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mercoledì 5 dicembre 2012

Tomorrow in the battle think on me...

"Tomorrow in the battle think on me,
And fall thy edgeless sword. Despair, and die!"
( King Richard III - W. Shakespeare)


"C'è un verbo inglese, to haunt, c'è un verbo francese, hanter, molto imparentati e piuttosto intraducibili, che denotano ciò che i fantasmi fanno con i luoghi e con le persone che frequentano o spiano o rivisitano; inoltre, secondo il contesto, il primo può significare incantare, nel senso feerico della parola, nel senso di incantamento, l'etimologia è incerta, ma a quel che sembra entrambi provengono da altri verbi dell'anglosassone e del francese antico che significavano dimorare, abitare, sistemarsi permanentemente (i dizionari sono sempre divertenti, come le carte geografiche). Forse il legame poteva limitarsi a questo, a una specie di incantamento o haunting, che a ben vedere non è altro che la condanna del ricordo, del fatto che gli eventi e le persone ritornino e appaiano indefinitamente e non cessino del tutto né passino del tutto né ci abbandonino mai del tutto, e a partire da un certo momento dimorino o abitino nella nostra testa, da svegli o in sogno, si stabiliscano lì in mancanza di luoghi più confortevoli, dibattendosi contro la propria dissoluzione e volendo incarnarsi nell'unica cosa che rimane loro per conservare il vigore e la frequentazione, la ripetizione o il riverbero infinito di ciò che una volta fecero o di ciò che ebbe luogo un giorno: infinito, ma ogni volta più stanco e tenue. Io mi ero trasformato in quel filo....Ho raccontato. E raccontando non ho provato la sensazione di uscire dal mio incantamento da cui non sono ancora uscito e forse non uscirò mai, rei di cominciare a mescolarlo con un altro meno tenace e più benevolo. Colui che racconta di solito sa spiegare bene le cose e si sa spiegare, raccontare è come convincere o farsi capire o far vedere e così tutto può essere compreso, anche le cose più infami; tutto perdonato quando c'è qualcosa da perdonare, tutto tralasciato assimilato e anche compatito, questo è avvenuto e bisogna conviverci quando sappiamo che è stato, trovargli un posto nella nostra coscienza e nella nostra memoria che non ci impedisca di continuare a vivere perché è accaduto e perché lo sappiamo. L'accaduto è perciò sempre molto meno grave dei timori e delle ipotesi, delle congetture e delle supposizioni e dei brutti sogni, che la realtà non introduciamo nella nostra conoscenza ma che mettiamo da parte dopo averli sofferti o dopo averli considerati momentaneamente e perciò continuano a suscitare orrore a differenza degli eventi, che diventano più lievi per la loro stessa natura, cioè, appunto perché sono dei fatti: dato che ciò è successo e lo so ed è irreversibile, ci diciamo rispetto a quelli, devo spiegarmelo e farlo mio o fare sì che me lo spieghi qualcuno, e la cosa migliore sarebbe che me lo raccontasse esattamente chi si è incaricato di farlo, perché è lui che sa. Ma se si racconta si può perfino entrare nelle grazie, questo è il pericolo. La forza della rappresentazione, immagino: per questo ci sono accusati, per questo ci sono nemici che si assassinano o si giustiziano o si linciano senza lasciarli dire una sola parola - per questo ci sono amici che si mandano in esilio e si dice: «Non ti conosco», o non si risponde alle loro lettere -, affinché non si spieghino e possano all'improvviso entrare nelle grazie, quando parlano mi calunniano ed è meglio che non parlino, anche se nel tacere non mi difendono."
 Mañana en la batalla piensa en mí, quando fui mortal, y caiga herrumbrosa tu lanza. - Shakespeare nei romanzi di Javier Marìas ...queste sono le parole che il re Riccardo III sente echeggiare nella sua mente mentre sta cercando di dormire la notte prima della battaglia di Bosworth, ma il suo sogno sarà tormentato da terribili incubi. Per diventare re, Riccardo si rende protagonista di una vera e propria carneficina, in quanto dopo la morte di Enrico IV, arde di desiderio per indossare la corona d’Inghilterra, pur non essendo il primo erede al trono in linea di successione. Per questo mette in atto una serie di piani attraverso i quali farà uccidere tutti i possibili pretendenti al trono e tutti coloro che potrebbero opporsi al suo regno. Il risultato di questa sua politica sarà che otterrà, sì, la tanto desiderata corona, ma si troverà isolato in quanto ha assassinato tutti quelli che gli stavano attorno suscitando l’odio e la volontà di vendetta da parte di Enrico Tudor, Conte di Richmond, che torna dal suo esilio in Francia con un esercito che sconfiggerà quello di Riccardo e lo ucciderà nella battaglia di Bosworth. La notte prima di questa battaglia, a Riccardo appaiono nel sonno gli spettri di tutte le sue vittime che gli fanno affiorare terribili sensi di colpa e una gran paura di morire. Tra questi spettri, è quello di sua moglie Anna Bolena quello che pronuncia la citazione che da il titolo al romanzo di Marìas (dove Shakespeare va considerato quale alta cassa di risonanza di grandi temi quali: il potere, la guerra e la parola).
GHOST. ( to Richard)
Richard thy wife, that wretched Anne thy wife,
That never slept a quiet hour with thee,
Now fills thy sleep with perturbations.
Tomorrow in the battle think on me,
And fall thy edgeless sword; despair, and die!
[King Richard III V.iii 160-165]
E' un romanzo dalla struttura circolare, in cui gli episodi sono legati da un rapporto causa – effetto, che mette in relazione il presente, che scatena l’osservazione, e il passato che è i l s oggetto dell’osservazione.  Passato e presente sono sempre in relazione in quanto un accadimento nel presente è la causa di un racconto di un episodio appartenente al passato.  La battaglia shakespeariana funziona da eco, non solo della battaglia interiore di alcuni personaggi, ma anche di altre battaglie fisiche.  Alla tragicità di un re shakespeariano, ormai solo nella notte prima della battaglia decisiva e che sente avvicinarsi la sua fine, viene contrapposta la figura di un regnante moderno, quello spagnolo la cui unica preoccupazione è quella di crearsi un’immagine con la quale venir ricordato dopo la sua morte. Considerando il livello della narrazione ed il suo il rapporto con la storia, notiamo che il narratore non si eclissa mai completamente dalla narrazione. Vuole raccontare tutto lui e lascia spazio agli altri personaggi solo quando si rende indispensabile, ossia nel racconto di un fatto personale appartenente ad un altro personaggio e quando la narrazione di un episodio che lui non ha vissuto va fatto al presente. Infine, la posizione del narratore rispetto alla storia che racconta, dipende dai motivi che lo spingono a raccontare (e raccontando si può falsare la realtà perché è il narratore che decide se omettere o meno alcuni fatti): la realtà dipende dal suo narratore, è lui che la crea attraverso quello che decide di dire e di non dire.  Nei vari passaggi viene inoltre messo in luce il vincolo familiare che comporta in ogni caso una responsabilità, e che è inutile cercare di spezzarlo perché è indissolubile. Nemmeno Riccardo III ci riesce, pur facendo uccidere molti componenti della sua famiglia, il vincolo si manifesta sotto forma di senso di colpa, perché in fondo, quelli che ha mandato a morte, sono i suoi parenti. Marias in questo suo romanzo mette sullo stesso piano i tre stati d’animo, quello del pilota d’aereo che si vede in trappola, essendo entrato nel mirino del nemico e che, paralizzato dalla paura, non cerca nemmeno l’ultima mossa azzardata per mettere in salvo la vita, lo stato di panico in cui versa Marta che sta molto male (tanto da morire) e pure non chiede nessun tipo di soccorso esterno perché così rischierebbe di svelare la sua colpevolezza, il suo tradimento, quindi resta come paralizzata dagli eventi, nel letto. Infine la riflessione si chiude nuovamente con le parole di Riccardo III e della situazione di colpa terribile in cui versa durante tutta la notte in cui si sente abbandonato, in cui sente venir meno la sua onnipotenza. E qui è il senso di colpa del soggetto narrante (che non può raccontare a nessuno l'accaduto)  il cui animo è pesante, come quello di Riccardo che si ritrova da solo e in preda al panico.  Riccardo ha scalato tutti i gradini per arrivare alla corona ogni gradino, ogni passo verso l’alto è contrassegnato dal delitto, dall’inganno e dal tradimento... Ogni passo verso l’alto avvicina al trono oppure lo consolida... Dopo l’ultimo scalino c’è solo il salto nel vuoto.”  Anche  Victor sente di essere davanti allo stesso vuoto, ma non perché abbia commesso un delitto, lui è rimasto immobile, impotente davanti a una donna (la sua 'non ancora amante' che muore al loro primo incontro) che aveva bisogno del suo aiuto ma non aveva il coraggio di chiederlo. Lui è un antieroe contemporaneo che non agisce ma così facendo, non migliora la sua posizione, il non agire lo rende comunque colpevole perché in una situazione in cui il suo intervento poteva essere decisivo egli non prende l’iniziativa, e ricadono su di lui le colpe per non aver agito, che sono tanto angoscianti quanto quelle di Riccardo III che invece ha forzato l’azione. Il messaggio che in questo caso si può leggere tra le righe è che tra l’azione malvagia e l’inazione, da un certo punto di vista, non c’è una sostanziale differenza: Riccardo ha agito sin troppo, ha forzato le situazioni per raggiungere il suo obbiettivo, per questo motivo viene investito  dai sensi di colpa. Victor ha lasciato correre la sua di situazione, e per questo si è ritrovato una morta sulla coscienza. Entrambi i personaggi portano sulla coscienza il peso del loro comportamento. Non appena si viene a sapere che Marta non si sarebbe potuta salvare nemmeno con l’intervento di un medico, la colpevolezza del narratore, e il paralellismo con la colpevolezza di Riccardo III, non ha più motivo di sussistere. Per quanto riguarda invece il marito di Marta (Dean) la situazione è diversa; egli è responsabile di quello che accade attorno a lui, di tradimento (della moglie) e di tentato omicidio (per strangolamento dell'amante -per giunta rimasta incinta- e che attraversando di corsa, per scappare da lui, muore investita; per cui  è indirettamente responsabile della morte dell’amante) e,  per questa sua condizione di colpevolezza permanente, incarna il vero Riccardo del romanzo anche se  Riccardo alla fine muore, mentre Deán non sconterà nessuna pena per le sue malefatte se non quella di sopportare il peso che dovrà tenersi per sempre sulla coscienza. Questa è la pena del Riccardo della modernità. L'epoca moderna è caratterizzata dalla  mancanza di tragicità è anche sottolineata dall’ambientazione in una Madrid contemporanea che presenta ancora caratteristiche assunte con la Guerra Civile, ma che ormai sta cancellando il suo passato, che assomiglia sempre di più a una qualsiasi metropoli moderna e che appare senza storia, nè passato, nè identità, avvolta nella nebbia dell’oblio. L’epoca moderna è costituita dalla perdita di referenzialità tra parole e cose, è il mondo dell’incertezza e del dubbio in cui l’uomo moderno deve vivere e che deve accettare.  Persino i delitti compiuti a danno delle donne sono divenuti ormai talmente comuni al punto da creare indifferenza. L’indifferenza della società contemporanea che tende a cancellare il passato e sembra non essere più capace di soffrire se non per motivi egoistici.


LilithLilith è la preferita delle cinque mogli di Satana (*).
E’ la patrona delle donne forti ed è la Dea dei diritti delle donne.
Lilith rappresenta la liberazione sessuale ed il sesso per il piacere.
E’ l’esaltazione del divino femminile.
Lilith rappresenta anche il diritto all’aborto ed il controllo delle nascite.
E anche conosciuta perché aiuta le donne al parto.  Lilith non può essere evocata. Appare a coloro che Lei sceglie.



Ogni giorno abbiamo una battaglia personale da combattere.

In ogni istante c'è un agguato da tendere verso noi stessi.
Per una vita occorre ricapitolare la storia della vita stessa
se non vogliamo restare intrtappolati nelle maglie
dei nostri fantasmi. (levonah)



Adesso so che gli esseri umani sono creature di consapevolezza, coinvolte in un viaggio evolutivo di consapevolezza, esseri sconosciuti a sé stessi, pieni fino all'orlo di risorse incredibili che non vengono mai usate

L'arte degli stregoni in realtà non è quella di scegliere,
ma di essere abbastanza acuti per accettare.
Don Juan Matus, Tensegrità

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