Translate

martedì 7 agosto 2012

anche per me...

watts: speranza

“Abbiamo un paese che è di parole.
E tu parla, che io possa fondare la mia strada pietra su pietra.
Abbiamo un paese che è di parole, e tu parla,
così che si conosca dove abbia termine il viaggio.”
Mahmud Darwish
Smisurata Preghiera

Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità

Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie

Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria

col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità

per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità

ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere

La vita artistica di Faber è racchiusa tra due preghiere, di cui la seconda è in crescendo, smisurata... Ateo, agnostico, animista, anarchico eppure ardente e appassionato ricercatore del vero...  contraddittorio e mai incoerente... Fabrizio amava rompere le regole e gli schemi ma di certo,  sapeva pregare: «C’è chi è toccato dalla fede – scriveva - e chi si limita a toccare la virtù della speranza (…), il Dio in cui, nonostante tutto, continuo a sperare, è un’entità al di sopra delle parti, delle fazioni» In realtà per De Andrè appassionarsi al Gesù uomo significava semmai prendere le distanze da una concezione del sacro in cui il trascendente è una realtà distante e imperturbabile, e le parole circa i giorni del suo rapimento appaiono significative: «Non che sia diventato credente, ma quando ti trovi impossibilitato a usare la tua volontà, cerchi qualcuno che ti presevi (…). Ti metti nelle mani di qualcuno che in quel momento speri che esista. E così ti arrendi alla tentazione della preghiera» Nelle sue opere si nota chiaramente il suo tenace atteggiamento di ricerca del senso della vita , la tensione verso l’infinito ed il proposito di arrivare all’essenza tanto che le parole di Giovanni: «Vi do un comandamento nuovo: che via amiate gli uni gli altri come io vi ho amato» sembrano essere l’architrave  per l’intera nostra civiltà ed il filo rosso delle sue canzoni. In Smisurata Preghiera troviamo un aperto contrasto tra il potere e l'individuo, una tensione insolubile che pare protrarsi all'infinito. Il potere non viene solo rappresentato da una classe sociale e non si manifesta solo attraverso l'istituzione dello Stato o la ricchezza; esso è un concetto dalle mille sfaccettature, un limite esistenziale che vieta all'individuo di auto-affermarsi come persona (e qui é molto evidente l'influenza di Max Stirner).
Considerata il testamento spirituale di Fabrizio, in questa "preghiera" lui chiede a Dio un po’ di compassione per quelli che, come lui, viaggiano "in direzione ostinata e contraria", che la solitudine se la scelgono da sé, quale unica condizione per dare alla vita "una goccia di splendore". Ma la compassione in questo caso è un dovere da parte di Dio poiché questa condizione di solitudine e questo viaggiare "in direzione ostinata e contraria " portano le stesse  persone a muovere i propri passi tra il vomito dei respinti con un marchio speciale di speciale disperazione. Un atto dovuto quindi, in favore di coloro che, come Faber, hanno trascorso la vita a battersi contro quella maggioranza che troppo spesso dimentica i disobbedienti alle leggi del branco.
Il testo è diviso in due parti: il soggetto della prima è la maggioranza intenta solo a coltivare l’orribile varietà delle proprie superbie ed è una forte accusa a questa mentre la seconda è la preghiera vera e propria.
 E'rivolta a tutti i vari personaggi che hanno popolato le sue canzoni, ma tra questi è presente anche qualcuno che "ad Aqaba ha curato la lebbra con uno scettro posticcio, seminando figli con improbabili nomi di cantanti di tango". Appena si ascoltano questi versi è facile pensare alla figura di Cristo (che De Andrè definì in una presentazione dell’album “La buona novella” il più grande rivoluzionario di tutti i tempi) ma Cristo non seminò di certo figli con nomi di cantanti di tango, cosa, questa, che rimanda a personaggi spagnoli o sudamericani: insomma di cultura spagnola.  Ecco l’illuminazione: Ernesto Rafael Guevara, di origine Argentina, nato a Buenos Ayres da famiglia di alto renago, più tardi detto il “Che”, il più popolare tra i marxisti che parteciparono alla rivoluzione cubana. Laureatosi in medicina infatti Che Guevara aveva fatto tre viaggi intorno al mondo durante i quali aveva curato i malati di lebbra nei paesi più poveri.
Non manca quindi il riferimento politico -sempre molto caro a Fabrizio, che si auto-definisce anarchico, soprattutto nel periodo successivo all’uscita dell’album “Storia di un impiegato”.
Comunque, anche se Dio avrà misericordia di questi uomini, ciò rimarrà sempre un’anomalia poiché questi personaggi che viaggiano "in direzione ostinata e contraria " avranno sempre opposta la maggioranza intransigente dei benpensanti fedeli alle leggi del branco.

 

 Padrone cieco della terra e delle sue viscere,
      dai nodi selvaggi delle tue grotte contrite,
      placa il lamento della tua espansione.
      Per quelli che sono scesi in cadute rassegnate,
   fino a giacere sul fondo del fondo,
      dove gli occhi sono cancellati dalla polvere
,
      per le navi che sono al loro ultimo viaggio e non lo sanno,
      ma il loro fasciame scricchiola penoso,
      e per coloro che dividono la paura della deriva.

Guarda dove mi trovo,
      e allontanati pietoso dal corso funesto dei miei giorni...
      Amen
(Carlo Bonanni  - Lirica inedita, aprile 2009)


...io mi dico è stato meglio lasciarci
che non esserci mai incontrati...

(Saper leggere) il Libro del Mondo: esegesi dell'opera poetico-musicale di Fabrizio de André
Amico fragile 
Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d'attenzione e d'amore
troppo, "Se mi vuoi bene piangi "
per essere corrisposti,
valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo "Mi ricordo":
per osservarvi affittare un chilo d'era
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.

E poi sorpreso dai vostri "Come sta"
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
tipo "Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
"Lo sa che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta."
E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell'ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila,
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco,
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra.

E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.

Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a farle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.

2 commenti:

  1. Al di là degli anni che passano e che ci allontanano sempre più dal De Andrè cantante e "cantautore", io credo, che stia mutando proprio la prospettiva da cui osservare la sua opera. Fabrizio era molto più poeta di quel che appariva in vita, quando i media lo presentavano e rappresentavano come un originale menestrello, diffidente e bastian contrario. E' la sua visione del mondo e della società che ci resta in eredità al di là di tanti specchietti che brillano nelle sue canzoni.
    Perchè poi aveva il vezzo di mascherare e nascondere l'essenziale, dentro il superfluo in una miriade di riferimenti che correvano il rischio di mimetizzare la struttura portante della sua "ricerca".
    Ora che il tempo sta diradando il clamore appaiono sempre più nitide le sue impronte e la sua statura. Un vero poeta che giocava con la musica e usava la propria voce per dare voce alle istanze degli "invisibili", dei rifiutati, di tutta quella parte della società che non era nè benpensante nè acquietata nel benessere borghese.
    Oggi lo si vede. E fra il "Che" e Faber, io intravedo un filo che brilla: entrambi erano ricercatori di giustizia sociale e di un nuovo modo di intendere i rapporti umani, basandoli sull'autenticità e sul rifiuto dell'ipocrita mediazione che impone sempre il Potere in nome degli interessi della Patria, della Guerra e dello status quo. Per Fabrizio, poi, mi pare di vedere che la "compassione" [ma non certo quella di stampo "cattolico"] abbia avuto un ruolo fondamentale in tutte le tappe della sua vita, fin da quando era un isolato nella comunità artistica e musicale italiana, ai tempi del sequestro (la pietas verso i suoi stessi rapitori) e infine in quella accettazione della malattia che ha concluso il suo percorso sfociando in una nobile e al tempo stesso lancinante e assordante assenza.
    .
    Cum patior= sentire insieme, soffrire insieme, condividere...essere insieme... questo è la nota più alta delle sue canzoni. Un caro saluto. Carlo

    RispondiElimina
  2. Grazie per il commento così esaustivo e vibrante...
    un saluto a te!!!

    RispondiElimina