattia è d'essenza magica?

    Tutto è presente.  Il passato è presente.  Il futuro è presente. Questa è la mia magìa.  Nel dolore e nelle tenebre,
    invece di diventare più vecchio Io divento sempre più giovane,sempre più giovane!
    E’ la magia! E’ la magia che mi tinge gli occhi, che mi scava le guance, che fa bianchi i denti e rosse le labbra.
    E’ la magia di ieri o di oggi Eco di antichi e di futuri tempi?
    L’occhio è il punto magico in cui si mescolano l’anima e i corpi, i tempi e l’eternità.
    Che debbo terminare, che debbo incominciare? Scopro nelle cose una qualità fisica nuova,
    sento in tutto quel che tocco, in tutto quel che odo, una novità mirabile.
    La carne, la pelle, la carne vibra, vibra Come una brezza vibra. Quali nomi darò alle costellazioni che tremano nelle lontananze del mio dolore?
    La parola che scrivo nel buio ecco… ecco… Perde la sua lettera e il suo senso è…
    musica!”  (dal Notturno di Gabriele D'Annunzio)


    ...dal Faust di C. Marlowe

     

    LUSSURIA (lust) La radice della parola lussuria coincide con quella della parola lusso – che indica una esagerazione – e quella della parola lussazione – che significa deformazione o divisione. Appare quindi chiaro il significato di lussuria, che designa qualche cosa di esagerato e di parziale. Il lussurioso è portato a concentrarsi solo su alcuni aspetti, (il corpo o una parte di questo) che diventano il polo dell’attrazione erotica; tutto il resto è escluso, l’interezza è negata. Il corpo viene oggettivato e la persona spersonalizzata: le vesti, gli accessori, i gesti, la musica, le luci arrivano ad assumere un’importanza fondamentale poiché devono supplire alla mancanza di un altro tipo di seduzione che scaturisce da un’intesa psicologica e affettiva, oltre che fisica. La lussuria nelle religioni In molte confessioni religiose la lussuria è considerata un peccato, in quanto menomazione della volontà individuale e discernimento del bene e del male più che, come si ritiene comunemente, un “male in sé”, inteso come atto in sé riprovevole. Per altre religioni, invece, la lussuria non rappresenta un male. Secondo le elaborazioni dottrinali della teologia morale del Cattolicesimo, la lussuria è causa di svariati effetti come: - turbamento della ragione e della volontà – accecamento della mente – incostanza - egoistico amore di sé – incapacità di controllare le proprie passioni e i propri desideri.
    GOLA: golosità consiste nel godere appieno dei sapori, non per forza nell’abusarne!
    ACCIDIA: Pigrizia, ozio, poca voglia di fare, apatia…
    AVARIZIA: (dal latino “avarum”, stessa etimologia di “avidus”) è sempre stata argomento di grande interesse di scrittori e poeti, diventando oggetto di scherno e di satira. Ebbe una condanna addirittura metafisica: “Facilius est camelum intrare per acus forarem quam divitem in regnum coelorum” (E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli). Questo pensiero è stato tramandato fino ai nostri giorni: gli avidi sono considerati egoisti, perché usano il prossimo a proprio vantaggio. Non sono solo i ricchi ad amare esageratamente la ricchezza, ma anche la gente povera. Il denaro per queste persone assume un valore fine a se stesso e porta l’avaro a condurre una vita priva di piaceri concreti, dove l’unico obiettivo è accumulare. “Avaro in nostra lingua è ancora colui che per rapina desidera di avere, misero chiamiamo noi quello che si astiene troppo di usare il suo” (N. Machiavelli)
    INVIDIA: L’iconografia tradizionale presenta l’invidia nell’immagine di una donna vecchia, misera, zoppa e gobba, intenta a strapparsi dei serpenti dai capelli per gettarli contro gli altri.
    IRA: una passione che fa perdere il controllo.  “Se siamo irritati senza motivo, lo siamo sempre perché il motivo è nascosto in noi e ci è molto scomodo scoprirlo.” (Paul Bourget) Ciascuno di noi si identifica solitamente con la parte educata e razionale di sè e rifiuta di riconoscere come propria la parte passionale, della cui attivazione è responsabile l’altro. É sempre qualcuno o qualcosa che ci ha fatto arrabbiare… In realtà, la rabbia è una passione che fa parte di noi .Potremmo definirla come un moto impetuoso dell’anima, un violento bisogno di reazione contro ciò che contrasta con le proprie attese e desideri, contro sofferenze e contrarietà fisiche o morali. Si scatena allora una forte emozione che mobilita le forze allo scopo di vincere le suddette difficoltà e talvolta anche di vendicarsene. Per cui, ad esempio, se si è ricevuto un torto o una umiliazione da qualcuno, l’ira fa insorgere un desiderio violento di controbattere quel tale e di ritorcere su di lui il torto o l’accusa subiti.
    ORGOGLIO o SUPERBIA: La superbia affonda le sue radici nel profondo dell’uomo, che è sempre teso alla ricerca e all’affermazione della sua identità. Il bisogno di riconoscimento nell’essere umano è fortissimo: forte al pari di altri bisogni più esistenziali … Di solito la persona superba si conosce poco; é talmente infatuata di se stessa che ogni tentativo di renderla più consapevole si rivela inutile. Non vuole intendere ragione, non tollera alcuna contraddizione e gli piace la compagnia degli adulatori. Nella dottrina morale cattolica, i vizi capitali sono desideri non ordinati verso il Bene Sommo, cioè Dio, dai quali tutti i peccati traggono origine. Secondo la Chiesa i vizi diventano malattie dello spirito. Il peggiore dei sette peccati è la superbia, poiché con questo sentimento si tenderebbe a mettersi sullo stesso livello di Dio, considerarlo quindi inferiore a come dovrebbe essere considerato. Infatti è proprio la superbia il peccato di cui si sono macchiati Lucifero, Adamo ed Eva. Il Vangelo è la rivelazione della misericordia di Dio verso i peccatori. L’angelo lo annuncia a Giuseppe: «Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

    Prima di entrare con Dante nella ‘selva oscura’, simbolo di perdizione, e quindi nell’oltretomba,occorre uno schema orientativo dell’itinerario da seguire per rendere l’idea di come il Poeta abbia articolato il suo inferno, che è concepito in forma d’imbuto suddiviso in nove cerchi decrescenti. Potrebbe tornare sempre utile al momento di presentarsi a Minosse: conoscere già la strada è sempre un vantaggio e poi fa pure buona impressione...Per la cronaca, la voragine a forma di cono rovesciato si era formata quando Lucifero, cacciato dal paradiso, era stato precipitato al centro del globo. Il materiale di scavo era stato poi spinto dalla parte opposta della Terra allora conosciuta a formare la montagna del purgatorio. Dalla ‘porta del non ritorno’, piazzata sotto Gerusalemme – per quanto non risulta che nessuno l’abbia mai vista - si entra nell’antinferno, dove si trovano gl’ignavi. Bisogna poi passare il fiume Acheronte, grazie al famoso traghettatore Caronte, per scendere al primo cerchio, dove c’è il Limbo, asilo destinato agl’infanti, agli ‘spiriti magni’ ed a quelli che non ne sapevano niente del battesimo. Dopo il giudizio caudale di Minosse, si scende progressivamente dal secondo al quinto cerchio: lì troviamo i lussuriosi, i golosi, gli avari con i prodighi, e gli iracondi con gli accidiosi. Per entrare nel sesto cerchio, dove stanno gli eretici e gli epicurei, è necessario passare lo Stige, fiume debitamente inquinato di merda proveniente dalle latrine terrestri come quelli di casa nostra, per mezzo del barcaiolo Flegiàs ed entrare, attraverso la porta delle mura di ferro, nella città di Dite. Dopo un ‘burrato’ ecco il fiume di sangue bollente Flegetonte, sulle cui rive imperversano i Centauri, ed il settimo cerchio che ospita i violenti suddivisi in tre gironi. Violenti contro il prossimo: assassini e tiranni; contro sé stessi: suicidi e scialacquatori; contro Dio: bestemmiatori, sodomiti e usurai. C’è poi una ‘ripa discoscesa’ che porta, grazie all’elicotterista Gerione, nell’ottavo cerchio, destinato ai frodolenti contro chi non si fida, che si divide in dieci ‘malebolge’ rispettivamente occupate dai: 1- seduttori, 2- adulatori, 3- simoniaci, 4- indovini, 5- barattieri, 6- ipocriti, 7- ladri, 8- mali consiglieri, 9- seminatori di discordie, 10- falsificatori. Successivamente si trova il ‘pozzo dei giganti’ e quindi il nono cerchio per i frodolenti contro chi si fida, immersi nel Cocìto gelato (ultimo dei fiumi infernali), a sua volta suddiviso in quattro zone: 1- Caìna: traditori dei parenti, 2- Antenòra: traditori della patria e della parte politica, 3- Tolomèa: traditori degli amici e dei commensali, 4- Giudecca: traditori dei benefattori. Per la discesa in questo ‘pozzo’, funge da cortese ascensorista il gigante Antèo. Non ci resta infine che conoscere, al centro della terra, il padrone di casa Lucifero che, da buon direttore di galera, provvede a tenere tutti gl’inquilini del suo settore al fresco facendosi nel contempo uno spuntino permanente dei traditori dell’autorità religiosa e politica.
    La gola è uno dei vizi capitali più connaturato all'essere umano, infatti riguarda in maniera diretta la sua parte fisica. Ciò rappresenta l'aspetto più facilmente percettibile ma, come vedremo in seguito, non si può trascurare la sua radice spirituale. Purtroppo il comune modo di pensare non attribuisce molta importanza a questa scoria, tuttavia è nostro dovere non lasciarci ingannare. Ciascun germe che possa intaccare la buona salute dell'anima và analizzato, e ricercata l'opposta virtù che sia in grado di neutralizzarlo. È pur vero che esaminandoci attraverso l'utilissimo "esame di coscienza" cogliamo con più immediatezza le pecche più gravi e traumatiche. Ma se non badassimo alle più lievi, concederemmo loro una pericolosa incubazione nella quale possono aumentare la loro carica dannosa ed esplodere con una inaspettata purulenza. Il maligno è pronto a sfruttare ogni breccia che gli offriamo (sia essa minima o ampia) per conquistare il nostro cuore e farci cadere nella disperazione.
    Vegliamo, dunque, anche sulle sfumature dei nostri pensieri, affinché il nemico non ci colga di sorpresa.
    Commenti in merito alla gola li troviamo innanzitutto nelle Sacre Scritture. Dell’Antico Testamento ricordiamo Esaù, che per un piatto di lenticchie perdette la sua primogenitura (Gn 25, 19-34); Oloferne invece morì a causa dell'ubriachezza, ucciso da Giuditta (Gdt 12, 20 e segg.).Naturalmente è Gesù, nel Nuovo Testamento, che ci dà l'insegnamento maggiore su come si debba condurre la propria vita. Egli ci raccomanda la libertà interiore per quanto riguarda i bisogni, anche legittimi, del corpo. Le preoccupazioni materiali ci discostano dal concetto di fede e di abbandono dei figli al Padre (Mt 6, 25-33). Occorre vigilare per evitare che ci si appesantisca nell'ubriachezza, nella stanchezza e nella sonnolenza (Lc 21, 34). In questa luce, la lotta al vizio della gola è perfettamente inquadrata nel combattimento spirituale.San Paolo si rivolse ai cristiani che venivano dal paganesimo (come la comunità di Corinto e di Roma); qui, spesso, il mangiare e il bere erano finalizzati al solo godimento. Si pensi che alcuni ricchi romani, dopo banchetti interminabili, si procuravano il vomito con delle piume d'uccello per poter ricominciare a mangiare. A queste persone egli scrive parole di condanna, affermando che gli ubriaconi non erediteranno il Regno dei Cieli (1 Cor 6, 10-12). Nella lettera ai Filippesi (3, 19) l’Apostolo delle genti và alla sorgente del vizio della gola scrivendo che ci sono persone «che hanno per dio il loro ventre».
    Ogni essere alla deriva ha il proprio dio (la carica, il denaro, le donne...); ci sono molti che vivono per mangiare anziché mangiare per vivere, e la loro pancia è il loro piccolo dio.Ecco rivelato il legame tra la gola e la ribellione prima; la superbia si dimostra nuovamente quale fonte di tutti i nostri mali.
    Nella vita di tutti i giorni abbiamo spesso sentito la frase: "Siamo ciò che mangiamo". Niente di più falso, naturalmente giacché la nostra vera sostanza è ben altra, ma con questa il mondo ci esprime quali siano i suoi disvalori. Peter Bruegel il vecchio, Il paese della Cuccagna, 1567, Alte Pinakothek, MonacoPensiamo ai gravi disturbi dell'alimentazione come la bulimia o l'anoressia, patologie la cui diffusione è sempre maggiore soprattutto tra i giovani. Un rapporto così disordinato nei confronti del cibo, è causato da una completa assenza di riferimenti sani sui quali impostare la propria vita. La prevalenza dell'apparire sull'essere fa sbilanciare queste persone in un abbandono totale al mondo dell'effimero. Vengono lusingate dalla moda e dai "must" che, per avere successo, le inebriano fino a condurle al collasso; satana usa le sue prede e poi le getta (è un consumista).
    Troviamo degli spunti interessanti anche tra gli scritti dei Padri della Chiesa, i quali annotano una stretta relazione tra la gola e la lussuria. Questi due tipi di appetito vanno di pari passo, ma vedremo nello specifico i loro legami nel prossimo approfondimento dedicato alla lussuria.
    Giovanni Cassiano (ca. 360-435) distingue varie manifestazioni del vizio della gola, segnalando che c'è chi eccede nella quantità e chi invece nella ricerca della qualità dei cibi. Vi è il goloso che ha sempre fame, consuma pasti abbondanti e, terminati questi, si tiene in esercizio "mangiucchiando" di continuo. Ma vi è anche chi non necessariamente mangia molto ma è sempre alla ricerca di cibi delicati e fini. Essi dedicano tempo a preparare o a prepararsi piatti raffinati e ben curati, i soli che siano adatti alle loro esigenze e ai loro gusti.
    Il cibo per l'uomo saggio deve essere frutto della semplicità; non si dovrebbe cercare né la qualità né la quantità, sarebbe consigliabile alzarsi da tavola non completamente sazi ed infine, cosa molto importante, conviene situare la moderazione della gola in un atteggiamento di carità: dice Cassiano che la sobrietà ci induce a pensare che tante persone hanno fame e non possono sfamarsi. La nostra vittoria sulla gola sarà più completa se faremo prevalere l'amore sull'egoismo. Rieccoci giunti alla gola spirituale prima accennata. Essa inficia il nostro rapporto con Dio perché ci induce ad amarlo non per contraccambiare la sua bontà, ma perché Egli dà qualcosa che desideriamo, di cui siamo avidi. L'ambizione di poter gustare i doni che il Signore ci concede, la bramosia di poter essere i protagonisti di eventi non comuni e soprannaturali, sono aspetti della smania di possesso e di godimento tipici della gola. Se dunque è pericolosa la gola sul piano fisico, in una società come quella di oggi opulenta, sazia e indifferente a chi ha fame, capace di distruggersi con l'alcool, con la droga, con i piaceri della tavola; per coloro che vogliono seguire il Cristo, non è meno pericoloso il vizio della gola spirituale. Troppi perseguono la via dello straordinario, rifiutando la via del nascondimento e dell'umiltà. Impariamo a condurre una vita all'insegna della parsimonia e della temperanza (che è una delle quattro virtù cardinali) e, soprattutto, dedichiamoci all'analisi di noi stessi al fine di debellare il vizio della gola spirituale, perché la ricerca di emozioni e sensazioni ci distoglie dall'Essenziale. Una nota particolare merita il digiuno. Esso è un atto di sacrificio di noi stessi volto a ristabilire il dominio dello spirito sul corpo. E' innanzitutto una "prova di forza" che il cristiano deve sperimentare per riaffermare la padronanza di Sé. Il digiuno deve essere primariamente l'astenersi dalla colpa e poi da tutto ciò che ci alletta (sia il gusto che gli altri sensi). Quando è dedicato a Dio perché soccorra un fratello bisognoso, unito alla preghiera rappresenta la più profonda forza spirituale che esista. Il Padre non rimane certo indifferente alla nostra rinuncia e non manca di potenziarla affinché sia un gran dono d'amore verso il prossimo, per la Gloria del Signore. Il digiuno ha anche una particolare valenza nella lotta contro le entità negative (la cui presenza in questo mondo è purtroppo copiosa). Gesù, infatti, ci ha detto «...Questa razza di demoni si scaccia se non con la preghiera e il digiuno». (Mt 17, 21). 
    Ecco una poesia scritta da Giovanni Della Casa, l'autore del celebre Galateo:
INVOCAZIONE AL PADRE CELESTE
Dopo sì lungo error, dopo le tante
Sì; gravi offese, ond'ogn'or hai sofferto
L'antico fallo e l'empio mio demerto,
colla pietà delle tue luci sante
Mira, Padre Celeste, omai con quante
Lacrime a Te devoto mi converto,
E spira al viver mio, breve ed incerto
Grazia, ch'al buon cammin volga le piante.
Mostra gl'affanni, il sangue e i sudor sparsi
(Or volgon gl'anni) e l'aspro tuo dolore
A' miei pensieri, ad altro oggetti avvezzi.
Raffredda, Signor mio, quel foco, ond'arsi
Col mondo, e consumai la vita e l'ore,
Tu, che contrito cor giammai non sprezzi.

.
[ Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l'arte e la vita. ]
Gian Maria Volontè
ditemi   voi che non so chi siete    dov’è   finito
l’uomo
lo cerco da un tempo che non conto
cinque  dieci anni o centinaia di millenni
cerco dov’è
chiedo se è rinchiuso
qui dentro il tempo   il vostro tempo come uno specchio rotto
oltre il viaggio  di là da un fiume di silenzio
in una densità di questo precipizio sotto le nuvole fatto di ali e voli
in qualche assurda gabbia...
(Fernanda Ferraresso)

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