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lunedì 26 novembre 2012

silenzio



dare un'altra forma
al suono del profondo
mi unisce a te

questo silenzio
che sospende il monologo
diventa l'estrema tensione
l'unica nostra via di comunicazione
è la dimensione del mio nulla
che s'espande e tutto permea:
di pneuma, di musica, di luce radiosa, d'amore

d'essenza di te
che -co(n)me- finalmente vedi 
il tuo essere divino

ché il tuo silenzio
ora è il mio silenzio
ed è poesia.

Tutti i diritti riservati
©




...da Jodoroski al mio atto psicomagico: scavalcare il baphomet, la testa di moro...



Abre la puerta

Si chiama Hope, ha 12 anni ma è come se ne avesse 20.
È dio in un metro e mezzo di altezza.
Apri la porta e lasciala entrare, dalle da mangiare.

La vecchia Florence vive nel parcheggio dell’università
con le sue borse e i suoi pacchi per terra tutt’intorno,
lava il suo corpo di 84 anni nel lavandino della biblioteca
con un pezzo di flanella del pigiama del suo marito defunto.
Abre la Puerta, lei è dio.
Florence è Dio, c’è un Dio di nome Florencia.

Ricordi quella vecchia abuelita, la più grande delle tue nonne?
Come barcollava verso di te sulle sue gambe sottili?
Eri solo un bebè e lei sorrideva a tutto il tuo essere appena nato
e quando ti sei alzata giovane e fumante dal vuoto
quello era Dio nella sua forma di abuelita,
che piangeva di gioia al solo vederti,
“Que, que, que babybita ”, ti diceva.
“Oh, guardati, che piccolina sei…”
“Guarda”, dice Dio, “lei parla”. Dio parla come si parla ai bebé.
Lei ha aperto una porta nella sua pancia per te.
Tua nonna è Dio. Dio è una nonna.

E ricordi quella stanza rossa in cui sei cresciuta? Quella era Dio.
E ricordi le mani calde che ti hanno accolta? Quelle erano Dio.
E ricordi le mani di tuo padre che tenevano il tuo viso
come se fosse un gioiello che si poteva rompere?
In quel momento, lui era Dio.

Il tuo compagno che russa, beh… Dio russa, sai?
Il tuo compagno è Dio che non trova mai i calzini.
E il tuo amante che brucia per quelle cose che non puoi dare,
Dio è anche quello.

… E, oh, il mondo che è giovane,
che ha amato così profondamente ed è stato tradito;
la sua pelle pende come stracci,
le sue braccia non hanno muscoli e i suoi occhi hanno perso lucentezza;
apri la porta ai dolori del tuo cuore e varca la soglia del tuo tradimento.
Passa attraverso il foro che ti è rimasto nel cuore.
Attraversalo perché è una porta.
Abre la Puerta, apri la porta.

… Ricorda, il fuoco è una porta.
E il canto è una porta. Una cicatrice è una porta.
Abre la Puerta, apri la porta.

La foresta in fiamme è una porta
e l’oceano in rovina è una porta.
Tutto ciò che ha bisogno di noi o ci chiama a Dio, è una porta.
Abre la Puerta, apri la porta.

Tutto ciò che ci ferisce,
tutto ciò che ha bisogno di noi apre la porta.
Abre la Puerta, apri la porta.

… Il lago in cui sei quasi annegata,
quello è una porta.
Quello schiaffo in faccia che ti ha fatto baciare il pavimento,
quello è una porta.
Il tradimento che ti ha mandata dritta all’inferno,
quello è una porta.
Abre la Puerta, apri la porta.

La solita storia, tutte le anime forti vanno prima all’inferno,
prima di compiere la guarigione del mondo per la quale sono venute qui.
Se siamo fortunati,
torniamo ad aiutare quelli che sono ancora intrappolati di sotto.
Abre la Puerta, apri la porta.

… L’aprirsi di un fiore, la pioggia che apre la Terra,
i baci degli umani che aprono il cuore del mondo,
queste sono porte.
Abre la Puerta, apri la porta.

La cicatrice lasciata dal rasoio, quella è una porta.
Le cicatrici che sono porte sono aperte, sono aperte.
Abre la Puerta, apri la porta.

Le cicatrici tracciate dalle motoseghe attraverso le foreste,
quelle sono porte.
La poesia della nuova vita che giunge con ogni alba,
il levarsi del sole, quello è una porta,
la tomba è una porta.
La porta dell’inferno è una porta.
Abre la Puerta, apri la porta.

Tua nonna, tuo nonno,
tua madre, tuo padre, sono morti lasciando un buco nella tua vita.
Passa attraverso quel buco. È un’apertura.
Quel buco è una soglia. Quel buco è una porta.
Abre la Puerta, apri la porta.
Abre la Puerta, apri la porta.
Abre la Puerta, apri la porta.


©Copyright 1980, 2007, Dr. C.P. Estes, Tutti i diritti riservati.
Tratta da La Pasionaria, Collected Works, Poesia di
Clarissa Pinkola Estés (1945 − vivente) scrittrice americana (famosa per "Donne che corrono coi lupi"), insegna ed esercita la professione di analista. È stata direttrice del C.G. Jung Center di Denver e ha conseguito il dottorato in etnologia e in psicologia clinica.

Il mito della donna selvaggia. E’ voce diffusa e in parte vera che la solitudine fa paura, qualcuno asserisce alle donne soprattutto; ma altro giustamente dissente, perché "L’esercizio della solitudine intenzionale", scrive l’autrice "solitudine non è assenza di energia o di azione,  piuttosto un dono di provviste selvagge a noi trasmesse dall’anima e indaga quella parte del femminino la cui naturalità è stata repressa al punto da staccare i contatti tra la psiche individuale e l’anima del mondo, addomesticandola, facendola divenire timorosa e non autosufficiente, priva di iniziative e ingabbiata nell’assenza dell’auto-stima. Come richiamare l’anima? "Con la meditazione, o nei ritmi del canto, della scrittura, della pittura, dell’educazione musicale, visioni di grande bellezza, l’immobilità, la quiete." Così l’anima esce dalla sua dimora, utilizzando l’energia mentale per realizzare uno stato di solitudine utile a ritrovare l’essenza femminile, un essere naturale che possiede "la creatività passionale e un sapere ancestrale". Attraverso un lavoro di ricerca, l’autrice ha raccolto un’ingente mole di materiale attinto dalle fiabe, dai miti, dai racconti popolari enucleando, su base psicoanalitica, una serie di archetipi. Ci si imbatte ne "L’uomo nero nei sogni delle donne" che, insieme ad altre figure simboliche, rappresenta il predatore della psiche femminile e, anche, "sogno iniziatico universale" che spesso denuncia uno stato di reale alienazione, messaggio d’una condizione difficile da cui la sognatrice deve uscire, svegliandosi e cambiando atteggiamento, se vuole che la propria psiche sopravviva. Dunque un segnalato malessere, ciò che a livello conscio la donna non rileva perché le è stata inculcata una cieca obbedienza, e dunque spesso non sa o non ha la forza sufficiente ad accettare il fatto che la disubbidienza, il rifiuto più netto sono in molti casi salvifici. Sviluppare la difesa dagli inganni, rifiutare l’educazione alla passività considerando i fattori culturali e familiari che indeboliscono le donne è la teoria di base di questo insieme di saggi. Ma chi è il predatore innato? Ci pare esemplare il capitolo dedicato a "Barbablù",la cui storia macabra conosciamo, ma soprattutto l’analisi intorno alla chiave che apriva la porta proibita in cui la sposa non doveva entrare, pena la morte (colpevolizzazione e castigo consequenziali alla disubbidienza). Al contrario, "La piccola chiave è l’accesso al segreto che tutte le donne sanno e che pure non sanno", è chiave d’oro della conoscenza, e quindi della vita. "Barbablù impedisce alla giovane donna di usare quella chiave che la porterebbe alla consapevolezza", continua Pinkola Estès, ma l’aspetto più interessante dell’autoconoscenza è che "Nei misteri eleusini la chiave era nascosta sotto la lingua, a significare che il nodo, l’indizio, la traccia si trovano in un insieme di parole, di domande-chiave". E allora: "L’uccisione di tutte le mogli curiose da parte di Barbablù è l’uccisione del femminino creativo, potenziale per sviluppare nuovi e interessanti aspetti di ogni genere. Il predatore è particolarmente aggressivo nel tendere imboscate alla natura selvaggia delle donne, cerca di schernire, di tagliare il collegamento della donna con le sue introspezioni, le sue aspirazioni, i suoi obiettivi". Bisogna conservare l’intuito primordiale della donna madre-interiore, l’archetipo che dà energia, seguire le dieci regole dei lupi per conoscere il territorio della vita: mangiare, riposare, vagabondare, mostrare lealtà, amare i piccoli, cavillare al chiaro di luna, accordare le orecchie, occuparsi delle ossa, fare l’amore, ululare spesso, consiglia l’autrice alla fine delle cinquecento pagine, ognuna delle quali offre realtà ed esperienze diffuse. Profondo e originale, con le favole e i miti che ci guidano alla riscoperta della nostra essenza più profonda, questo libro appassionante è consigliato alle donne, ma anche agli uomini che amano "correre con le donne che corrono coi lupi".
E poi, consiglio di fare i passi magici del lupo...;)) (vedi tensegrity)

Cambiare prospettiva continuamente,  serve a farci vedere le cose nel giusto verso…
“Ma è questo ciò che tu vuoi dire: che il fiume si trova dovunque in ogni istante, alle sorgenti e alla foce, alla cascata, al traghetto, alle rapide, nel mare, in montagna, dovunque in ogni istante, e che per lui non vi è che presente, neanche l’ombra del passato, neanche l’ombra dell’avvenire?”. “Sì, questo” disse Siddharta. “E quando l’ebbi appreso, allora considerai la mia vita, e vidi che è anch’essa un fiume…” (da Siddharta di H.Hesse)
essere soli:
non essere nei pensieri di un altro!
“Il tempo che vivi, lo rubi alla morte : è a carico suo”

Quando conoscevamo le risposte ci hanno cambiato le domande "Ora a correre è la vita, non io. Io cammino.  E dietro di me, adesso, lascio cadere domande dai buchi nelle tasche"

Io non so se questa mia vita sta spianata su un
buco vuoto. Non so se il silenzio che indago
é intrecciato alla mia sostanza molle.
Io non so se quello che cerco e ho cercato e
cercherò, non so se quello che cerco
é un insulto a quel vuoto….
Io non so nient’altro
che la vita e molte nuvole intorno che
me la confondono me la confondono e non
so cosa aspetto, cosa sto aspettando in questo
sporgermi al tempo che viene….
Io non so se in questa schiena
senza ali ci son grandi pianure da cui fare
il decollo..(dal “Dialogo del non so” di M.Gualtieri)

"E allora impara a vivere.Tagliati una bella porzione di torta con le posate d’argento…

e lascia che la vita accada.” (da Diari, S.Plath)

POTREBBE ESSERE ANCHE
Un bar. Di notte, è evidente.
Potrebbe essere anche un cabaret, o un teatro.
Musica di pianoforte. O un bandoneón. Chissà una chitarra.
Forse, pure, una canzone. Dipende:
un tango, un bolero, una nostalgia greca,
qualcosa di impalpabile, come un blues, irraggiungibile
come le cosce di questa ragazza di Venezia
che ti guarda dal fondo del tuo bicchiere.
Ricordare, quando uno è o sta solo, fa più male
che immaginare: questo è quello che vogliamo dimostrare.
Il microfono amplifica la vera voce, l’assenza:
si tratta del viaggio a una donna come a una città
alla quale non si giunge da invisibile, da lontano.
E se uno giungesse e stesse lì, in lei,
si tratterebbe, con questa musica, di una separazione
che sarà per sempre, come sempre.
A chi dare la colpa? Sono destino il paese
che non avesti, la donna in cui non entrasti?
Una compagnia – qualsiasi–, più o meno coniugale,
o da poco incontrata, dico più o meno duratura,
mai l’amata non cercata, mai la presentita,
distruggerebbe questa sensazione agrodolce o dolceamara
di ciò che non è, ciò che non fu, senza che importi
la voce o il volto che le appartengono,
né l’età che le sue gambe sostengono:
ciò che non può essere perché se fosse non sarebbe.
E in fondo, farebbe male che non facesse male.
Persino che non facesse male più di quanto fa male
.
(Jorge Enrique Adoum)

NOSTALGIE
Archeologia di amori
dimenticati...
E chi se li scorda?
L'amore è del coraggio;
il resto è coppia,
è sveglia che ti sbrana,
è amore a maglie,
a lungo collaudato...
un letto sfatto...
a volte ricomposto.
Itaca...
Ulivo a lungo amato,
levigato e messo in mezzo,
e ormai dismesso...
Di fianco arde Troia,
quella tempesta,
quella...
quella passata per un solo istante,
quella...
quella odorata,
che nemmeno sai chi sia,
quella,
che tanto somiglia
alla tua vita...
ed alla mia.
Dieci anni?
Venti...?
Tutta una vita
passata a ragionare...
curando i vuoti o i pieni che non vuoi;
un caminetto...
e tutto può bruciare...
Resta la cicatrice di chi ha amato.
(questa è una poesia di un certo 'angelo' trovata nel web)

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