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martedì 6 novembre 2012

"Fischi di Merlo"


A primavera
Da noi, in pianura, i merli
sono i primi uccelli a cantare
e gli ultimi a salutare le giornate.


*
I merli si prendono gioco del mio quartiere
cantando prima ancora che albeggi.
Risparmiano a chi dorme di sasso
lo sconto duro della sveglia
e dei sogni remoti,
difficili da riportare alla mente:
sono spasmi del cuore
da lasciare intorno agli occhi,
fuori dal quadrante.
Meglio un fischio di festa,
conscio però del suo tentativo
di volare oltre ai balconi di panno,
prima che riparta il giorno;
come al disco in vinile manca una nota
o la ruota non si adatta alla strada,
così la penna alla carta,
alla schiena del merlo,
rovente si stacca.


*


Fabrizio si credeva l’ultimo dei primi
a sanguinare:
il salto è amaro di cardi,
dietro al casolare.
Nelle case della vetra
non ci voglio entrare:
sono pene di verga
dalla miniera di carbone,
dalle zolfatare.
Papà mi accontenta
e prende nota dei notturni;
in due si fa più in fretta ammenda
e il taccuino si raffredda
vicino al cumino, sul davanzale.


*

Di fronte al cancello del ghetto
sta il bisogno di alleggerire il passeggero,
di riversare i fondi del caffè
sul registro degli ammessi al nero.
Dopo aver improvvisato un avvenire
più o meno profondo.


Mi fissavi dal basso verso l'alto
-strano a dirsi-
teneramente vacui gli occhi tuoi
sciupati dal malanno.
Il caso non ha pietà,
sarebbe un mondo eterno
sarebbe troppo bello.
Devi uscire dalla mischia!
A tentoni, con fatica
trascinata per il bavero,
se necessario.
La bruma non attende,
fosca, bussa all'entrata
che circonda nella fretta.
C'è la calca all'ingresso
della vita stirata
dal peso di questo eccesso,
strano accatto di esistenza.
- Non mi aprivi -
non aprire, spenta...
forse provavi invidia
per il mio stare al tempo
sempre lo stesso,attento
davanti al nostro specchio
d'infanzia...che importa,
abbiamo pure smarrito la costanza
di volerci bene,
di stringerci insieme al tempo
bizzarro...-e sminuisco -
fatico a riconoscerti l'anima.
Ho buttato le sigarette.
Butterei anche il presente.
++++
Della mia famiglia
si è tenuta una pipa
per ultima sfiorita,
con uno screzio al fianco
di rosso anonimato
ligneo e intaccato
dagli smussi dei traslochi.
Il fumo odora di braci
innevate:
pescate
dalle tasche del nonno.
+++
No, non mollerò
Non finchè l'alito mio
muoverà scacco al re.
+++
Sono beato
tutto sommato
di questa calda
tacita oscurità.
+++
    Si scende e si sale,
    un fiammifero spento
    stretto nel pugno
    e il timore lieve
    o la speranza greve
    si accende in mano
    strofinando un miraggio
    o un incubo in ritardo
    e illumini l'ultimo vano,
    il baule lasciato ansimare
    in stazione, tra polveri care.
+++
Consiglio di pulire la fine
delle ceneri,
quasi sia un'ossessione,
così da aspirare la vita
liberata poco alla volta
dalle scadenze.
+++
Mi sento un fantasma
privato della carne
sua profana.
Forse un lenzuolo
ammucchiato,
forse un'anima vana.
+++
Aspiro dagli occhi gli altri poeti
con devozione: un compromesso
tra ragione e sentimento.
Ascolto riempirsi i polmoni,
colmarsi di stracci
venduti per poco,
bucce di castagne alla brace.
Sono un fumatore:
avido accosto le parole.
+++
Sento il peso
invisibile
del respiro
uscire dall'anima:
tornerà?
E' il limite disperso
quello che sta dietro
le quinte dell'anima
e tira il fiato per noi
Essere puri dalla nascita
è uno strascico di seta,
nuotare gli anni
nelle pupille altrui:
non temere i gabbiani, sorridono davvero
di altri mondi
al passaggio sul mare
Sono sbadigli di vento
Eri una luna nuova,
o un volto che piangeva?
Facciamo così:
tu spegni la luna,
io raccolgo i cocci
di stelle brillate
e arrotolo il cielo
ruota tutta intorno al cuore
rosso anonimato
acceso intero
azzurro cronico
calda tacita oscurità
solo oggi
riesco a dirti
e macchiato di realtà...

(le poesie di Matteo Bianchi)

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