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sabato 3 novembre 2012

IL MATTO...fuori dalla gabbia e dentro l'hic et nunc

Lo sai che in qualunque momento si può verificare un cambiamento di coscienza, lo sai che all'improvviso puoi cambiare la percezione che hai di te stesso? A volte si crede che agire significhi avere successo rispetto a qualcun altro. Errore! Se vuoi agire nel mondo, devi far esplodere la percezione dell'io che ti è stata imposta, appiccicata addosso fin dall'infanzia, e che si rifiuta di cambiare. Devi ampliare i tuoi limiti fino all'infinito, senza posa. Devi entrare in trance.
Lasciati possedere da uno spirito più forte del tuo, da un'energia impersonale. Non si tratta di perdere la Coscienza, ma di lasciar parlare la follia originale, sacra, che sta dentro di te.
Smetti di essere il testimone di te stesso, smettila di osservarti, sii attore allo stato puro, un'entità in azione. La tua memoria smetterà di registrare i fatti, le parole e i gesti che hai compiuto. Perderai la nozione del tempo. Fino a ora hai vissuto sull'isola della ragione, trascurando le altre forze vive, le altre energie. Il paesaggio si allarga. Unisciti all'oceano dell'inconscio.
Allora sperimenterai uno stato di supercoscienza in cui non esistono fallimenti né incidenti. Non hai una concezione dello spazio. Diventi spazio. Non hai una concezione del tempo: sei il fenomeno che arriva. In questo stato di presenza estrema, ogni gesto, ogni azione, sono perfetti. Non puoi sbagliarti, non esistono un piano nè un'intenzione. Esiste soltanto l'azione pura nell'eterno presente.
Non temere di liberare l'istinto, per quanto primitivo possa essere. Superare la razionalità non significa rinnegare la forza mentale: mantieniti aperto alla poesia dell'intuizione, ai fulgori della telepatia, a voci che non ti appartengono, a una parola che proviene da altre dimensioni. Vedi come si uniscono all'estensione infinita dei tuoi sentimenti, all'inesauribile forza creatrice che ti viene conferita dall'energia sessuale. Vivi il tuo corpo non tanto come un concetto del passato, quanto come la realtà soggettiva e vibrante del presente. Vedrai che il tuo corpo cesserà di sentirsi dominato da concetti razionali e si lascerà muovere da forze che appartengono ad altre dimensioni, dalla realà nella sua interezza. Un animale in gabbia compie movimenti che sono paragonabili alla percezione razionale. Il movimento di un animale libero, nella foresta, è paragonabile alla trance. L'anima in gabbia deve essere alimentato a ore fisse. Per agire la razionalità deve ricevere le parole. L'animale selvatico si nutre da solo e non sbaglia mai cibo. L'essere in trance non agisce mosso da quello che ha imparato, ma da quello che è.   (Tratto da "La Via dei tarocchi" di Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa)

(Psicomagia) video:

 
SE DELLA MIA VOCE Se della mia voce potessi liberarmi
per attorcigliare la tua gola alla mia
e solo usare quell'oceano
formato dalle tue parole che nettare sono
per la mia lingua di orfano di vedovo di straniero
Se smettere potessi d'essere assente
per trasformare la tua anima nella mia patria
lasciandoti sentire per una volta
l'impatto mortale del mio silenzio
In fondo altro non sono che il ricordo della tua voce
Ogni volta che mi rifiuti
finisci di partorirmi
(da Di ciò di cui non si può parlare, City Lights Italia, 1998)


"La poesia deve offrirsi a ciò di cui non si può parlare: l'oscurità, il silenzio metafisico".

DI CIO' DI CUI NON SI PUO PARLARE
Costretto a vivere ogni secondo come tornando
da un viaggio in cui non si è potuto trovare il tesoro,
di ritorno al presente, a casa, a mani vuote,
come se il fare fosse il da farsi,
come se trattenersi fosse smettere di essere
e l'unico modo di vivere fosse creare utopie,
Wittgenstein, Tractatus Logico-Philosophicus, disse:
"Ciò di cui non si può parlare, deve essere taciuto".
Ma precisamente di ciò di cui non si può parlare bisogna parlare,
affondare la lingua nell'invisibile convertendo in specchio le parole,
navigarci dentro sapendo che sono barche senz'equipaggio,
senz'altro interesse che l'enigma di chi o cosa le ha trasformate in fantasmi,
una presenza impalpabile ma densa che dobbiamo avvicinare con passi da cieco
in quest'universo dove tutto è approssimazione o miracolo di cera!

Con i passi d'un cieco che col bianco bastone fende l'ubiquo centro,
là dove palpita l'origine eterna che produce vita a fiotti.
Di lui nulla possiamo dire, ma proprio per questo nell'oscurità è la nostra guida.
Se accettiamo l'ignoranza essa diventa lume:
sotto l'apparente vacuità si nascondono i divini splendori.
Benché ora qui non resti altro che uno sguardo
qualche voce, qualche fugace bagliore, passi affrettati
che indugiano finché non sprofondano nella polvere
e orme di piedi, di zampe, lunghi solchi lasciati da vermi d'ombra
larve che piangono, reclamano, esigono carezze da chi è privo di mani,
avvolti nel vuoto come in una fitta cappa,
crisalidi di feltro che aspettano di mettere le ali,
di popolare finalmente gli spazi della nostra eterna assenza,
dall'interno, tirando calci alla torre,
scaraventando fuori l'anello dai suoi muri
affinché si apra come un fiore d'oro.
Nudi in mezzo alla notte aprire la bocca
inghiottire i lampi che il cielo ci manda.
Ripetere la parola arcobaleno fino a raggiungere l'estasi
rendendola ponte fra una lingua morta e un vuoto vivo
dove si trova il non incarnato futuro
che annuncia il fine d'ogni speranza:
il ronzio delle mosche diventa la voce di Dio.
Se quello che cerchiamo non è qui, non è da nessuna parte!

Colui che ha perso le parole anche d'amore deve parlare:
con l'indifferente occhio sommerso in un universo di carne
di pelle e di marmo, di ardenti chiome e onde fluviali,
di luminose labbra che nascondono spirali d'ombra,
nel centro del piacere che assassina gli dei
scavare come una bestia ferita fino a trovare l'anima.
Capire che l'Essere è qualcosa che si consuma,
un falò senza legna che fiamme lancia dal sogno.
(da Di ciò di cui non si può parlare, City Lights Italia, 1998)

VIAGGIO AL CENTRO DELLA FERITA Per quanto sepolto nelle tenebre della mente
percepisco un uccello di luce nei suoi profondi meandri
che lotta contro il rapace volo e m'incatena
alla legge della ragione. Intrappolato nell'angelico intelletto
non posso scontrarmi in quanto uomo con quello dell'uomo.
A mente sgombra allora, mai getterò alle ortiche
quest'urgenza salmastra di conoscere me stesso?
Dalla mia anima voglio solo ciò che è inferiore al cane,
lo sterile punto dove convergono gli ordini del mondo,
là dove sotto l'eterno cambiamento niente vive né permane,
tranquillo vegetando nel perfetto odio per la mia ombra.
Come assetato in abbondanti acque bramo l'assenza divina
esigendo che la causa dell'amore torni al permanente segreto,
che la sparizione dell'invisibile Essere Perfetto mi restituisca
la reale capacità di godere per le mie numerose ferite,
che il veleno del silenzio mi liberi dell'inumano futuro.
Ma quando penso "voglio" soffro e basta in realtà.
Oh compassionevoli padroni, allontanate da me il vero oggetto,
concedetemi quelli che falsi sono,
segrete piaghe che tra il corpo e l'anima scivolano,
passioni senza cura come serpenti senza fine
delle quali il cuore solo può essere responsabile!
Senza esser tormentati dalla verità o dalla bellezza
tagliare i lacci che all'amore redentore ci legano,
smettere di sentire, dire, fare, piangere, eliminare dagli occhi
la madre, da un trono indifferente guardarla agonizzare
come un glauco mollusco arenato sulla spiaggia,
affinchè cessi la febbrile santificazione del Sapere,
affinché la ferita sia solamente ferita
in una carne che d'essere necessità dell'anima rifiuta.
(da Di ciò di cui non si può parlare, City Lights Italia, 1998)

VIENI A ME Vieni a me come brezza senz'uscita
per nascere in ciò che dalla ferita scaturisce
là dove non è più possibile nidificare
Umile e silenziosa t'abbandoni al torrente
libera non ti dici ma sai sorridere quando non chiedi
perchè tutto hai perso tranne te stessa
Entrando nel piacere ombra su ombra
io della tua pelle vuota, tu dell'oblio della mia anima
come sopravvissuti di tutte le guerre
ogni carezza è un uccello miracoloso
ogni bacio un parto
ogni orgasmo un Eden nel nulla
(da Di ciò di cui non si può parlare, City Lights Italia, 1998)


La "conoscenza" è la materializzazione dello spirito. L' "alchimia" è la spiritualizzazione della materia. La "sapienza" è arrivare a essere ciò che in realtà si è: nulla.
La scienza dei quanti suggerisce l'esistenza di molti futuri possibili per ciascun momento della nostra vita. Ogni futuro esiste in uno stato di riposo finché non viene risvegliato dalle scelte fatte nel presente. Un manoscritto di duemila anni fa, compilato dal profeta Isaia, descrive queste possibilità con un linguaggio che stiamo cominciando ora a comprendere. Oltre a trasmetterci la sua visione del nostro tempo, Isaia ha descritto la scienza di come scegliamo quale futuro sperimentare.
OGNI VOLTA CHE LO FACCIAMO, SPERIMENTIAMO L'EFFETTO ISAIA.
 

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