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martedì 27 novembre 2012

Racconti di tango dal Mar de la Plata



"In milonga stai veramente bene solo nei momenti in cui sei dentro un abbraccio. Non si balla per amore della musica. Lo scopo è essere abbracciati, farsi abbracciare. L’attesa di un tango può essere mortificante, densa di angoscia, se non balli è come sentirsi morire, lentamente. Questo stato di prostrazione si attenua di gran lunga se sei arrivato con qualcuno, se dentro la milonga c’è qualcuno che consideri tuo complice, tuo compagno di viaggio. Questo vale sia per le donne che per gli uomini.
Ricordo quando incontrai per la prima volta la mia odalisca, la mia ossessione... Mi trovavo in milonga. C’era una donna seduta in disparte quasi non volesse farsi notare. Le palpebre abbassate sulle dite dei piedi dentro sandali eleganti, essenziali. Non potevo aspettare che alzasse gli occhi, volevo ballare, non c’era tempo per una mirada. Le sono andato incontro. – Balliamo?
Prima di alzarsi passò un secondo, pareva indugiasse. Mi squadrò da capo a piedi. Diffidente e distaccata come non vedesse l’ora di andarsene, tornare a casa.
Oltre al fatto di aver beccato i quattro peggiori tangos della serata, so di aver ballato male. In più di una volta non mi sono fatto capire, la mia marca era imprecisa, titubante, non c’era verso non riuscivo a ballare tranquillo. Credo che lei percepisse questa mia insicurezza. Fra un tango e l’altro non sono stato capace di rivolgerle una parola. Un sorriso stentato è stato tutto quello che ho messo in campo per rompere un po’ di ghiaccio.
Balliamo. Un abbraccio timoroso ed educato. Mi accosto appena, tanto da poter camminare. Mi stringe lei, sento il suo fianco sinistro premere sulle mie costole. Resto fulminato, una scarica, non posso difendermi, non voglio difendermi: colpito.
L’ho abbracciata come credo volesse. Poi con la scusa della marca, la mia mano destra ha timidamente esplorato la sua schiena. Sai per noi argentini la schiena è la parte più intima che la donna concede di se stessa in un tango. Il tessuto del suo vestito era leggerissimo, ideale per sentire il suo corpo senza toccarle la pelle.
Un miracolo, da non credere, sconvolto, la carne della sua schiena non era dura, come posso dire, muscolosa, ossuta e non era nemmeno tremula, pingue, incerta. Era una schiena con la consistenza giusta: soda e morbida allo stesso tempo, come una giuggiola morositas, delicatamente dinoccolata ad ogni cambio di direzione. Le dita della mia mano potevano plasmarsi su di essa. Stavo ballando 'La Cumparsita' abbracciato ad un’odalisca. Da svenimento, mai successo.
Mentre balliamo non smetto di sorprendermi. Si tratta di una sensazione potente, inedita. Qualcosa di lei, energia immateriale, mi sta invadendo. Assorbo tutto. Sono io a stringerla, sono io a subire il suo abbraccio. Ancora un cambio di musica, devo attendere almeno altri due brani per poterci ballare di nuovo. I violini di Di Sarli urlano, sembra escano dalle casse. Sto ballando. L’oppio è un’aspirina se paragonato a questo tango. Finisce. Impreco contro questi brani che durano appena tre minuti. Tre ore dovrebbero… La ringrazio. Fa altrettanto.
Stento a sentire la sua voce. Avevo dimenticato il suo odore, il suo profumo, la sua voce sommessa, non i suoi occhi.
Di lei mi si era stampata in qualche angolo dell’ippocampo l’immagine sinuosa e sobria della sua andatura, vista da dietro mentre quella sera si allontanava. Ben poco, abbastanza per non dimenticarla.
Le donne di tango, le seguidoras, oltre che a ballare in modo diverso, una dall’altra (non c’è ne sono due che si assomigliano) si suddividono in due distinte correnti di pensiero o meglio, due correnti posturali. In genere le donne, quando le abbracci, sistemano la loro tempia destra vicino alla tua, si appoggiano e aderiscono. I loro occhi, quando non sono chiusi, guardano esattamente in direzione opposta alla tua.
Poche donne invece – pochissime – si accostano all’abbraccio con il loro fianco sinistro. In questi casi il viso della mujer mantiene una buona parte di frontalità con quello dell’uomo. È raro, se funziona – gli odori devono essere in sintonia assoluta e la cervicale non deve interferire – la soddisfazione di ballare aumenta esponenzialmente. Non parlo di piacere, quello arriva verso la fine della tanda, al terzo, quarto brano, quando il trasporto della musica debella ogni ritrosia. Se prolunghi idealmente la tangente degli sguardi l’angolo che si forma è mas o meno a sessanta gradi. Non credo sia necessario ricorrere alla geometria euclidea ma è solo per far capire l’importanza e la meraviglia di ballare in questo modo. La mia odalisca è una di queste mujeres.
Avevo ballato con lei tre tanghi in tutto. Meno di nulla. Sentivo lo sbattere delle sue ciglia che in alcuni momenti si scontravano con le mie. Il fruscio impercettibile del suo respiro, tiepido. Il suo naso appena premuto sulla mia guancia. Insomma una semi-estasi gratuita, inaspettata e tantomeno immaginata.
La mi odalisca assomiglia ad una donna dell’ottocento dove buone maniere, comportamenti del corpo sempre misurati, piccoli gesti, espressione degli occhi appena tratteggiata, stordiscono chi le sta vicino. Se la musica aumenta, il suo corpo diventa sinuoso, sa muovere i fianchi abbozzando un movimento ritmato in sintonia con l’aria delle note. Con i tacchi è a suo agio, riesce come poche, a camminarci con naturalezza. È elegante, sobria e quando eccede con qualche vezzo, lo fa con gusto. Aborrisce ogni genere di sfarzo.
Ci sono persone speciali la cui presenza e vicinanza diventa immagine indelebile. Pongono su di noi la loro aura: un gradevole effluvio che ci circonda, che la nostra pelle assume per bisogno vitale, a nostra insaputa. Quando ce ne accorgiamo è troppo tardi. La natura ha fatto il suo corso. Questa specie di osmosi avviene indipendentemente da un possibile contatto fisico. Può succedere una, due, forse tre volte nel corso della vita. Altre condivisioni, esperienze seppur lunghe, durature e consolidate ma prive di questa speciale fusione, lasceranno solo sedimenti che l’oblio rimuove, cancella, rimettendo le cose a posto, senza apparenti traumi o spargimenti di “sangue”. E vuoi andare avanti a raccontare, come se volessi liberarti di un peso: il peso atomico di quell’aura di cui non ti puoi più disfare. Questo fardello che equivale ad una piuma di piombo si chiama: odalisca. Lei, questa dolce, riservata, sublime, portatrice di incanto, è una di quelle tre, esagero… quattro persone… di una vita…
L’ebrezza del primo tango, sentirle la schiena calda e accogliente, l’abbraccio con il suo corpo docile e ospitale ti hanno schiantato. Se non l’avrai, poco importa, da lei hai già avuto quello che la maggior parte di noi nemmeno si sogna di chiedere o di sperare.
“Fissare il suo sguardo sarebbe stato letale al mio animo: la causa sarebbe stata la mancanza di dialettica pura e immediata.” “Quantunque una vostra sospensione di sdegno per così poca propensione all’attesa, mi svincolasse dall’indugio morale, per accondiscendere al sentimento che stritola le deboli resistenze del mio rispetto, non posso che nuocere parlandovi di disperazione. Non posso che meschinamente adularvi, dicendo, che mi mancate. Ho perso la luce del vostro sguardo, ho perso il vostro battito. Ho mancato di inevitabilità. Ho peccato al solo pensarvi. Peggio di un mercante incolto e volgare, entusiasta del suo orgoglio….” La destinataria immaginaria è una donna profumata di suo e di altro, una musa, una ninfa, una sirena, una maga, una dea, una peccatrice, una donna piacevole e di piacere: non potendo esservi devoto, mi prostro, sperando in una quasi impossibile vostra comprensione.”(Hofmannsthal  è “facile” e fascinoso perché si entra nell’ottocento: l’onore, i veli soffici e trasparenti, l’assenzio, l’obbligo divino, l’esaltazione rivoluzionaria di un nobile morbosamente sposato prima all’alcol e poi al laudano. Un fedifrago.)
Erano passati mesi, eravamo alle soglie dell’inverno, l’inverno mite di Baires.
Era avvolta in un largo e caldo cappotto di lana. Nero di taglio elegante. L’ampio collo rialzato le lambiva tutto attorno i capelli. Splendida con la naturalezza di un’aristocratica, era stanca, esausta della serata. Il suo trucco morbido, minimale, pulito, era ancora intatto. La milonga era terminata da poco. Mille tanghi assieme. L’ho accompagnata appena fuori dalla soglia, per salutarla. Il solito bacio sulla guancia. Poi ancora un attimo. L’ho guardata: prima gli occhi, poi le labbra. Avrei voluto sfiorargliele, un bacio casto, un millesimo, prima di vederla andare via.
Ha percepito la mia intenzione. Subito i suoi occhi hanno cambiato espressione: si sono spaventati.
Ho capito e ho desistito, la mia testa è rimasta immobile a trenta centimetri da lei. Il mio corpo non ha fatto una piega nessuna mossa. Tutto è successo alla velocità della luce.
 Per rassicurarla le ho di nuovo augurato la buona notte.
Non l’ho nemmeno seguita con gli occhi mentre se ne stava andando alla macchina. Sono subito rientrato, faceva freddo e io non porto il cappotto. È stato tremendo.
Il suo profumo di fiori neri era discreto e invadente. Staccarsi da lei dopo un tango dava l’idea di una perdita. Qualcosa che ti era appartenuto per tre minuti, un astratto concetto di proprietà, tornava bruscamente ad essere una illusione. Un’ondata, prima infranta e poi dissolta dalla propria risacca. La ragione e le sue regole se ne erano andate da un pezzo. Una ricerca con poche speranze all’inseguimento della donna ideale.
Fra un brano e l’altro, prima di lasciarle la mano, le ho guardato le dita: sottili, morbide, curate. Si è subito accorta che le stavo fissando il palmo:
- Che c’è?
- Nulla, ti stavo guardando le mani. Sono quelle di una bambina.
- Mi sono fatta le unghie da sola. Per non mangiarle ho incollato quelle finte. Sono carine. Non trovi…?
- Pensai che lo erano e parecchio. Di colore naturale leggermente sbiancate, trasparenti, corte, tagliate appena oltre i polpastrelli. Molto signorili, di classe e buon gusto. Unghie artificiali che sembrano vere. Capite quello che intendo?
- No.
- Non fa niente. È la capacità di usare un artificio non facendolo apparire come tale. In una donna è una qualità molto rara. Ti dà l’idea, anzi la certezza di una persona che fa della grazia la sua regola di vita.
- E poi?
- Poi niente.
- Insisto… e poi?
- Poi abbiamo ballato. Alla fine della tanda si è staccata con lentezza dal mio abbraccio. Le ho guardato gli occhi. Erano smarriti, rilassati. Anziché tacere le ho parlato a sproposito…
- Forse.
- E lei?
- No… mi ero abbandonata.
- In quell’istante le ho letto nel pensiero.
- All’improvviso sei diventato telepatico?
- Vi dico che in quel momento ho visto cosa stava pensando.
- Cioè?
- Ha semplicemente pensato: – guarda questo cretino, non si è nemmeno accorto che mentre ballavamo mi ero abbandonata sulle sue spalle… Arido e deficiente come gli altri.
- Gli altri chi?
- È un modo di dire.
- Quindi?
- L’ho accompagnata per un breve tratto e quella sera non ho più ballato con lei.

Ogni donna balla in modo diverso. Tuttavia questa diversità, a prescindere dal livello tecnico di ognuna, nella maggior parte di esse tende ad assimilarsi.
L’odalisca invece si stacca nettamente dalle altre ed è sottinteso che l’esperienza di ballo con lei surclassa ogni paragone. Il suo modo di ballare è unico, per certi versi shoccante. La natura le ha donato un talento del tutto particolare: il suo corpo è perfetto, parlo di consistenza, flessibilità, duttilità, calore. Il calore del suo abbraccio ti mette subito a tuo agio. Anche lei, come buona parte delle nostre donne, essendo state iniziate al tango fin da piccole, riesce a dissociare la parte alta dalla parte bassa con disarmante naturalezza.
- Voi due siete italiani non sono sicuro possiate comprendere questo aspetto, che mi è stato riferito, mancherebbe in molte donne del vecchio continente.
La capacità di ascolto che ha della marca dell’uomo è straordinaria. Evidentemente la natura l’ha favorita più di altre. I ricettori di sensibilità su tutto il suo corpo sono efficientissimi. Non fa nulla che il maschio non si aspetti e lo fa con puntualità millimetrica. Questo è il dono più pregiato che è in grado di offrire all’uomo che ha la fortuna di ballare con lei. Mentre ci balli, essendo il suo viso sempre spontaneamente rivolto verso quello dell’uomo, riesci a sentire ogni suo piccolo sussulto. Possiede una fine qualità, difficile da rilevare: ogni suo più piccolo movimento è improntato all’essenzialità. Per la coppia l’esperienza di ballo che ne deriva è assolutamente rilassante. Non mi sono sentito un estraneo. Mi fa piacere.Ognuno di noi prima o poi si perde dietro a una persona e quella persona diventa unica, incomparabile.
Ad un certo punto ho cominciato ad incontrarla più di rado. Di fatto ho smesso di inseguirla. In cuor mio avevo capito che sarebbe stata imprendibile, inafferrabile: un ologramma.
Ho continuato per la mia strada senza guardarmi attorno: ho smesso di badare al fatto che ci fosse o non ci fosse in un determinato posto.
-Adesso te lo possiamo finalmente dire: a noi non è mai interessato sapere più di tanto dell’odalisca. Noi siamo stati attratti dalla tua ossessione per questa donna… per questa idea di donna. Perché di questo si è trattato. Ad un certo punto l’odalisca, da quel poco che sappiamo, da donna reale si era trasformata in idea…, un concetto, un appiglio estetico a cui rifarti per dare giustificazione alla persistenza del pensiero di lei: martellante e ricorrente. Un motore sempre acceso che annichilisce con il suo rumore. Sentirti raccontare, vedere le espressioni del tuo volto è stato emozionante. Noi ci siamo emozionati e stupiti.
-Ad ogni modo incontrare l'odalisca per me è stata un'esperienza unica.
 Invece ci sono donne che per fare un ocho muovono mille muscoli. Quando balli con loro ti sembra di essere nel bel mezzo di una scossa tellurica. Sono sfinito.
Carmen, ad esempio… la sua scarsa attitudine al ballo… in generale. Tanto più che nel tango ogni manchevolezza è messa in doppio triplo risalto, quindi…
- Quindi è impedita?
- Amedeo non ho detto questo… Ha bisogno di più tempo per apprendere, di pazienza, sacrificio.
- E lei è impaziente, ha fretta, vorrebbe tutto e subito e senza sacrificarsi. Ho ragione?
- Bravo Amedeo una volta tanta l’hai azzeccata…!
Ho sempre pensato, quando ci si frequentava, che il suo punto debole fosse quello di non riuscire ad abbandonarsi del tutto. Quando balla continua a pensare, non smette di essere vigile, non accetta di perdere il controllo di se stessa e di affidarlo ad un altra persona: l’uomo con cui balla.
Francamente non so se mai ce la farà: la sua indole è più forte del suo desiderio di imparare a ballare il tango.
I maestri sono tutti uguali, all’inizio ti illuminano, pensi di aver trovato la giusta via per i segreti del tango. Dopo poche ore di training ritorni sulla terra, ti accorgi che non è così, che non dipende da questo o quell’insegnante: dipende solo da te.
- Non sapevo che per ballare tango ci fosse bisogno dell’orgoglio. Spesso chi si fa guidare dal proprio orgoglio commette un sacco di cazzate. Si resta anacronisticamente tolemaici. E Copernico? Chi l’ha visto? Ci sarà ben qualcuno che ne avrà sentito parlare?
- Carmen, se vuoi ballare con me devi dimagrire. Elimina alcool e zucchero. Anche il caffè… amaro, ti rafforza l’ego ed è trendy. Molla i dolci. Nelle emergenze concediti solo Nutella, nei limiti, è una medicina, quando serve, serve. Fa stare bene ed è l’unica cosa che conta. Fai un po’ di addominali, stretching. Basta poco, possibilmente ogni giorno, venti minuti. Li fai casa non occorre andare in palestra. Le mie braccia non sono lunghe, se il tuo giro vita non si riduce non posso abbracciarti come vorrei.Hai un buon profumo. Starti vicino, annusarti, è sempre bello.
- Sei patetico, non riconosci nemmeno il tuo profumo. Di rose. Lo metto ogni notte prima di andare a letto."

2 commenti:

  1. Bello e ricco il racconto.
    Alla fine ti lascia come minimo un pensiero: se gli uomini e le donne fossero tanto ricettivi e sensibili anche negli atti d'amore, in quello che chiamiamo "fare l'amore" e in tutto ciò che lo precede... che succederebbe?

    L'ossessione che sento io è proprio questa: potrebbe esistere un rapporto d'amore di questa intensità/passionalità al di fuori di un Tango.
    Si potrebbe rispondere che il Tango stesso, in definitiva, è, un atto d'amore...
    Ma l'interrogativo resta: questa attenzione, questo saper ascoltare e ascoltarsi, questo essere completamente nelle proprie dita, nelle proprie sensazioni,nella corporeità, questo abbandonarsi all'universo sub-liminale può esistere al di là della finzione letteraria e del fascinoso Tango? Potrebbe la Vita tutta, essere o diventare un Tango?
    .
    Chissà se sono riuscito a tradurre in parole il mulinello di pensieri che mi ha innescato questo racconto. ;-)

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  2. penso proprio di sì...anche se non può essere per 365 giorni uguale...essere sempre al top non è umanamente possibile e poi se fosse così non si apprezzerebbe abbastanza ché l'essere umano si abitua e poi si stufa anche in fretta!!! Il mio maestro di tango -un argentino doc- dice che esistono tre tipi di tango: quello da spettacolo, quello sensuale e passionale di una notte di fuoco e il tango vero e proprio che si balla in miloga e che è quello fatto di piccoli passi di tanto cammino e poco spettacolare e corrisponde alla vita di coppia normale...da amanti si può cotinuare a vivere d'estasi, in coppia tutti i giorni non è possibile...c'è un po' di tutto anche la routine! ;)

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